Massimo D’Alema e Papa Francesco «principale leader della sinistra mondiale»
L'ex premier: è stato un pontefice progressista e il suo messaggio ha dato corpo ad alcuni dei valori costitutivi della sinistra L'articolo Massimo D’Alema e Papa Francesco «principale leader della sinistra mondiale» proviene da Open.

Massimo D’Alema nel 2018 ha definito Papa Francesco «il principale leader della sinistra, nel modo più significativo». E oggi con il Corriere della Sera dice che «la storia dei sette anni successivi non ha fatto altro che confermare il mio pensiero di allora. Ovviamente la mia era una battuta, anche perché a papa Francesco non avrebbe fatto piacere essere definito un leader “della sinistra” o “di sinistra”». L’ex premier dice a Tommaso Labate che due cose sono certe: «La prima è che è stato senz’altro un Papa progressista, nel senso più largo del termine; la seconda è che sì, il suo messaggio ha dato corpo ad alcuni dei valori costitutivi della sinistra, che si trovano anche nel Vangelo: giustizia sociale, lotta alla povertà, lotta per la pace».
Il messaggio di Francesco
Secondo D’Alema il messaggio progressista è destinato «a rimanere, per un motivo semplicissimo. Vede, papa Francesco ha colto meglio di tutti gli altri leader occidentali un tema di fondo: il centro del mondo non siamo più noi. Per tantissime ragioni, demografiche ed economiche, sarà un’altra la parte del pianeta destinata a essere protagonista dei decenni che verranno; ed è su quella parte del pianeta, su quelle che noi consideriamo “periferie”, che il pontificato di Bergoglio si è concentrato con maggiore attenzione. A questo grande cambiamento, in atto già negli ultimi dieci anni, una parte del mondo occidentale ha invece reagito con chiusure egoistiche e con la rozzezza della violenza, in un’operazione che è allo stesso tempo brutale e velleitaria: brutale perché la guerra è brutale; velleitaria perché comunque le ragioni profonde di questo cambiamento non si fermano con le armi, con i muri, con i dazi».
Bergoglio e la sinistra
D’Alema definisce Bergoglio un «Pontefice che ha avuto una capacità senza precedenti di parlare ai laici e ai non credenti. Credo che la differenza, in questo, l’abbia fatta il coraggio. A cominciare da quello delle parole. Papa Francesco ha detto ciò che si sentiva in dovere di dire senza avere paura di sembrare radicale, senza avere paura di apparire divisivo». Anche se è stato rigido, per esempio, sull’aborto. E sulla guerra in Ucraina ha parlato dell'”abbaiare della Nato alla porta della Russia”: «Questo è un dato incontrovertibile. Eppure, non tutti l’hanno detto come l’ha detto papa Francesco. La stessa cosa vale per il conflitto medio-orientale e per la barbarie che sta subendo la popolazione civile di Gaza: anche qui, Bergoglio non ha avuto paura di pronunciare nessuna delle parole che andavano pronunciate, e con nettezza».
Trump
Poi D’Alema osserva che il coraggio di Bergoglio è mancato alla sinistra mondiale: «Non è che Trump è ritornato alla Casa Bianca perché a novembre scorso ha dilagato nel voto popolare; al contrario, ha preso più o meno gli stessi voti che aveva preso nel 2020, qualcosa in più di quando era stato sconfitto da Biden. A fare la differenza è stato il tracollo del Partito democratico. Che ha lasciato per strada tantissimi voti dei ceti meno abbienti per non avere avuto il coraggio di realizzare quanto aveva promesso, soprattutto in termini di equità e giustizia sociale. E anche per non avere avuto il coraggio di provare a promuovere la pace fuori dai confini americani».
La Cina
Infine, la Cina: «Quando Bergoglio venne fatto Pontefice, i cinesi erano felicissimi che fosse stato eletto un gesuita. Per ragioni storiche, erano convinti che il dialogo con un gesuita avrebbe potuto abbattere diverse barriere, cosa che effettivamente poi è successa. Papa Francesco teneva tantissimo all’obiettivo di un suo viaggio in Cina; purtroppo, non è riuscito a realizzarlo».
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