La ‘scomparsa’ dei palestinesi: “Siamo spettri che vivono nella Storia”

Nel romanzo di Ibtisam Azem gli arabi spariscono da Israele fra crisi di identità e memorie in conflitto

Mag 13, 2025 - 05:46
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La ‘scomparsa’ dei palestinesi: “Siamo spettri che vivono nella Storia”

Firenze, 13 maggio 2025 – Ibtisam Azem, con un velo di tristezza sugli occhi, legge al pubblico (in inglese) una pagina del suo romanzo. È un passaggio nel quale Alaa, giovane palestinese residente a Tel Aviv, dialoga nelle pagine del suo diario con la nonna, espulsa da Giaffa nel 1948 ma rimasta nella Palestina storica, in un villaggio oggi israeliano: “Ero certo – scrive Alaa – che la tua città, quella di cui tu parlavi, non avesse nulla a che vedere con la mia, anche se porta lo stesso nome. (...) La tua Giaffa somiglia alla mia, ma non è uguale a lei. È come se lo fosse. Due città che si sono incarnate una nell’altra. Tu hai inciso i tuoi nomi nella mia città, e così mi ritrovo a essere uno che è tornato alla Storia. Spossato, mi aggiro nella mia vita come uno spettro. Sì, sono uno spettro che vive nella tua città. Anche tu sei uno spettro che vive nella mia. E le chiamiamo entrambe Giaffa”.

Azem ha scritto un romanzo speciale, Il libro della scomparsa, che ha una trama singolare e una storia rocambolesca. Giornalista e scrittrice palestinese nata in Israele e ora residente a New York, Azem ipotizza nel romanzo che all’improvviso, una notte, tutti i palestinesi spariscano di scena: da Gaza, dalla Cisgiordania, da Gerusalemme, da Israele. Nessuno sa che fine abbiano fatto, il mistero è inesplicabile, un incubo, ma per qualcuno – forse – un sogno inconfessato. È un fatto, in ogni caso, che rimescola le carte, e impone agli israeliani ebrei di guardarsi allo specchio e di ragionare sul vuoto che si è aperto nel loro mondo, con la scomparsa dell’Altro, del “nemico arabo“, parte, bene o male, della propria identità nazionale.

Quando fu pensata, quest’ipotesi romanzesca pareva fantasia distopica, ma lo spettro di porzioni della Palestina “senza palestinesi“ oggi fa parte della cronaca. Imprevedibile anche la vicenda del libro, uscito in arabo nel 2014, tradotto poi in inglese e arrivato in Italia nel 2021 grazie al piccolo editore torinese Hopefulmonster, che ora lo ripubblica mentre i giurati del Booker Prize 2025 lo hanno inserito nella “long list“ dei candidati. Il libro della scomparsa è un raffinato romanzo sulla memoria e sull’identità, sull’intreccio inestricabile fra visioni storiche in antagonismo, un libro che dopo i massacri compiuti da Hamas il 7 ottobre 2023 (1200 vittime) e la successiva operazione militare di Israele – settantamila morti, il premier e un ex ministro colpiti da mandati d’arresto per crimini di guerra e contro l’umanità – acquisisce una nuova attualità. Un libro che in Europa tocca tasti sensibili, sfiora sensi di colpa inespressi o messi a tacere.

Ibtisam Azem era ieri a Firenze, reduce da incontri al Festival vicino/lontano di Udine e altre città prima di partecipare al Salone del libro di Torino; è accompagnata da Paola Caridi, direttrice della collana “Le stanze del mondo“ per Hopefulmonster. A Firenze, nella sede dell’Arci, Azem ha ricordato l’origine del suo libro, nato da un moto di rabbia per la “ricostruzione storica falsa” di un politico israeliano e per il silenzio del giornalista che lo intervistava. È il tema della memoria negata e della percezione di sé – la nascita dello stato di Israele, nel 1948, per i palestinesi è la Nakba, la catastrofe – ma anche il tema della percezione dei palestinesi nel resto del mondo. “È difficile decostruire certi modelli e stereotipi. Io mi sono formata nelle scuole israeliane – ha detto Azem – e ho appreso una certa versione della storia, nella quale la Palestina sembrava vuota. Ho imparato la nostra storia ascoltando i discorsi fatti in famiglia”. Identità e memorie sono quindi cancellate, come i nomi arabi nelle vie di Giaffa, scolpiti nel ricordo della nonna di Alaa ma irriconoscibili per il nipote. Nel romanzo Ariel, ebreo israeliano amico di Alaa, “capisce“ per la prima volta il punto di vista dell’Altro leggendo il diario dell’amico “scomparso“…

Azem in Italia parla della sua gente, ma parla anche di noi: “Il genocidio in corso a Gaza – dice – è reso possibile dai governi democratici che lo sostengono con le armi e con le azioni diplomatiche che decidono di attuare o di non attuare. Oggi noi palestinesi parliamo con l’arte, la letteratura, anche col giornalismo, con duecento e più cronisti assassinati nella Striscia, e diciamo che vorremmo semplicemente essere considerati esseri umani come tutti gli altri. Ma non siamo ascoltati”. Nel romanzo gli israeliani, all’inizio spaventati dalla sparizione dei palestinesi, finiscono per riorganizzarsi, con nuove leggi e la rassicurante presenza dell’esercito. Azem ammonisce: “Oggi l’Occidente è schiacciato dai suoi doppi standard. Quel che vale per la Russia non vale per Israele, Gaza non viene trattata come l’Ucraina, né dalla diplomazia né dalla comunicazione. Ma attenzione, quel che accade a Gaza non finisce lì”.