La giraffa di ferro accusata di rovinare il panorama
La "maledetta gru" – per riprendere le parole usate dal direttore delle Gallerie degli Uffizi, Simone Verde – svetta...

La "maledetta gru" – per riprendere le parole usate dal direttore delle Gallerie degli Uffizi, Simone Verde – svetta tra le creste architettoniche fiorentine dal 2006 per gli interventi d’ammodernamento delle Gallerie, i cosiddetti ’Nuovi Uffizi’.
Le opere partirono dopo la gara internazionale indetta nel 2004. A gestire il complesso cantiere, finanziato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, era la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio e solo recentemente il quarto stralcio del progetto dei cosidetti ’Grandi Uffizi’ è stato preso in carico dal museo stesso. Inizialmente nella zona furono posizionate tre gru: una sui Georgofili (ormai smontata da tempo), quindi una in piazza del Grano, meno invasiva perché più piccola che è ancora funzionale al cantiere, e una nel piazzale degli Uffizi. Questa è quella ’incriminata’: la grande struttura semovente, che in ben 19 anni di servizio ha coadiuvato il trasporto dei materiali per i lavori nella zona posta a oriente del museo. La ’giraffa di ferro’ è ’accusata’ di rovinare il panorama cittadino (non esiste fotografia senza la grande macchina per smuovere materiali) e pure di essere lì ferma senza fare nulla, come se fosse la gru a non aver voglia di lavorarare. Cosa non vera fanno sapere dagli Uffizi, spiegando che in questi anni si sono alternati momenti di maggior attività a periodi meno intensi.
La gara per l’assegnazione di quel cantiere fu vinta nel marzo del 2006 da un consorzio bolognese di ditte specializzate, con un ribasso del 43,78% sulla cifra iniziale, roba da fantascienza. I lavori furono consegnati l’8 giugno e sarebbero dovuti durare 1650 giorni, cioè poco meno di cinque anni. Insomma, tutto si sarebbe dovuto chiudere entro Natale 2010. Invece di anni ne son trascorsi quasi il quadruplo del previsto e ancora non bastano. Ma siamo alle battute finali perché il cantiere chiuderà nel giro di un anno e mezzo (abbondante). Per tutto questo tempo i materiali saranno spostati attraverso altri modi, con montacarichi e muletti. A parziale ’difesa’ del cantiere ventennale va ricordato che la durata lunga è strettamente connessa alla volontà – iniziale e poi confermata nel tempo – di effettuare i grandi lavori mantenendo sempre aperto e fruibile al massimo il museo.
Barbara Berti