La Net-Zero Banking Alliance rinuncia all’obiettivo dei 1,5°C: cosa significa per il futuro dell’ESG e della finanza sostenibile?

Una ritirata silenziosa della finanza globale, che allenta la presa sulla transizione climatica. La Net-Zero Banking Alliance (NZBA), coalizione promossa dalle Nazioni Unite per guidare il settore finanziario verso un’economia a zero emissioni nette, ha annunciato un cambiamento di rotta che sta facendo discutere: non sarà più obbligatorio per le banche membri allineare i propri...

Apr 17, 2025 - 17:04
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La Net-Zero Banking Alliance rinuncia all’obiettivo dei 1,5°C: cosa significa per il futuro dell’ESG e della finanza sostenibile?

Una ritirata silenziosa della finanza globale, che allenta la presa sulla transizione climatica. La Net-Zero Banking Alliance (NZBA), coalizione promossa dalle Nazioni Unite per guidare il settore finanziario verso un’economia a zero emissioni nette, ha annunciato un cambiamento di rotta che sta facendo discutere: non sarà più obbligatorio per le banche membri allineare i propri portafogli di finanziamento e attività di mercato al limite critico di 1,5°C di aumento delle temperatura media globale.

Dietro a quello che viene descritto come un “aggiornamento strategico” si cela un segnale ben più profondo: la crescente pressione politica, soprattutto in Nord America, sta smantellando l’impegno collettivo verso obiettivi climatici ambiziosi. In particolare, la recente ondata di ritiri da parte di importanti istituti statunitensi e canadesi, sommata a un contesto normativo più ostile all’ESG dopo la rielezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti d’America, ha inciso sull’equilibrio interno all’alleanza, ridisegnandone le priorità.

Fondata nel 2021 con 43 membri, la NZBA era cresciuta rapidamente fino a superare i 140 istituti, rappresentando oltre 70.000 miliardi di dollari in attivi. Ma oggi, dopo l’uscita di colossi come Goldman Sachs, Citigroup e BlackRock, si è ridimensionata a 128 membri e 47.000 miliardi di dollari in asset. La revisione delle regole è arrivata in questo contesto: non più obblighi, ma semplici raccomandazioni. Non più un vincolo al 1,5°C, ma la possibilità di puntare a un generico “ben al di sotto dei 2°C”, come previsto dagli Accordi di Parigi.

Il cambio di rotta non è solo formale. È un segnale politico e culturale. L’ESG — acronimo di Environmental, Social e Governance — si regge sulla coerenza tra dichiarazioni e azioni. Allentare gli standard può generare un effetto domino: una riduzione della pressione su settori chiave, minori incentivi per innovazioni verdi, una perdita di credibilità degli impegni net-zero.

D’altro canto, la NZBA difende la nuova linea sostenendo che questa flessibilità consentirà alle banche di affrontare meglio le sfide della decarbonizzazione reale, in un mondo in cui la transizione ecologica incontra ostacoli crescenti: dalla lentezza del progresso in settori come l’aviazione e l’edilizia, fino agli equilibri geopolitici sempre più fragili.

Ma la domanda resta: può esistere un vero impegno ESG senza una bussola vincolante? La risposta non è scontata. Se il greenwashing è la minaccia che incombe, la trasparenza e la rendicontazione stringente potrebbero diventare i prossimi terreni di battaglia. La posta in gioco non è solo ambientale, ma etica e finanziaria: l’integrità del settore bancario come attore credibile nella lotta alla crisi climatica.

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