Guida completa sulla tassazione dei tuoi investimenti
Non tutti sanno che ci sono numerose sugli investimenti. Ecco tutto quello che devi sapere per essere in regola col Fisco, anche per quanto riguarda le rendite finanziarie. Come funziona la tassazione sugli investimenti finanziari? Quante e quali sono le tasse da pagare e quali sono nello specifico? Queste sono le domande che si pongono […] L'articolo Guida completa sulla tassazione dei tuoi investimenti proviene da IoInvesto SCF.

Non tutti sanno che ci sono numerose sugli investimenti. Ecco tutto quello che devi sapere per essere in regola col Fisco, anche per quanto riguarda le rendite finanziarie. Come funziona la tassazione sugli investimenti finanziari? Quante e quali sono le tasse da pagare e quali sono nello specifico?
Queste sono le domande che si pongono i neofiti del settore che non hanno le adeguate conoscenze in materia, per comprendere quali sono gli oneri fiscali imposti dallo nostro Stato. Si tratta di una materia che richiede particolare attenzione, perché nel caso in cui non vengano pagate le tasse, si corre il rischio di venire multati e spesso di dover pagare degli oneri fiscali maggiorati.
La risposta alle domande precedenti è molto semplice, in quanto lo Stato italiano ha previsto in tale ambito una normativa di settore puntuale. Nello specifico vengono applicate determinate tasse a determinate tipologie di investimento. Le stesse, inoltre, presentano aliquote differenti in relazione alle somme soggette a tassazione e in alcuni casi esistono ulteriori specifiche imposte da versare.
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Come vengono tassati i profitti derivanti dagli investimenti?
Lo Stato italiano considera ogni tipologia di investimento come una sorta di attività dalla quale si riceve un compenso. Per tale motivo anche gli investimenti finanziari vengono assoggettati a tassazione e gli investitori, quindi, sono costretti a pagare delle tasse per qualsiasi guadagno ottenuto.
Nello specifico le aliquote fiscali previste per le rendite finanziarie sono principalmente due (26% e 12,5%). Queste percentuali vengono applicate alla maggior parte degli investimenti (anche quelli relativi ai titoli di Stato). In particolare:
- l’aliquota fissa al 26%, viene applicata alla gran parte dei profitti (plusvalenze) realizzati grazie a un investimento finanziario. Ciò significa che, in generale, per qualsiasi tipologia di investimento, ad esempio la compravendita di azioni e obbligazioni, è prevista una tassazione del 26% sui guadagni realmente ottenuti.
- La seconda aliquota, pari al 12,5%, viene considerata come un’unica flat tax agevolata applicata su:
- obbligazioni di enti pubblici territoriali (come Regioni, Province e Comuni);
- titoli di Stato, nazionali ed esteri, inseriti nella White List (lista degli Stati che consentono un adeguato scambio di informazioni);
- titoli di debito emessi da organismi internazionali (BEI, BIRS o World Bank).
L’aliquota ridotta
Questa aliquota ridotta (12,50%, anziché al 26% come per gli altri strumenti finanziari) ha essenzialmente lo scopo di incentivare l’investimento in titoli del debito pubblico (Italia compresa) da parte degli investitori. Precisiamo che tali percentuali di tassazione vengono applicate:
- alla differenza positiva tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto dello strumento o prodotto finanziario;
- ai dividendi distribuiti periodicamente dallo strumento o prodotto finanziario;
- alle cedole staccate periodicamente dallo strumento o prodotto finanziario.
Se, inoltre, un determinato prodotto finanziario contiene strumenti in parte soggetti all’aliquota piena del 26% e in parte da strumenti soggetti all’aliquota agevolata del 12,50%, la tassazione delle plusvalenze ottenute dal prodotto globale sarà un misto tra le due percentuali suddette.
