Livorno, studenti lasciati fuori da scuola perché indossavano pantaloni corti. I professori: “È indecoroso”

Alcuni studenti dell’Istituto Nautico Cappellini di Livorno non sono stati fatti entrare a scuola perché indossavano i pantaloni corti. L’episodio, che si è ripetuto sia nella mattinata di martedì 13 che in quella di mercoledì 14 maggio, ha suscitato profonda indignazione nei genitori, increduli di fronte al racconto di alcuni ragazzi lasciati ad aspettare fuori […] L'articolo Livorno, studenti lasciati fuori da scuola perché indossavano pantaloni corti. I professori: “È indecoroso” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mag 16, 2025 - 13:20
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Livorno, studenti lasciati fuori da scuola perché indossavano pantaloni corti. I professori: “È indecoroso”

Alcuni studenti dell’Istituto Nautico Cappellini di Livorno non sono stati fatti entrare a scuola perché indossavano i pantaloni corti. L’episodio, che si è ripetuto sia nella mattinata di martedì 13 che in quella di mercoledì 14 maggio, ha suscitato profonda indignazione nei genitori, increduli di fronte al racconto di alcuni ragazzi lasciati ad aspettare fuori sulle scale. La spiegazione dei professori si rifà all’articolo 48 del regolamento di istituto, che impone infatti di “indossare un abbigliamento consono all’ambiente scolastico”. Una regola ulteriormente precisata in un decreto di attuazione inviato via mail lo scorso 5 maggio, dove si ribadiva il divieto di presentarsi a scuola con pantaloni o gonne molto corti, canottiere, infradito, magliette scollate o trasparenti e altri capi ritenuti “non decorosi”. L’unica deroga prevista riguarderebbe i bermuda della divisa ufficiale, opzione che gli studenti definiscono una contraddizione, sottolineando: “Se i bermuda sono vietati, tutti devono essere vietati, con o senza logo della scuola”.

Immediate le dure reazioni dei genitori. “Non siamo in un istituto militare, né in una moschea ma in una scuola pubblica. Mio figlio, minorenne, è stato lasciato fuori e nessuno si è preso la responsabilità di lui. Perché dovremmo comprare per forza la divisa, spendendo all’incirca 50 euro, dato che questa è l’unica maniera per entrare in classe coi pantaloni corti? È una discriminazione, un abuso di potere che interrompe il diritto allo studio”, ha dichiarato un genitore al Tirreno. E la madre di un altro studente ha aggiunto: “Ho provato a parlare con la vicepreside e con il preside, ma mi hanno chiuso il telefono in faccia. Qui sembra una dittatura”.

Dall’altra parte il dirigente scolastico, Carmine Villani, ha difeso la linea adottata dall’istituto: “Il nostro obiettivo è formare gli ufficiali del futuro e l’abbigliamento è un aspetto fondamentale. Abbiamo avvisato per tempo. Alcuni genitori, in ogni caso, hanno poi portato i pantaloni ai ragazzi e sono stati fatti entrare, mentre chi ha i calzoni corti, fatta eccezione per quelli della divisa ufficiale, è rimasto fuori e ci resterà anche nei prossimi giorni”.

Ieri, dopo due giorni, nessuno studente si è presentato con i pantaloni corti, ad eccezione di chi era in divisa ufficiale o di chi aveva educazione fisica. Il malumore, però, persiste. “Stiamo raccogliendo le adesioni – hanno detto i ragazzi – ma la nostra idea è di venire a scuola in bermuda. Sarà la nostra protesta pacifica per far comprendere a tutti che non siamo contenti di essere rimasti per ore fuori da scuola a causa del nostro abbigliamento”. Sull’accaduto si è espressa anche anche Eleonora Agostinelli, consigliera comunale del Pd e vicepresidente della Provincia di Livorno: “Ogni istituto scolastico è dotato di un regolamento interno che stabilisce regole di convivenza, rispetto e decoro, regole che sono note a studenti e famiglie, e che sono valide per tutti, studenti, docenti e personale Ata – sottolinea – Il rispetto di queste norme non è una limitazione della libertà personale, bensì un’opportunità educativa”.

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