Intelligenza artificiale, 5 motivi per cui il libro di un filosofo è una lettura per manager e imprenditori
Superare la superficialità nell'approccio all'AI, sviluppare nuovi sguardi strategici e comprendere le implicazioni complesse e complessive degli LLM. Ecco perché è utile leggere "Il pianeta latente" di Cosimo Accoto L'articolo Intelligenza artificiale, 5 motivi per cui il libro di un filosofo è una lettura per manager e imprenditori proviene da Economyup.

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Intelligenza artificiale, 5 motivi per cui il libro di un filosofo è una lettura per manager e imprenditori
Superare la superficialità nell’approccio all’AI, sviluppare nuovi sguardi strategici e comprendere le implicazioni complesse e complessive degli LLM. Ecco perché è utile leggere “Il pianeta latente” di Cosimo Accoto
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È stata “un’insoddisfazione, cioè vedere trattare la questione dell’intelligenza artificiale con molta superficialità” a spingere Cosimo Accoto a scrivere il suo ultimo libro, “Il pianeta latente: provocazioni della tecnica e innovazioni della cultura” (Egea).
Dopo aver esplorato le trasformazioni portate dalle tecnologie digitali con una trilogia di saggi ( “Il mondo dato”, “Il mondo ex machina” e “Il mondo in sintesi”), il filosofo tech più invitato in eventi business e aziendali offre adesso la sua prospettiva sull’intelligenza artificiale.
Ma perché un manager, un imprenditore, il founder di una startup dovrebbero leggere un libro come questo? Ovviamente forte è stata la tentazione di chiederlo a un’intelligenza artificiale che, ben guidata e nutrita dei pensieri di Accoto, mi ha restituito cinque buoni motivi per leggere “Il pianeta latente”.
Superare la superficialità e l’ingenuità nell’approccio all’intelligenza artificiale
Accoto critica la “molta superficialità” e l'”ingenuità” con cui spesso viene trattata la questione dell’intelligenza artificiale.
Per un leader aziendale, comprendere la profondità delle trasformazioni innescate dall’IA è fondamentale per evitare decisioni strategiche miopi o basate su una comprensione limitata del fenomeno.
Il libro spinge a “sollevarci un po’ dai discorsi tecnici e invece come dire interrogarci culturalmente su su questa materia”.
Comprendere le implicazioni culturali e umane dell’intelligenza artificiale
Il libro evidenzia come l’intelligenza artificiale non sia solo una questione tecnica, ma una forza “radicalmente trasformativa dell’umano della sua essenza della sua natura della sua posizione come dire su questo pianeta”.
Un leader deve essere consapevole di come l’IA impatta il lavoro, le competenze richieste, il rapporto tra uomo e macchina e il senso stesso delle attività aziendali.
L’esempio dell’IA generativa capace di “scrivere come l’umano” è presentato non solo come un avanzamento tecnico, ma come una “interrogazione di senso all’umano”. Questa consapevolezza è cruciale per guidare le proprie organizzazioni attraverso i cambiamenti.
Sviluppare nuovi sguardi e pensieri strategici
Di fronte alle “provocazioni sul senso dell’umano” generate dalla tecnica, le risposte tradizionali come la semplice “educazione digitale” o la “regolazione giuridica” potrebbero non essere sufficienti.
Accoto sottolinea la necessità per i leader di dotarsi di “nuovi pensieri e nuovi sguardi” per interpretare e affrontare gli scenari futuri determinati dall’intelligenza artificiale. Questo implica una capacità di andare oltre i modelli di business consolidati e immaginare nuove opportunità e sfide.
Adottare un approccio “orizzontale” e costruttivo
Invece di focalizzarsi su visioni catastrofiche, il libro propone un tentativo di “orizzontare e non catastrofale” i limiti del nostro linguaggio e, di conseguenza, del nostro mondo.
Per un leader, questo significa costruire una “visione positiva dell’orizzonte” e concentrarsi sull’innovazione e sulla creazione di “materie nuove con cui costruire quel mondo che un pensiero dell’orizzonte In qualche modo ci sta ci sta prefigurando”.
Riflettere sul ruolo dell’umano nell’era dell’IA
Accoto critica un “Umanesimo consolatorio” che nega la portata del cambiamento e invita invece a un “Umanesimo coraggioso” che interroghi il ruolo dell’umano in un contesto lavorativo trasformato.
Per un leader, questo si traduce nella necessità di ridefinire la “centralità dell’umano” all’interno dell’organizzazione, investendo nello sviluppo di competenze umane uniche e complementari all’intelligenza artificiale e preparandosi a un “sollevarci di livello”.
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