La consegna delle credenziali di accesso al conto online da parte del correntista esclude la responsabilità dell’istituto di credito perché con tale suo comportamento egli interrompe il nesso di causalità necessaria.

Nota a Cass. Civ., Sez. I, 29 aprile 2025, n. 11240.

Mag 6, 2025 - 10:15
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La consegna delle credenziali di accesso al conto online da parte del correntista esclude la responsabilità dell’istituto di credito perché con tale suo comportamento egli interrompe il nesso di causalità necessaria.

Nota a Cass. Civ., Sez. I, 29 aprile 2025, n. 11240.

di Luigi Amendola

Avvocato

Con l’ordinanza pubblicata lo scorso 29 aprile, la Corte regolatrice ha cassato con rinvio la sentenza della Corte territoriale e, quanto all’art. 1227 c.c., ha ritenuto opportuno prendere le mosse dal proprio costante orientamento, a mente del quale la responsabilità dell’intermediario per i danni arrecati dai propri promotori finanziari risulta esclusa ove il danneggiato ponga in essere una condotta agevolatrice che presenti connotati di anomalia, vale a dire, se non di collusione, quantomeno di consapevole acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 31453 del 25/10/2022; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 28634 del 15/12/2020; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 17947 del 27/08/2020; Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 25374 del 12/10/2018; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 22956 del 10/11/2015).

La Corte, pur puntualizzando che questo orientamento si è formato in tema di responsabilità dell’intermediario, laddove, nel caso sottoposto al suo esame, a venire in rilievo è la responsabilità di un soggetto che non operava come intermediario, ma come ordinario istituto di credito, ha riaffermato che nell’ipotesi di abusiva utilizzazione delle credenziali informatiche del correntista ad opera di terzi la responsabilità dell’istituto di credito resta esclusa nell’ipotesi in cui emerga che – come nel caso ora in esame – l’evento dannoso risulti discendere da trascuratezza, errore o frode del correntista o da forza maggiore (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10638 del 23/05/2016).

Invero, la banca ricorrente con il primo motivo, ritenuto dalla Corte assorbente anche degli altri due ai quali era affidato il ricorso, aveva dedotto, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2049 e 1227 c.c. con riferimento ai capi della decisione con cui la Corte territoriale aveva ritenuto che la consegna delle credenziali di acceso da parte dell’investitore al promotore non escludesse la responsabilità dell’intermediario e che l’investitore con tale suo comportamento non avesse interrotto il nesso di causalità necessaria.

La Suprema Corte, quindi, atteso che la condotta di volontaria consegna a terzi delle credenziali di accesso al conto corrente da parte del correntista è stata direttamente appurata dalla Corte territoriale ha concluso per l’inadeguato governo, da parte della Corte medesima, dell’art. 1227 c.c., avendo la decisione impugnata negato in radice rilevanza alla condotta del correntista nonostante la sua idoneità a palesare già in astratto quantomeno una concorrente responsabilità dello stesso avendo quest’ultimo di fatto permesso ad altri protagonisti della vicenda di operare sul suo conto, tramite la consegna delle credenziali.

L’arresto in commento si segnala particolarmente perché la Suprema Corte ha giudicato la disciplina dettata dall’art. 1227 c.c. come precipitato di principi costituzionali dei quali si impone la rigorosa applicazione e la cui violazione non può ritenersi “scriminata”, da fattori soggettivi, valorizzabili da parte del giudice di merito in modo discrezionale in tal modo giungendo ad applicazioni disomogenee di una fondamentale previsione di legge.

Il Supremo Collegio ha quindi ritenuto presente l’esigenza di omogenea applicazione dell’art. 1227, primo comma, c.c. quale regola generale di condotta riconducibile a principi costituzionali e dall’altro ha ritenuto imporsi il ben diverso problema di stabilire quando sia effettivamente ravvisabile un concorso di colpa, con conseguente applicazione dell’art. 1227, primo comma, c.c., e quando invece no, con conseguente irrilevanza della condotta del danneggiato.

Ha, quindi, concluso ritenendo che la Corte territoriale non si fosse conformata al seguente principio: volta ravvisato il compimento, da parte del danneggiato, di condotte agevolatici dell’illecito dell’intermediario (ovvero della banca, come nel caso sottoposto all’esame della Corte) e caratterizzate da profili di anomalia, al giudice del merito sia preclusa la possibilità di escludere discrezionalmente la sussistenza di un contributo causale del danneggiato medesimo, potendo tale contributo essere escluso solo quando le condotte in questione non siano direttamente riconducibili al danneggiato stesso, ma derivino da caso fortuito o forza maggiore o da condotte fraudolente dello stesso intermediario aventi caratteri tali da non potere essere percepite, previste e prevenute con l’ordinaria diligenza.

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