Il ritorno al futuro della mafia in un Paese in cui ci sono sempre meno mafiosi: gli Immortali di Bolzoni
È una storia semplice, sempre la stessa: ci sono i mafiosi sporchi, brutti e cattivi, unici colpevoli di tutte le stragi e gli omicidi eccellenti compiuti nel nostro Paese. E poi ci sono tutti gli altri, cioè i buoni, quelli che stanno dalla parte degli eroi, ormai rappresentati solo come santini: superuomini senza macchia e […] L'articolo Il ritorno al futuro della mafia in un Paese in cui ci sono sempre meno mafiosi: gli Immortali di Bolzoni proviene da Il Fatto Quotidiano.

È una storia semplice, sempre la stessa: ci sono i mafiosi sporchi, brutti e cattivi, unici colpevoli di tutte le stragi e gli omicidi eccellenti compiuti nel nostro Paese. E poi ci sono tutti gli altri, cioè i buoni, quelli che stanno dalla parte degli eroi, ormai rappresentati solo come santini: superuomini senza macchia e senza paura. Una narrazione sempre più dicotomica, schiacciata su uno strisciante manicheismo che è ormai diventata Vangelo. E siccome le Sacre Scritture non si possono mettere in dubbio, è probabile che l’ultimo libro di Attilio Bolzoni venga tacciato di eresia.
Si chiama Immortali (Fuoriscena) ed è il risultato di una serie di impietose istantanee scattate dal giornalista al volto più nascosto dell’Italia: un Paese dove c’è sempre più mafia, ma nessuno se ne accorge. Il motivo? Mancano i mafiosi: non ci sono più le facce truci di Totò Riina e Bernardo Provenzano, mentre di Matteo Messina Denaro si ricordano ormai soprattutto le imprese amorose. Il risultato? Un ritorno al passato, anzi, al futuro. “Ogni epoca ha la sua mafia, e anche questa dove viviamo ne ha una: la mafia degli incensurati“, scrive Bolzoni, per una vita tra le firme di punta di Repubblica, prima di passare a raccontare Cosa Nostra sulle pagine del quotidiano Domani. Cos’è questa mafia degli incensurati? Avvocati e alti burocrati, broker ed esperti di riciclaggio, ma pure magistrati e sedicenti paladini della legalità. E poi ovviamente ci sono i politici, gli stessi da trent’anni, nonostante condanne e detenzioni: è la cosiddetta borghesia mafiosa, spesso evocata da giornali e investigatori, che però non ne forniscono mai le generalità. Sono loro gli immortali di Bolzoni, quelli che ogni anno commemorano gli eroi, ma che prima stavano dall’altra parte.
“I mafiosi hanno un nome e un cognome, un volto, un indirizzo, un gruppo sanguigno, una scheda segnaletica, condanne e obblighi di legge. La borghesia mafiosa è al contrario un’entità eterea, impalpabile, ignota. Piace il termine perché nella sua equivocità in effetti è molto suggestivo. Sa di enigmatico, di impenetrabile”, scrive il giornalista. Con questa entità Bolzoni ha avuto uno scontro frontale: è successo con Antonello Montante, ex volto della sedicente riscossa antimafia di Confindustria, poi finito nella polvere. Ma forse mai definitivamente mollato dal sistema. Condannato a otto anni in Appello per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e accesso abusivo al sistema informatico, sarà nuovamente processato in secondo grado dopo che la Cassazione lo ha assolto dalle accuse più pesanti. “Un tempo c’era la prima sezione penale del famoso giudice Corrado Carnevale, ribattezzato dalla stampa l’Ammazzasentenze perché aveva azzerato quasi cinquecento processi di mafia e terrorismo. Oggi c’è la sesta sezione penale che gode di eccellente fama per la sua alta competenza e il rigore tecnico-giuridico”, riflette Bolzoni. Il giornalista sottolinea come siano stati gli stessi giudici di Montante a ridimensionare le accuse a carico di Silvana Saguto, l’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo. Ma pure quelli che hanno derubricato Mafia capitale a una più digeribile “corruzione capitale”. Sempre la stessa sezione si è occupata di mettere una pietra tombale sulle questioni della cosiddetta Trattativa Stato-mafia. Anzi mafia-mafia: alla fine, infatti, a essere condannati sono stati solo uomini di Cosa Nostra.
“Se negli anni Sessanta e Settanta c’erano le assoluzioni di massa dei boss con la classica formula dell’insufficienza di prove, adesso cadono le associazioni nei piani alti. C’è sempre un cavillo, un’insidia, un motteggio”, scrive l’autore del libro. È in questo clima di ridimensionamento, che è cominciata una sistematica riscrittura della storia. “Ci sono momenti in cui sulle stragi mi sembra di saperne meno rispetto a dieci anni fa, e dieci anni fa credo che ne sapessi già meno di vent’anni fa”, annota, amaro, Bolzoni. Dopo una stagione investigativa esaltante, quella dei primi anni Duemila, le indagini sui misteri delle stragi e degli omicidi eccellenti sembrano aver imboccato piste minimaliste. Ricostruzioni che riducono tutte le responsabilità solo ai mafiosi. “Nessun altro sopra o insieme, le colpe degli attentati dell’estate 1992 addossate solo e soltanto a loro. È una fiaba che rassicura perché in mezzo c’è il nulla che scagiona tutti, favoreggiatori e indifferenti”, ragiona l’autore. Il libro eretico di Bolzoni, dunque, tenta di scuotere dal torpore chi si è ormai arreso a questa favola rassicurante. Una storia semplice, che piace a tutti, ma che ha un difetto: è completamente falsa.
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