Questo meccanismo di tassazione è tipico di determinati OICR (Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio), ETF (Exchange Traded Funds) e fondi comuni bilanciati contenenti al loro interno sia azioni (tassate al 26%) che obbligazioni emesse da enti pubblici (tassate al 12,5%).
Esiste, infine, un’aliquota più favorevole del classico 26%, nel caso dei fondi pensione, nei quali si applica un prelievo del 20% sui profitti maturati ogni anno e non provenienti da strumenti per i quali si applicherebbe normalmente l’aliquota agevolata al 12,5%.
Esistono altre imposte legate agli investimenti?
Oltre alle aliquote fiscali del 26% (20% per i fondi pensione) e del 12,50% appena viste, che gravano solo sul guadagno realizzato (Capital Gain) dall’investimento, bisogna anche pagare l’imposta di bollo sul deposito titoli, ovvero sui prodotti finanziari di investimento. Tale imposta di bollo è pari allo 0,20% annuo del capitale investito e si applica a quasi tutti i prodotti finanziari e ai conti deposito.
Abbiamo detto “a quasi tutti i prodotti finanziari” perché ci sono delle eccezioni, per cui non tale imposta non è dovuta, ovvero:
- i fondi pensione;
- i prodotti assicurativi collegati a una Gestione Separata (polizze vita cosiddette di Ramo I);
- le polizze da investimento sottoscritte prima del 31 dicembre 2000.
L’imposta di bollo si applica, invece, ai prodotti assicurativi Unit Linked, Index Linked o quelli a capitalizzazione. Le regole di applicazione per questi prodotti assicurativi sono:
- l’imposta viene calcolata e applicata direttamente dall’assicurazione;
- l’imposta viene calcolata al 31 dicembre di ogni anno, ma viene addebitata realmente solo nel momento in cui si riscatta, anche in parte, il capitale dalla polizza.
Comprendere tutte queste sfumature fiscali è fondamentale per ottimizzare i propri investimenti e non lasciare soldi sul tavolo.
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Ci sono delle esenzioni nella tassazione sugli investimenti?
Vi sono delle specifiche esenzioni che possono essere applicate a determinati rendimenti finanziari. Alcuni soggetti che emettono e gestiscono particolari prodotti finanziari da investimento, infatti, non sono tenuti ad applicare la tassazione obbligatoria classica.
Nello specifico stiamo parlando dei piani di risparmio legati ai libretti di risparmio con una giacenza inferiore ai 5.000 euro. Ti ricordo che l’imposta di bollo su conti correnti e libretti di risparmio è una tassa dovuta per giacenze superiori a 5.000 euro depositate su conti bancari e postali, considerando i saldi complessivi dei rapporti intestati alla stessa persona presso il medesimo istituto. Tale imposta ammonta a 34,20 euro all’anno per le persone fisiche e a 100 euro all’anno per le persone giuridiche.
Un altro modo, più generale e importante, per risparmiare tasse sugli investimenti è quello legato alla compensazione delle minusvalenze (le perdite realizzate dalla vendita di qualsiasi strumento finanziario). Per semplicità ti spieghiamo come funziona questo meccanismo con un esempio:
- pensa di investire in un prodotto finanziario 10.000 euro e di venderlo poi quando varrà 9.000 euro; avrai così realizzato 1.000 euro di minusvalenze;
- immagina ora di acquistare determinati strumenti finanziari (es. azioni, certificati, …);
- dopo 3-4 anni, vendendo tali strumenti, riesci a fare un guadagno di 1.000 euro;
- quei 1.000 euro di guadagno (capital gain) non ti verranno tassati;
- risparmi, ad esempio, il 26% di 1.000 €, ovvero 260 €.
Non male, vero? Devi sapere però, che:
- non tutti gli strumenti finanziari permettono di compensare le minusvalenze, ma solo azioni e obbligazioni singole, certificati, ETC, ETN;
- le minusvalenze spariscono dopo 4 anni dalla fine dell’anno in cui vengono realizzate (ovvero nel momento di una vendita in perdita).
