La pace comincia da noi (di G. Gambino)

In uno dei suoi primi discorsi da Pontefice, Papa Leone XIV ha offerto al mondo un messaggio che va ben oltre i confini del Vaticano. Rivolgendosi ai giornalisti in un incontro con la stampa un’esortazione tanto semplice quanto potente – «la pace comincia da voi…disarmiamo la comunicazione» – ha indicato un cammino necessario in un […]

Mag 15, 2025 - 19:24
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La pace comincia da noi (di G. Gambino)

In uno dei suoi primi discorsi da Pontefice, Papa Leone XIV ha offerto al mondo un messaggio che va ben oltre i confini del Vaticano. Rivolgendosi ai giornalisti in un incontro con la stampa un’esortazione tanto semplice quanto potente – «la pace comincia da voi…disarmiamo la comunicazione» – ha indicato un cammino necessario in un tempo segnato da guerre, tensioni internazionali e sfiducia nella diplomazia. Il suo è stato un editoriale vivente: asciutto, diretto, disarmante.

Attenzione, però. Non si tratta solo di un appello spirituale. Il riferimento al disarmo, alla verità e al linguaggio responsabile è un’affermazione pienamente politica – nel senso alto del termine – in un’epoca in cui la retorica della guerra ha invaso anche la narrazione quotidiana. Dalla guerra in Ucraina al massacro di Gaza, dal riarmo globale alle crescenti tensioni tra potenze mondiali, i conflitti si combattono anche con le parole, con le immagini, con le notizie. Ecco perché il richiamo del Papa alla responsabilità dell’informazione è cruciale: la verità, oggi, è un atto di resistenza.

Nel richiedere ai giornalisti di “disarmare le parole”, Leone XIV riconosce implicitamente che la comunicazione può costruire oppure distruggere. Non è solo una questione di etica professionale, ma di civiltà. Il modo in cui raccontiamo un conflitto, definiamo un nemico, scegliamo un titolo o un frame narrativo ha conseguenze reali: può alimentare paura o promuovere comprensione; giustificare violenze o aprire spazi di dialogo.

Il Pontefice ha parlato anche della libertà di stampa come presidio irrinunciabile della democrazia. Ha chiesto la liberazione dei giornalisti detenuti in vari Paesi del mondo e ha ricordato il coraggio di chi paga con la vita la ricerca della verità. In un tempo in cui le autocrazie si moltiplicano e le democrazie vacillano, questo messaggio è tutt’altro che retorico: è un monito. E anche un invito.

Non è la prima volta che un Papa si fa portatore di un appello alla pace, ma Leone XIV lo fa con un linguaggio nuovo, quasi laico, consapevole che la spiritualità da sola non basta: serve un’azione concreta, un cambio di paradigma, una rivoluzione dell’ascolto. Il suo invito al disarmo non è solo militare: è culturale, umano, linguistico. È un disarmo del cuore, come condizione necessaria per la pace.

Di fronte a una politica internazionale spesso afona o autoreferenziale, la voce del Papa suona come una chiamata a un’altra idea di leadership: non quella che impone, ma quella che guida attraverso l’autorevolezza morale. È una voce che invita alla corresponsabilità. Perché, come ha ricordato con forza, la pace non è un destino automatico né un dono calato dall’alto. È una costruzione quotidiana, che parte da ciascuno di noi. Anche – forse soprattutto – da chi ha il compito di raccontare il mondo.