Il Papa e il governo che verrà

Collegialità e apertura alle donne "Ora è possibile una grande riforma" .

Mag 9, 2025 - 05:48
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Il Papa e il governo che verrà

La politica estera prima di tutto. Anche da qui si misura l’effettiva volontà del neo Papa, Leone XIV, di continuare sulla direttrice della Chiesa in uscita, protesa verso le periferie e ospedale da campo, tracciata da Bergoglio nella sua riedizione dell’intramontabile I care di don Lorenzo Milani. In un pianeta, che anela la pace, ma si trova invischiato in una Terza guerra mondiale combattuta a pezzi, da più parti si guarda a Robert Prevost con la speranza che possa sanare i conflitti. Dalla tragedia della Striscia di Gaza all’invasione russa dell’Ucraina fino al riacutizzarsi delle ostilità sul confine fra India e Pakistan. Dalla loggia centrale di San Pietro il commosso Leone XIV, il meno yankee dei cardinali elettori made in Usa, tutto è apparso tranne che sordo alle richieste di chi è stremato da bombe ed esplosioni. Pace, ponti, dialogo, fraternità sono le parole che ha snocciolato con maggiore frequenza nel suo presentarsi al mondo.

Ma l’agenda del Papa, che nel nome si è richiamato al predecessore Vincenzo Pecci, Leone XIII, il padre della dottrina sociale della Chiesa con la sua enciclica Rerum novarum, non può prescindere dal governo interno della Chiesa. Sinodalitá o Curia, approccio piú orizzontale o verticismi da rispolverare? Come affrontare la persistente crisi delle vocazioni (-0,2%) a cui fa da contraltare l’incremento dei cattolici (+1,15%) su scala mondiale? E che fare con il deficit monstre della Santa Sede (87 milioni di euro) o l’attuazione a macchia di leopardo della stringente normativa sugli abusi?

GUERRE E MORAL SUASION
L’ha capito per prima la stessa Santa Sede. La diplomazia d’Oltretevere non ha piú il peso necessario – come ai tempi di Roncalli, Montini e ancora con Wojtyla – a disarmare i contendenti. Può lavorare ai fianchi. E non è poco di questi tempi. "Va mantenuto il ruolo della diplomazia vaticana – osserva Massimo Faggioli, professore ordinario nel Dipartimento di Teologia e Scienze religiose della Villanova University, Philadelphia –, la sola non screditata a livello internazionale. Ha gli strumenti, lo stile e le conoscenze per favorire una convivenza pacifica. E anche per capire meglio, senza pregiudizi di sorta, il cattolicesimo americano d’impronta conservatrice rappresentato dal vice presidente Usa, JD Vance". La conferma arriverà nel caso nei prossimi giorni, ma il fatto che il segretario di Stato uscente, Pietro Parolin, fosse al fianco di Prevost al momento della benedizione Urbi et Orbi lascia intendere che chi è entrato Papa in Conclave ne è uscirà (ancora) segretario di Stato.

IL DESTINO DELLA SINODALITÁ
La parola chiave per delineare l’assetto di governo della Chiesa è una sola: Sinodo. Francesco l’ha rivitalizzato, aprendolo a laici e laiche. Ne ha fatto lo strumento ideale per la collegialitá e il discernimento. In contemporanea ha ridotto il peso della Curia dove, su richiesta della base sinodale, ha nominato una donna prefetto di un dicastero, ma senza riformare il diritto canonico. Per non perdere tempo ed evitare resistenze Adesso il momento sembra propizio per dare una veste giuridica al vento del cambiamento. Prevost è un canonista. E a sorpresa, così come è stato eletto, ha sottolineato che si andrà avanti con la la sinodalità, quella che Francesco ha blindato fino al 2028 anche per definire riforme come il diaconato femminile e i preti sposati. "C’è la possibilità a questo punto che si possa mettere mano alla revisione totale del Codice di diritto canonico del 1983. Anche riguardo ai canoni più delicati che legano l’esercizio del potere di governo al solo ordine sacro", è la convinzione del presidente emerito dei canonisti italiani, Pierluigi Consorti.

LA RIFORMA DELLA CURIA
La costituzione Praedicate Evangelium ha snellito i ministeri e posto l’evangelizzazione al centro e non più la dottrina della fede. Suggestivo, ma serve coerenza nell’agire. E soldi che oggi latitano Oltretevere. Francesco intraprese una spending review, ma ora più che mai urgono rigore e metodo nella gestione del patrimonio immobiliare della Santa Sede. Resta poi da chiedersi che fine farà il C9, il Consiglio della corona del Papa, nato da una felice intuizione di Bergoglio per rafforzare la collegialità episcopale e rappresentare meglio le Chiese locali.

GLI ABUSI SUI MINORI
Nessun Papa come Francesco ha avuto a cuore questo tema. Sbagliando, come nel viaggio in Cile, e rimediando con una serie di riforme innovative che, da un lato, puniscono i vescovi che coprono i preti pedofili e, dall’altro, fissano l’obbligo interno di denuncia. L’attuazione delle norme, però, resta deficitaria. Manca un coordinamento. Troppe pene canoniche faticano ancora ad essere eseguite. Un giurista come Prevost può essere l’uomo giusto al momento (e al posto) giusto.

Giovanni Panettiere