Quando vanno pagate le tasse sugli investimenti?
Per quanto riguarda il pagamento delle tasse sui rendimenti finanziari derivanti dagli investimenti o comunque legate a essi abbiamo sostanzialmente due casi:
- ci pensa a tuo nome l’intermediario dei tuoi investimenti (banca, assicurazione, Poste, broker), in qualità di sostituto d’imposta;
- deve essere effettuata al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi, solitamente entro il 30 settembre di ogni anno.
Tale tassazione si applica ai ricavi ottenuti nell’anno precedente o all’intero ammontare del capitale investito nel caso dell’imposta di bollo annuale. Si tratta di un’operazione obbligatoria, ma normalmente di semplice realizzazione. Se non sei esperto in materia ti consigliamo di affidarti a un professionista: fai una consulenza gratuita con un consulente finanziario IoInvesto.
È, infatti, importante in questo campo avere una formazione di base, per riconoscere gli obblighi e le scadenze fiscali e non incorrere in spiacevoli sanzioni.
Come verranno tassati in futuro gli investimenti?
Il tema della tassazione sui rendimenti oggi è più interessante che mai, anche perché non c’è chiarezza sulla materia in questione. Se la scelta di alzare le aliquote da applicare alla tassazione può essere considerata condivisibile in termini di sostenibilità economico-finanziaria, non vi è un’analisi specifica che consente ai piccoli e grandi investitori di avere chiarezza e trasparenza in materia.
La situazione in cui ci troviamo oggi, infatti, viene considerata dagli economisti come una sorta di vessazione fiscale, a danno dei rendimenti finanziari. Le politiche monetarie e fiscali degli Stati pesano notevolmente sui contribuenti, con l’applicazione di elevati costi su qualsiasi operazione finanziaria.
Si tratta di manovre finanziarie particolarmente delicate, le cui conseguenze negative si potranno apprezzare solo a distanza di anni. Ogni tanto si parla dell’applicazione di un’ulteriore tassa, apparentemente di modesta entità, considerata da molti investitori come una sorta di patrimoniale. Tale prelievo dovrebbe aggirarsi intorno allo 0,2% dei capitali investiti (in aggiunta all’imposta di bollo già presente sugli investimenti). Una percentuale estremamente bassa, che colpisce tutti coloro che investono in maniera rilevante, soprattutto chi fa degli investimenti il proprio lavoro principale.
L’incremento delle aliquote relative alla tassazione delle rendite finanziarie, infatti, tocca praticamente tutti, senza fare alcuna distinzione tra chi investe per professione e chi, invece, tende a investire per non vedere erodere il proprio risparmio dall’inflazione.
Come funzionano le tasse sugli investimenti
Nel momento in cui ci si affaccia al mondo degli investimenti, è fondamentale conoscere tutto ciò che riguarda questa attività.
Costituisce, dunque, una componente fondamentale, che anche i neofiti devono prendere in considerazione per non avere brutte sorprese. È necessario effettuare una formazione specifica, per capire i diversi tipi di tassazione che vengono applicati ai rendimenti finanziari. In questo modo potrai avere un’idea chiara del valore netto ottenuto a seguito del pagamento delle imposte.
Inoltre, data la complessità della materia relativa alla fiscalità dei rendimenti finanziari è consigliabile rivolgersi a responsabili fiscali, operanti come una sorta di intermediario che si occupa di questo aspetto in maniera professionale.
Un esempio, che sottolinea l’importanza di conoscere la materia relativa alla fiscalità degli investimenti, riguarda la possibilità di compensare le plusvalenze (guadagni) con le minusvalenze (perdite) direttamente nella dichiarazione dei redditi, indicando non solo i guadagni ma anche le perdite subite negli anni.
Tassazione delle rendite finanziarie e i diversi regimi
Il pagamento delle tasse è diverso in base al regime fiscale che viene applicato al contribuente.
