«La guerra del futuro? Con sciami di droni e robot. Per la difesa i governi si affidino alle startup»
Con la NATO che scricchiola a causa dei capricci di Washington, l'Ue ha deciso per il Readiness 2030 (ex ReArm) che prevede di investire 800 miliardi di euro. «Il vero tema è capire quanti di questi fondi resteranno in Europa, alimentando l'innovazione». Per la rubrica del lunedì dedicata al mondo VC abbiamo intervistato Giuseppe Lacerenza, esperto di defense tech per Keen Venture Partners

«Se parliamo di difesa in Italia, immediatamente pensiamo ad armi e guerra. Io invece vedo un grande potenziale di innovazione e opportunità per startup e investitori». Giuseppe Lacerenza, ingegnere elettronico di professione e investitore pugliese per Keen Venture Partners, sintetizza così il senso del suo percorso. Nato a Barletta nel 1989, ha vissuto esperienze apparentemente lontane tra loro: dalla Scuola militare Morosini di Venezia a un MBA internazionale, dal venture capital fino a startup innovative in ambito risorse umane, B2B e infine difesa.
La sua avventura inizia quasi per caso. «A 14 anni decido, contro il parere della mia famiglia, di andare alla scuola militare: non perché fossi animato dallo spirito di patria e onore, ma perché mi incuriosiva l’idea di vivere in un posto dove si faceva sport tutti i giorni», ci racconta Lacerenza. È qui che, però, inizia a comprendere «il valore di giurare fedeltà alla propria nazione» e che il concetto di Difesa può andare oltre le armi.
Che destino per l’Europa?
Dopo gli studi in ingegneria tra Milano, Stoccolma e Delft, Lacerenza inizia a esplorare il mondo delle startup. «Nel 2012 ho fondato Random Break, un progetto travel tech: abbiamo anche vinto una competizione a Dublino e siamo stati invitati dall’ex ministra Carrozza come esempio di innovazione italiana». Dopo una parentesi in Vodafone, dove scopre che il mondo corporate «non faceva per me», entra in McKinsey. «Qui torno a occuparmi anche di difesa, ma da una prospettiva diversa».
Nelle scorse settimane il progetto Rearm Europe – divenuto poi Readiness 2030 – si è parlato del piano da 800 miliardi di euro annunciato dalla Commissione Europea. Il disinteresse di Trump verso gli affari del Vecchio continente spingono Bruxelles e tutte le capitali a trovare soluzioni nel breve e nel lungo termine.
Come si fa la guerra oggi
La guerra in Ucraina ha accelerato un cambio di paradigma nella difesa. «Fino a dieci anni fa era impensabile che una startup potesse entrare in questo mercato dominato dai giganti come Leonardo, Boeing o Airbus. Ma oggi la guerra non è più fatta solo da sistemi complessi e costosi, bensì da tecnologie accessibili, come droni da poche migliaia di euro». E non solo: «Il vero campo di battaglia oggi non ospita più solo carri armati, ma piccoli oggetti intelligenti, spesso controllati da remoto, capaci di bloccare mezzi molto più grandi e sofisticati».
Per Lacerenza questa trasformazione apre nuove opportunità di business. «L’Unione Europea punta a 800 miliardi di euro per la difesa: una cifra enorme, che però rischia di disperdersi fuori dal nostro continente. Il vero tema è capire quanti di questi fondi riusciranno a restare in Europa, alimentando innovazione, posti di lavoro e una reale capacità produttiva domestica».
Da esperto del settore ha anche una lettura di come evolveranno contesti bellici. «Lo scenario su tutti i domini – terra, aria e mare – si sta spostando su piccoli oggetti, veloci, in grandi quantità. Si parla di sciami di droni e di robot terrestri. Difendersi da migliaia di oggetti che arrivano nello stesso momento richiede innovazione nel rilevamento».
I trend del Venture Capital
Convinto che il venture capital debba puntare su settori a forte ricerca e sviluppo («il software sarà presto comoditizzato»), Lacerenza decide di lanciarsi in un nuovo fondo dedicato proprio al “dual use”, tecnologie applicabili sia in ambito civile che militare. Inizia così a collaborare con Keen Venture Partners, fondo olandese. Il closing da 125 milioni di euro è atteso entro l’estate. I verticali? «Sistemi autonomi, software di supporto decisionale basati su Intelligenza artificiale, materiali innovativi e capacità produttiva scalabile sono il cuore delle nostre attività». Una scelta che porta inevitabilmente al settore spaziale, «duale per definizione, in cui l’Italia ha tantissimo da offrire grazie a una lunga tradizione industriale e tecnologica».
«In Italia abbiamo spesso paura di avvicinarci al settore della Difesa, ma è un errore», conclude Lacerenza. «Questo settore non significa necessariamente combattere guerre, ma piuttosto difendere i valori democratici che ci caratterizzano». La vera sfida, sottolinea con determinazione, «è far comprendere alle istituzioni che devono sostenere l’innovazione anche attraverso acquisti diretti da startup innovative». Perché in fondo, «la difesa non è solo armi: è prima di tutto ricerca, sviluppo e progresso».