Lavoro, disoccupazione in calo ma aumentano i “working poor” in Italia

Sono 8,5 milioni gli italiani a rischio povertà (2mila in più rispetto all’anno precedente). Stipendi fermi, contratti spesso a termine o part-time alla base del cosiddetto “lavoro povero”

Apr 2, 2025 - 16:18
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Lavoro, disoccupazione in calo ma aumentano i “working poor” in Italia

Roma, 2 aprile 2025 – Nonostante il calo del numero dei disoccupati, in Italia si verifica da tempo un nuovo fenomeno, quello dei cosiddetti “lavoratori poveri”, persone cioè che pur risultando impiegate, non riescono a far fronte alle proprie spese, risultando di fatto povere o a rischio povertà. I dati emergono da uno studio di Unimpresa, e fotografano una realtà che vede stipendi fermi, contratti spesso a termine o part-time, e sempre più persone in difficoltà economiche.

Il report del Centro studi di Unimpresa

Il totale degli italiani a rischio povertà, indigenza o esclusione sociale – disoccupati, precari, lavoratori sottoccupati o con contratti bassi – è rimasto sostanzialmente invariato: 8 milioni e 550mila persone, solo 2mila in più rispetto all’anno precedente. È quanto emerge da un report del Centro studi di Unimpresa, secondo cui la componente dei disoccupati registra un miglioramento significativo: in totale, coloro che sono senza lavoro scendono da 1 milione e 947mila del 2023 a 1 milione e 664mila nel 2024, con una riduzione di 283mila unità (-17%). In particolare, calano sensibilmente gli ex occupati (-21,5%) e le persone in cerca della prima occupazione (-9,8%). Ma a fronte di questo calo della disoccupazione, cresce la quota di occupati in condizioni lavorative fragili. È il cosiddetto “lavoro povero”: chi ha un impiego, ma vive comunque in condizioni economiche precarie ovvero i “working poor”.

Nel 2024, sono 6 milioni e 886mila gli italiani in questa condizione, 285mila in più rispetto all’anno precedente (+4,1%). A trainare questa crescita sono soprattutto i contratti a termine a tempo pieno, saliti da 2 milioni e 21mila a 2 milioni e 554mila (+20,9%). In calo, invece, i contratti part time a termine (-20,1%) e quelli a tempo indeterminato ma part time involontario (-4,9%). Segno che aumenta il lavoro “a scadenza”, ma anche che persiste un diffuso fenomeno di sottoccupazione, in particolare tra le donne. Si osserva, inoltre, un leggero aumento delle collaborazioni (+10,8%) e una sostanziale stabilità tra i lavoratori autonomi part time. Il dato più allarmante è che – a fronte di dinamiche interne in evoluzione – la “platea del disagio sociale” resti inchiodata sopra quota 8,5 milioni. Un’area che rappresenta una fascia di popolazione ampia e trasversale, in bilico tra occupazione e povertà, e che fotografa una fragilità strutturale del nostro mercato del lavoro.

Longobardi: “Fragilità strutturale”

"La fotografia che emerge è quella di un’Italia che si muove, ma resta ferma: meno disoccupati, più contratti, ma nessun passo avanti reale nella riduzione della povertà. È una fragilità strutturale. Il rischio è che le riforme del lavoro e gli incentivi all’occupazione non bastino, se non si affronta con decisione il nodo dei salari bassi – da migliorare con un aumento della produttività delle imprese e una forte riduzione della pressione fiscale – della precarietà e della mancanza di protezione per milioni di lavoratori invisibili. Situazioni drammatiche – ha commentato Paolo Longobardi, presidente onorario di Unimpresa - di cui mi accorgo quotidianamente, passeggiando per strada, frequentando le parrocchie ed i centri di aiuto: ci sono persone che si nascondono, che non hanno nemmeno il coraggio di chiedere aiuto e questo è un aspetto da considerare a fondo, che deve imporre ragionamenti e riflessioni da parte delle istituzioni”. Il quadro generale che emerge, dunque, è quello di un disagio sociale diffuso e strutturale, che nonostante il calo dei disoccupati, non accenna a ridursi, poiché il miglioramento dei dati sull’occupazione, come sottolineato dalla nota di Unimpresa, è in gran parte assorbito dalla crescita di forme di lavoro precarie, temporanee e a basso reddito.