La tragedia dell’ultimo Mussolini. E Scurati chiama all’antifascismo

L’ultimo volume della serie “M“. La commedia umana del regime alla fine e l’esplicito riferimento all’attualità

Apr 22, 2025 - 07:27
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La tragedia dell’ultimo Mussolini. E Scurati chiama all’antifascismo

Si approssima il 25 aprile ed ecco in libreria l’ultimo atto della pentalogia mussoliniana di Antonio Scurati, scrittore dei record (premio Strega nel 2019 con M L’uomo del secolo, il primo atto della serie e oltre un milione di copie vendute in tutto il mondo), che con titolo evocativo M La fine e il principio ammicca al tema del libro (l’ultimo periodo della vita di Mussolini, dalla prigionia a Ponza nel luglio del 1943 a piazzale Loreto nell’aprile di due anni dopo) e insieme prospetta anche i contorni dell’operazione cultural-editoriale di antifascismo militante cui Scurati ambisce a dar vita. Tutto legittimo, specie se l’una serve a supportare l’altra.

Diciamo subito che M La fine e il principio è un bel libro, scritto benissimo con quello stile che abbiamo conosciuto negli altri M (specie nel primo) fatto di una prosa ricca, piena di pathos, che tiene insieme la narrazione e il rigore documentario, un qualcosa che non è del tutto romanzo e non è del tutto documentario, adatto a chi vuole non solo sapere qualcosa di più sui fatti raccontati ma anche entrare dentro i personaggi.

Al solito Scurati riproduce molti documenti dell’epoca finendo così per rendere ancora più vivi gli eventi, ma non si esime dall’entrare nella testa dei protagonisti, e di rivelare i loro pensieri e le loro emozioni. E visto che i fatti lo consentono, Scurati riesce in questo modo a offrire un racconto vivo, riportando il dramma, che prima che politico è umano, di un Mussolini ormai sconfitto (niente si concilia con la letteratura come le cadute e le discese agli inferi) oltre che della corte di quelli che si muovono intorno al dittatore in disarmo, dal clan Petacci alla sua famiglia.

Diciamo anzi che il romanzo, o il docu-romanzo di Scurati, è forse la chiave migliore per entrare nei meandri di eventi di tal genere, molto più di un saggio storico vero e proprio. Tant’è e forse proprio per questo motivo, l’M uscito in questi giorni è quello che più si avvicina al primo (Il figlio del secolo) e ne eguaglia il valore (gli altri scadevano un po’ troppo nel racconto storico, finendo per risultare in troppi passaggi prolissi e noiosi).

La parte invece che convince di meno è ciò che va oltre la scrittura, oltre il racconto, quella chiamata alle armi contro il fascismo immanente, il fascismo eterno alla maniera di Umberto Eco, che però lo tratteggiò con ben altro spessore, che di fatto Scurati propone sia nella parte finale del testo, sia nell’innesto nella storia di alcune figure come quella di Liliana Segre, nobilissima ma tutto sommato avulse dal contesto del triste epilogo mussoliniano, almeno nel modo in cui l’autore le propone.

La chiamata alla mobilitazione, quell’ultimo capitolo del libro in cui a parlare è il cadavere di Mussolini ("Il mio pubblico ci sarà ancora, il cadavere tornerà, io tornerò perché i morti non pesano soltanto, i morti sopravvivono") è un chiaro riferimento all’attualità del momento (con ci ce l’ha Scurati, con la Meloni? con Trump? con i populismi in generale? con Putin?) che appare però slegata dal racconto storico e sembra, senza voler mancare di rispetto al valore della ricerca e della scrittura, un sapiente gioco di rimando per un più largo apprezzamento del suo lavoro.

In ogni caso M La fine e il principio è un libro da leggere non solo per vivere o rivivere quei momenti (o semplicemente per conoscere le fasi decisive della storia d’Italia) ma anche per immedesimarsi nei risvolti e nei drammi che sempre accompagnano l’uomo in frangenti di quel tipo.

La commedia umana. Per toccare da vicino, nella bellissima prosa di Scurati, la viltà, la disillusione, la capacità di accettare la sconfitta, l’opportunismo, l’eroismo, la barbarie, la disponibilità a sacrificare la vita per la libertà, la ferocia della folla, tutti sentimenti “eterni”, che in quei due anni Benito Mussolini, i suoi comprimari e tutto il popolo italiano, da una parte e dall’altra, misero in mostra.