Intervista a Rondine sull’album d’esordio “Rondine”
Intervista a Rondine, giovane cantautore romano classe 2005 che ha recentemente pubblicato il primo omonimo album. L'articolo Intervista a Rondine sull’album d’esordio “Rondine” proviene da imusicfun.

Intervista a Rondine, giovane cantautore romano classe 2005 che ha recentemente pubblicato il primo omonimo album.
Nel disco sono presenti le collaborazioni con: Mazzariello, mew, Enrico Nigiotti, Quentin40, Tancredi.
Cresciuto a Roma, profondamente legato alla città e ai suoi luoghi simbolici, Santoni porta con sé i ricordi dell’infanzia e il nome del bisnonno. Affascinato fin da piccolo dalle storie – da Leopardi ai racconti sulla Seconda Guerra Mondiale – ha trovato nella musica un modo per esprimere emozioni intime, influenzato dagli ascolti di casa: il pop italiano della madre e il cantautorato del padre.
“Rondine” raccoglie dodici brani autentici e suggestivi, che parlano della sua generazione: tra ansie, relazioni complicate e il difficile percorso verso la maturità, sempre con uno sguardo sincero e una scrittura mai banale.
Intervista a Rondine sull’album d’esordio “Rondine”
L’album “Rondine”, proprio come il tuo nome d’arte, è finalmente fuori. Quali sono le sensazioni a poche ore dall’uscita?
Sono molto gasato, davvero contento ed emozionato. È un passo importante per me, ma ci arrivo pronto e felice.
Il tuo primo album porta il tuo nome d’arte, una dichiarazione d’identità molto forte. Cosa significa per te questa scelta?
Ho deciso di chiamarlo così perché rappresenta le fondamenta del progetto che voglio costruire. È un punto di partenza, ma anche il frutto dell’ultimo anno e mezzo di lavoro, con cinque singoli già usciti e sette inediti.
Nell’album affronti tematiche profonde e generazionali come ansia, relazioni complesse e crescita personale. Come sei riuscito a bilanciare tutto creando un filo conduttore?
Il vero filo conduttore è la spontaneità con cui sono nati i brani. Racconto la mia vita, i miei pensieri e la mia visione del mondo in modo naturale, attraverso la musica.
La tracklist oggi ha un valore relativo, ma nel tuo album sembra esserci un senso preciso. Ad esempio, perché aprire con “La mia verità”?
“La mia verità” rappresenta il concetto alla base del disco: una ricerca personale, il tentativo di trovare la mia verità. Mi piacerebbe che l’ascoltatore, attraverso il disco, fosse stimolato a sviluppare un proprio pensiero critico.
Hai iniziato scrivendo per altri. Com’è stato il passaggio da autore a cantautore?
Sto portando avanti entrambe le cose. Scrivere per altri mi permette di collaborare con tanti produttori e artisti, di sperimentare. Però, mentre quando scrivo per me parlo delle mie esperienze, quando scrivo per altri mi metto nei loro panni. Sono due mondi diversi.
INel disco ci sono collaborazioni, tra cui quelle con Quentin40 e Enrico Nigiotti, che ho molto apprezzato. Come sono nate?
Da rapporti umani e affinità artistiche. Quentin40 rappresenta la nostra città, Roma: lui è romano ma vive a Milano, e nel brano “Roma” racconta i suoi ricordi d’infanzia. Con Enrico, invece, nel brano “Fermare l’età” volevamo contrapporre la mia voce, più giovane, alla sua, che ha un’altra esperienza.
Il disco ha una varietà sonora interessante, ma resa omogenea dal tuo approccio interpretativo. Come avete lavorato all’equilibrio sonoro?
Mi fa piacere che si percepisca. L’omogeneità è data dal mio modo di cantare, che spesso è molto carico ed emotivo. Ho lavorato con diversi produttori per trovare il giusto equilibrio, soprattutto a livello armonico con Matteo Milita.
“Lontano da tutto” ha un’energia che profuma di fuga e libertà. Cosa significa per te oggi la libertà, musicalmente e artisticamente?
Significa poter fare musica senza pensare troppo ai numeri, senza dover seguire per forza certe regole del mercato. Credo nella forza della sincerità nella scrittura, nella capacità di un brano di risuonare con chi lo ascolta.
“Prendimi sul serio” sembra essere un manifesto per chi rifiuta di adeguarsi alle regole imposte dalla società. Possiamo considerarlo il brano simbolo del disco?
Sicuramente sì. Avevo anche pensato di intitolare l’album così, perché è un claim molto forte. È uno dei pezzi che meglio rappresenta la parte cantautorale del disco e mi identifica molto.
Un altro brano forte è “Il buio”, che affronta paure e ansie. La tua interpretazione è particolarmente intensa.
“Il buio” è una delle chicche del disco, con uno studio armonico particolare. È stato uno degli ultimi brani a cui abbiamo lavorato e la voce di Mew gli ha dato ancora più valore. È raro oggi sentire voci così potenti, e con lei siamo riusciti a fare una cosa speciale.
Il disco si chiude con “Facciamo finta che”, un brano sull’eutanasia. Una scelta coraggiosa. Perché hai deciso di trattare questo tema nel tuo album d’esordio?
È nato in maniera naturale. La scorsa estate ero a Trevignano con Matteo Milita e parlando tra amici è venuto fuori il tema dell’eutanasia. È un argomento di cui si parla poco, ma che meriterebbe più attenzione. Ho sentito il bisogno di affrontarlo in un brano, in modo delicato ma diretto.
Sei stato scelto da Amazon come uno dei talenti emergenti di Breakthrough 2024. Cosa rappresenta per te questo riconoscimento?
È stata una grande opportunità. Mi ha permesso di esibirmi al Red Valley Festival di Olbia e di conoscere altri artisti emergenti, come 22Simba. È stato un bel trampolino.
E ora? Quali sono i tuoi prossimi passi?
Il disco porterà a nuove date estive, che annuncerò presto, e ci saranno anche tante nuove canzoni in arrivo.
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