“Per le statistiche è una malattia dalla quale non si guarisce mai, ma spero arrivi un referto che dice che non ho più nulla”: Giovanni Allevi si racconta
“La speranza che un giorno arrivi un referto che ti dice che non hai più niente resta sempre nel cuore. Però nel mio caso – non voglio mettere ansia a nessun altro – le statistiche dicono che è una malattia dalla quale non si guarisce mai”. Giovanni Allevi parla così del suo cammino fianco a […] L'articolo “Per le statistiche è una malattia dalla quale non si guarisce mai, ma spero arrivi un referto che dice che non ho più nulla”: Giovanni Allevi si racconta proviene da Il Fatto Quotidiano.

“La speranza che un giorno arrivi un referto che ti dice che non hai più niente resta sempre nel cuore. Però nel mio caso – non voglio mettere ansia a nessun altro – le statistiche dicono che è una malattia dalla quale non si guarisce mai”. Giovanni Allevi parla così del suo cammino fianco a fianco con la malattia, quel mieloma multiplo che lo ha colpito nel 2022 e che lo ha portato prima al ricovero in ospedale e poi alla riabilitazione. Il musicista, che nei mesi scorsi è tornato a esibirsi in tour, si prepara agli spettacoli estivi “Musica dAll’Anima” in programma in alcune magiche località d’Italia e che dalle pagine di Vanity Fair descrive come “l’occasione per immergerci in una riflessione sulla vita, sul dolore, sulla sofferenza, ma anche sulla felicità, sull’ebbrezza, sulla speranza”.
Negli appuntamenti che toccheranno le città di Roma, Taormina, Venezia e Firenze Allevi avrà modo di eseguire anche il “Concerto MM 22” che aveva scritto in ospedale: “È la trasformazione in musica della parola ‘mieloma’ secondo un metodo matematico già usato da Bach. La prima volta che l’ho ‘diretto’ avevo la flebo attaccata e come spettatori due infermieri” spiega.
Oggi Giovanni Allevi dice di sentire maggiormente la presenza delle persone e di avere una missione nuova: “Ho capito che adesso la mia figura artistica è andata al di là del fatto puramente musicale. La mia missione, adesso, è quella di dare dignità al dolore, dignità alla sofferenza. Cioè, far capire che il dolore, la sofferenza, di qualunque tipo, rappresentano il nocciolo più profondo dell’essere umano, in una società antalgica che invece rifiuta il dolore”. Dolore che, come spiega lui stesso, nel suo caso c’è ancora: “Nel van che mi portava a fare i vari concerti, a febbraio, abbiamo adibito il sedile posteriore a lettino. Il mal di schiena e il tremore delle mani sono i miei due impedimenti principali”. Suonare in quelle condizioni è complicato, eppure è la passione ad avere la meglio anche su un fisico che arranca: “La mia voglia andava oltre l’impedimento fisico, lì ho veramente avuto la sensazione del dualismo di Cartesio, da una parte il corpo che non ce la fa, dall’altra l’anima che è talmente più potente che alla fine il corpo la segue”.
Attraversare il dolore, come il pianista sta facendo in questi anni, diventa per lui il modo di abbracciare anche la sofferenza altrui, in uno scambio empatico a dispetto dei tempi sempre più individualisti che viviamo: “Un tempo mi fermavano per fare un selfie e chiedere l’autografo. Adesso mi fermano e mi dicono ‘ho la depressione’, oppure ‘sono anoressica’” racconta ancora Allevi. “Allora ci facciamo coraggio, ci guardiamo negli occhi, cerco di infondere speranza”.
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