I leader disertano Istanbul. Zelensky resta ad Ankara: una farsa. “Per Erdogan la Crimea è ucraina”
Il summit sul Bosforo è un flop. Volodymyr incontra il presidente turco. Il Cremlino: “Sei un clown”. Trump: “Nessuna svolta finché io non vedrò Putin”

Roma, 16 maggio 2025 – Più una farsa che un negoziato. Nella giornata di ieri a Istanbul non è mancato nulla, tranne l’inizio dei colloqui fra Russia e Ucraina e colui che avrebbe dovuto esserci per dare realmente una svolta alla situazione: Vladimir Putin.
Lo zar e il suo ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, sono rimasti a Mosca e hanno inviato una delegazione composta dagli stessi membri del 2022, quando dissero a Kiev che doveva arrendersi. Gli elementi di punta sono Vladimir Medinskij, ex ministro della Cultura e attuale assistente del presidente Putin, e Alexander Fomin, militare e convinto sostenitore della guerra per la totale “denazificazione” dell’Ucraina.
Il presidente Zelensky aveva iniziato la giornata con le migliori intenzioni. “Dimostriamo con il nostro comportamento che vogliamo che la guerra finisca. Tutti coloro che sono volati in Turchia da parte nostra hanno il mandato di prendere tali decisioni”. Poi, però, dopo aver visto la composizione russa, l’ha definita una “delegazione ornamentale”, senza alcun potere decisionale.
Al numero uno di Kiev non è rimasto altro che restare ad Ankara, specificando di non avere nulla da fare, con il presidente Erdogan che lo ha ospitato e ha riconosciuto la Crimea come regione ucraina. Zelensky, però, ha ricordato davanti ai giornalisti che il suo Paese non è disposto “ad alcuna concessione territoriale”.
Mosca ha risposto attaccando e mettendo i consueti paletti, senza i quali il negoziato non parte nemmeno. Primo fra tutti, la necessità di “portare avanti la denazificazione” e “rimuovere le cause profonde della guerra”. In pratica, si chiede il disarmo di Kiev.
Fin qui le richieste. Poi sono arrivati anche gli insulti. La portavoce del Ministero degli Esteri, Maria Zakharova, in reazione all’aggettivo “ornamentale” usato per la delegazione di Mosca, ha definito Zelensky un “clown” e un “fallito”. Il suo capo, Lavrov, ha rilanciato definendo “patetica” la richiesta del leader ucraino di incontrare Putin a Istanbul. A margine di questo botta e risposta, le centinaia di cronisti assiepati vicino al Palazzo di Dolmabahce, sul Bosforo, sono rimasti a bocca asciutta. Le due delegazioni, se va bene, si vedranno oggi, quando saranno presenti nella megalopoli turca anche il segretario di Stato americano, Marco Rubio, che ha ammesso di “non avere grandi aspettative”, e l’inviato speciale della Casa Bianca, Steve Witkoff.
L’unico che sembra aver capito come stanno le cose è il presidente statunitense, Donald Trump, per il quale, fino a quando lui non avrà incontrato Putin, non succederà nulla.
Nella migliore delle ipotesi, oggi a Istanbul potrebbe essere negoziato un cessate il fuoco. Ma se la Russia, come si teme, arriverà al tavolo con le consuete richieste – che Kiev trova irricevibili – è facile che non ci sia nemmeno quello.
Intanto, Mosca continua a colpire, intenzionata a sfruttare ogni minuto utile di questa guerra di logoramento, anche se la sua cessazione appare quanto mai lontana. Nella notte sull’Ucraina sono caduti 110 droni, mentre il Ministero della Difesa russo rivendica avanzamenti nel Donbas, che in realtà sembrano sempre più lenti. Ma bisogna continuare ad armare anche la propaganda.