Il valore della cultura finanziaria in uno Stato che diseduca i suoi risparmiatori

“In origine è stata la volta della tassazione di favore al 12.50% per i titoli del debito pubblico rispetto all’aliquota del 26% riservata alle altre tipologie di investimento, poi il turno della pubblicità di Stato che sponsorizzava la crociera finanziata con le cedole del Btp Valore, oggi tocca all’esclusione dei Btp e dei prodotti finanziari... Leggi tutto

Feb 11, 2025 - 12:34
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Il valore della cultura finanziaria in uno Stato che diseduca i suoi risparmiatori

“In origine è stata la volta della tassazione di favore al 12.50% per i titoli del debito pubblico rispetto all’aliquota del 26% riservata alle altre tipologie di investimento, poi il turno della pubblicità di Stato che sponsorizzava la crociera finanziata con le cedole del Btp Valore, oggi tocca all’esclusione dei Btp e dei prodotti finanziari di raccolta del risparmio con obbligo di rimborso assistito dalla garanzia dello Stato dal calcolo dell’ISEE, fino ad un valore massimo di 50.000€, grazie alla firma del DPCM di modifica al Regolamento che disciplina la determinazione e i campi di applicazione dell’Indicatore della situazione economica equivalente, misura prevista dalla Legge di Bilancio per il 2024. In tutti i casi, si tratta di provvedimenti che, pur nella loro apparente convenienza, rischiano di diseducare i risparmiatori italiani, già alle prese con una bassa alfabetizzazione finanziaria”. Lo ha scritto Emanuele Fina, personal financial advisor di FinecoBank, all’interno del proprio blog.

“Secondo i dati OCSE, l’Italia registra un punteggio di 53 su 100 in termini di alfabetizzazione finanziaria, ben al di sotto della media dei Paesi membri (63 punti). Restiamo dietro a Germania (76), Francia (62) e Spagna (64), superando solo Paesi come Cambogia, Paraguay e Yemen. Il giudizio severo è confermato dall’ultima indagine triennale della Banca d’Italia, da cui risulta anche che gli italiani hanno addirittura peggiorato la familiarità con concetti quali inflazione, tasso di interesse, diversificazione del rischio. Proprio per far fronte a questa carenza, nel 2017 è stato istituito il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale – Edufin, ad opera del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con quello dello sviluppo economico” si legge.

“Il risparmio, del resto, è quel bene, individuale e pubblico, che i Padri costituenti hanno inserito nell’art. 47 della Costituzione come risorsa da “incoraggiare e tutelare in tutte le sue forme” in quanto funzionale al raggiungimento degli altri obiettivi definiti dalla Carta costituzionale – dalla salute all’istruzione – che i sistemi di welfare universale faticano sempre più a garantire. Come ci ha ricordato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della 100° Giornata mondiale del Risparmio lo scorso 31 ottobre, “il risparmio viene utilizzato in primo luogo per proteggersi da eventi inattesi, poi per il futuro anche pensionistico, quindi per le future generazioni, infine per sostenere spese importanti, come la casa” pertanto “continua ad avere un ruolo fondamentale per il benessere delle persone e il loro futuro”, ma anche “per far funzionare l’economia reale” del Paese. Guardando al risparmio in quest’ottica, se ne coglie la vera natura e soprattutto la vera funzione: non una massa informe da investire indistintamente, condizionati da una spasmodica ricerca di rendimento bensì uno strumento funzionale alla tutela dei bisogni e al raggiungimento dei nostri obiettivi di vita” continua Fina.

“La moderna teoria del goal-based investing è una metodologia di gestione patrimoniale che si basa sull’identificazione, prioritizzazione e realizzazione degli obiettivi personali del risparmiatore. A differenza del metodo tradizionale più diffuso che guarda ai risparmi come un unico insieme, il goal-based investing segmenta il patrimonio in “blocchi” destinati a scopi specifici, come l’acquisto di una casa, l’educazione dei figli, la pensione serena, la creazione di un fondo emergenze. Un approccio agli investimenti che trae ispirazione da diverse discipline, tra cui la finanza comportamentale, l’economia classica, la psicologia ed affonda le sue radici nei lavori pionieristici di studiosi come Meir Statman e Paul Samuelson, che hanno esplorato il legame tra comportamenti umani e decisioni finanziarie, oltre che nella teoria dell’ottimizzazione intertemporale. Questa strategia non solo aumenta la probabilità di raggiungere gli obiettivi ma offre anche una maggiore consapevolezza e controllo sulla propria pianificazione finanziaria. Investire dando “un nome ai soldi” ci consente di scegliere lo strumento d’investimento più efficiente per l’obiettivo che si intende perseguire, di ricordare il perché delle nostre scelte rifuggendo il rischio di reazioni emotive nelle fasi di elevata volatilità dei mercati finanziari che, è bene ricordarlo, possono interessare anche i nostri titoli di Stato. Si ricorderà, ad esempio, che durante la crisi del debito sovrano del 2010-2011, lo spread tra i nostri Btp e il Bund tedesco toccò il valore massimo di 575 punti causando perdite di valore percentuale a doppia cifra per i nostri titoli di Stato”.

“I provvedimenti citati, invece, appaiono funzionali ad indirizzare i risparmiatori italiani verso la sottoscrizione del nostro debito pubblico, ancor più oggi che la Banca Centrale Europea ha terminato i reinvestimenti del programma di acquisti Asset Purchase Programme , il cosiddetto Quantitative Easing e del Pandemic Emergency Purchase Programme, tramite incentivi che ne influenzano le scelte e ne distorcono i criteri di valutazione che dovrebbero essere ispirati esclusivamente dai principi di diversificazione, rispetto dell’orizzonte temporale, valutazione dei rischi in ossequio alle risultanze del questionario di profilatura MIFID del risparmiatore. I titoli di Stato, pertanto, rappresentano senz’altro un asset utile alla composizione di un portafoglio di investimenti ma che, al pari di qualsiasi altra strumento finanziario, devono essere inquadrati in una gestione professionale del risparmio che sappia valutare rischi ed opportunità. Gli stessi rendimenti nominali, ad esempio, devono essere depurati dal tasso d’inflazione per calcolarne il rendimento reale e appurarne la capacità di proteggere adeguatamente il potere di acquisto dei nostri risparmi nel tempo. Se si incentiva la sottoscrizione del debito italiano a discapito di altri mercati come quello azionario, l’unico capace di restituire nel lungo periodo ritorni superiori all’inflazione, si corre il rischio di alimentare scelte finanziarie inefficienti che impoveriscono le famiglie italiane. In un contesto finanziario globale in cui sempre più numerosi ed eterogenei sono gli eventi capaci di impattare negativamente sui mercati finanziari ed in un Paese in cui le politiche pubbliche sembrano privilegiare esigenze di breve termine rispetto a una visione strategica, è fondamentale che i risparmiatori non si lascino influenzare da incentivi i cui benefici possono rivelarsi inferiori ai rischi di scelte avventate. Ogni corretta decisione finanziaria dovrebbe partire dalla domanda chiave “quali sono i miei obiettivi?” e a questa far seguire, con l’ausilio di figure qualificate, una pianificazione che tenga conto delle reali esigenze, dei benefici e dei rischi, evitando le insidie di politiche diseducative che incentivano il “fai da te” finanziario. Non è solo una scelta di prudenza ma un investimento in consapevolezza, serenità e stabilità per il benessere proprio, delle future generazioni quindi del Paese”.