La nuova geografia dell’auto: le prospettive del mercato europeo al 2030
Secondo uno studio condotto da ANIASA e Bain & Company, con i dazi USA i brand tedeschi sono quelli più a rischio

Dopo un periodo di sviluppo prolungato (dal 2001 al 2017, con un tasso di crescita annuo composto del +3,3%), il rallentamento delle vendite, acuito dalla crisi pandemica, ha segnato la fine di un’epoca e il settore auto si è assestato su livelli stabilmente inferiori rispetto al passato. A partire dal 2019, mentre il PIL mondiale ha iniziato una lenta ma costante ripresa, la produzione di veicoli ha subito un declino marcato e duraturo, consolidato da fattori come la carenza globale di semiconduttori e le forti tensioni sulle catene logistiche internazionali. Le proiezioni al 2030 indicano un tasso di crescita mondiale di appena +0,2%. È lo scenario descritto dal nuovo studio condotto da ANIASA e Bain & Company “Navigare nella nebbia. Il futuro incerto dell’automotive”.
Nuovo scenario
Lo studio mette in luce un’importante ridefinizione delle leadership geografiche. Se nel periodo 2001-2017 l’Asia (e in particolare la Cina) ha guidato la crescita globale del settore auto, oggi lo scenario è cambiato: per il periodo 2017-2030, si prevede una sostanziale stagnazione in Cina (+0,3%) e un declino nei mercati maturi come Europa (-0,6%), Nord America (-0,4%), Giappone e Corea (-1,2%).
Al contrario, emergono nuove aree di potenziale espansione come l’Asia meridionale (+2,7% di CAGR) e il Sud America (+1,5%), che potrebbero diventare i nuovi motori della domanda, grazie all’urbanizzazione crescente e al miglioramento delle condizioni economiche locali. Secondo le stime, entro il 2028 l’Europa accumulerà un divario di circa 15 milioni di veicoli rispetto alle previsioni fatte nel 2022. Il Nord America segue un trend analogo, con uno scarto negativo di 7,5 milioni di unità. Queste cifre testimoniano un rallentamento strutturale della domanda che rischia di compromettere la sostenibilità di molti costruttori, specialmente quelli con maggiore esposizione su questi mercati.
La geografia dei dazi
A complicare ulteriormente lo scenario, si aggiungono le tensioni commerciali tra grandi blocchi economici che stanno portando a un uso sempre più aggressivo dei dazi come strumento di politica industriale. Le case tedesche sono tra le più esposte, con circa metà dei propri volumi a rischio: devono affrontare contemporaneamente la stagnazione in Europa, la perdita di slancio in Cina e le barriere doganali imposte dagli Stati Uniti. Per i costruttori giapponesi e coreani, il problema riguarda soprattutto il mercato americano, dove sono fortemente presenti, ma vulnerabili ai dazi. Gli Stati Uniti stanno tentando di recuperare terreno industriale, dopo un declino decennale della manifattura. Tra il 1947 e il 2023, l’occupazione manifatturiera è crollata dal 30% all’8% della forza lavoro, mentre il contributo della manifattura al PIL è sceso dal 25% al 10%. In parallelo, la Cina ha assunto un ruolo dominante nella produzione globale, controllando oltre la metà della produzione mondiale di acciaio e di navi nel 2023.
Il grande squilibrio delle importazioni
Nel 2024, gli Stati Uniti sono il primo mercato importatore di veicoli leggeri, con circa 5 milioni di unità, il 23% del loro fabbisogno interno. Seguono l’Europa (oltre 4 milioni) e il Medio Oriente. Di contro, Cina e Giappone sono quasi completamente autosufficienti. Le importazioni americane provengono in gran parte da marchi asiatici – in particolare Toyota, Hyundai e Kia – mentre le Case cinesi sono praticamente assenti, rendendo i dazi contro la Cina poco impattanti per il settore auto. Le marche più colpite dai dazi potrebbero essere quelle giapponesi e coreane, che hanno una quota importante delle vendite globali realizzate negli Stati Uniti. Tuttavia, molte delle case asiatiche hanno già localizzato parte della produzione negli USA, attenuando l’effetto delle barriere commerciali.