L’elefante che dominava l’Europa

Per circa 700.000 anni, l’elefante dalle zanne dritte — Palaeoloxodon antiquus — ha abitato il continente europeo, lasciando impronte profonde e durature nella geografia, nella biodiversità e negli equilibri ecologici. Contrariamente a quanto suggerisce l’immaginario collettivo odierno, l’Europa era una terra di elefanti, i quali non solo sopravvissero a più cicli glaciali, ma contribuirono anche […] L’elefante che dominava l’Europa

Mag 5, 2025 - 20:11
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L’elefante che dominava l’Europa
Per circa 700.000 anni, l’elefante dalle zanne drittePalaeoloxodon antiquus — ha abitato il continente europeo, lasciando impronte profonde e durature nella geografia, nella biodiversità e negli equilibri ecologici. Contrariamente a quanto suggerisce l’immaginario collettivo odierno, l’Europa era una terra di elefanti, i quali non solo sopravvissero a più cicli glaciali, ma contribuirono anche a modellare paesaggi ora considerati “naturali”. Le ricerche più recenti, come evidenziato da uno studio pubblicato ad Aprile 2025 su Frontiers in Biogeography, dimostrano che questo colosso estinto potrebbe teoricamente ancora prosperare oggi in molte aree dell’Europa occidentale e centrale, se non fosse stato eliminato dalla caccia umana tra 50.000 e 34.000 anni fa. Habitat compatibile anche oggi L’analisi condotta dal team dell’Università di Bayreuth, guidato da Manuel Steinbauer e Franka Gaiser, ha messo in evidenza che l’ambiente preferito da P. antiquus era composto da spazi aperti e semi-aperti, ricchi di vegetazione a mosaico. Questo tipo di habitat, caratterizzato da radure boschive, steppe e aree prative, esiste ancora oggi in varie zone europee. Utilizzando modelli climatici paleoclimatici, il gruppo di ricerca ha confrontato le condizioni passate con quelle presenti, scoprendo sorprendenti sovrapposizioni ambientali. In sostanza, P. antiquus potrebbe abitare oggi le stesse aree in cui visse millenni fa, dal punto di vista puramente climatico ed ecologico. Ingegneri ecologici del passato Come gli elefanti moderni in Africa e in Asia, anche Palaeoloxodon antiquus era un modificatore dell’ecosistema. Attraverso il pascolo intenso, il calpestamento del suolo e la movimentazione della vegetazione, questi animali contribuivano a mantenere aperti gli ambienti e a limitare l’espansione eccessiva delle foreste. Questo tipo di disturbo ecologico ha favorito, nel tempo, la diversità di specie vegetali amanti della luce e dei suoli disturbati. Le piante che oggi troviamo nei pascoli naturali europei, molte delle quali in pericolo o minacciate, devono la loro diffusione originaria proprio alla presenza di grandi erbivori come P. antiquus. Cosa ci dice questo sulla conservazione? Secondo lo studio, le attuali politiche di conservazione europee potrebbero essere troppo limitate. Il tentativo di conservare gli ecosistemi “così come sono” trascura il ruolo fondamentale che un tempo svolgeva la megafauna preistorica. Le strategie moderne, concentrandosi esclusivamente sulla protezione passiva degli habitat, non riescono a ripristinare i processi ecologici perduti. Gaiser sottolinea come sia necessaria una rivalutazione dei criteri conservazionistici, con l’obiettivo non solo di proteggere le specie, ma anche di ripristinare le dinamiche ambientali che mantenevano in equilibrio interi paesaggi. Possibili alternative moderne Oggi, alcuni progetti sperimentali in Europa cercano di reintrodurre grandi erbivori — come cavalli primitivi, bisonti e bovini rustici — per simulare il ruolo ecologico della megafauna estinta. Tuttavia, la domanda centrale rimane: possono queste specie sostituire realmente l’impatto di un elefante preistorico di 13 tonnellate? È probabile che nessuna creatura moderna riesca a replicare pienamente la potenza ecologica di P. antiquus. Sebbene la reintroduzione di animali simili possa mitigare parzialmente la perdita, la completa funzionalità ecologica che un tempo offrivano questi elefanti potrebbe essere insostituibile. Fonte studio: Frontiers in Biogeography, Aprile 2025 – DOI: 10.3389/fbiog.2025.00476 scienze.com

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