Con il regime dichiarativo, chiamato anche di autovalutazione fiscale, è il contribuente che deve pagare le tasse e le imposte presentando una propria dichiarazione. In tal caso avrà l’onere di indicare i ricavi ottenuti sotto forma di utili e anche il quantum dovuto allo Stato.
Nel regime amministrativo saranno gli intermediari a occuparsi del pagamento delle tasse; pertanto il contribuente investitore non avrà alcun onere. Questo accade quando, ad esempio, si sottoscrive una quota societaria: sarà la stessa, infatti, a trattenere dagli utili dell’investitore la tassazione imposta al rendimento generato dall’investimento in questione. In questo caso l’intermediario viene considerato quale sostituto di imposta. Tale regime è quello più comodo e a cui si consiglia di aderire, sia per i neofiti del settore che per chi conosce bene l’aspetto relativo alla fiscalità e i problemi legati agli obblighi fiscali.
Esiste un terzo regime fiscale per gli investimenti ed è quello gestito, tipico delle Gestioni Patrimoniali.
Il regime fiscale delle Gestioni Patrimoniali
Questo regime presenta le seguenti caratteristiche:
- i rendimenti sono il risultato complessivo di tutti gli strumenti che compongono la gestione (quelli in guadagno compensano quelli in perdita);
- alla fine di ogni anno solare, se c’è un risultato netto positivo, devi pagare le imposte sulla plusvalenza generata durante il periodo;
- i dividendi rimangono all’interno della gestione, al lordo delle tasse e contribuiscono alla performance dell’anno;
- se il risultato dell’anno è negativo, si genera una minusvalenza compensabile nei 4 anni successivi a quello di realizzo, come un credito di imposta;
- le vendite all’interno della gestione patrimoniale non sono oggetto di tassazione sulle plusvalenze, né generano delle minusvalenze;
- qualora si chiuda la gestione con una minusvalenza globale, il credito d’imposta può essere utilizzato su un’altra gestione finanziaria, indipendentemente dal regime fiscale di destinazione;
- l’aliquota di default è, come sempre il 26%, salvo quella speciale del 12,5% sui rendimenti dei titoli di Stato emessi dai paesi inseriti nella White List.
Per un approfondimento di questo tipo di gestione finanziaria si rimanda alla lettura dell’articolo: “Gestione Patrimoniale: La Guida Completa”.
Tassazione degli investimenti in base ai diversi tipi di reddito
È necessario parlare nello specifico della tassazione che viene imposta sui diversi tipi di redditi. Quando si parla di investimenti finanziari bisogna fare una distinzione tra redditi di capitale, redditi di natura finanziaria (o “redditi diversi”), e redditi d’impresa.
Per ognuna di queste tipologie di investimento, lo Stato impone una tassazione separata, al fine di agevolare quelle forme di risparmio che non possono essere considerate utili finanziari.
Per quanto riguarda i redditi di capitale si prendono in considerazione i dividendi o le cedole ovvero tutti quegli utili che spettano all’investitore. Questo tipo di tassazione, varia a seconda della tipologia di investitore: quando si tratta di persone fisiche, il contribuente assolve alla tassa effettuando il pagamento della ritenuta d’imposta. Nel caso di società invece la stessa deve effettuare la ritenuta a titolo di acconto che sarà poi indicata nella dichiarazione dei redditi.
C’è la tassazione che viene imposta ai redditi di diversa natura (o “redditi diversi”): si tratta di plusvalenze e minusvalenze, o ancora di rimborsi relativi agli investimenti finanziari oppure a cessione di titoli o obbligazioni. In questo caso si parla di somme non certe che possono sfiorare anche lo zero, pertanto potrebbero anche essere compensate con i redditi conseguiti nell’anno di imposta successivo; un esempio per questa modalità di tassazione: si fa riferimento alle tasse principali presenti nel nostro ordinamento ovvero IRPEF o Ires nel caso di società.
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Soggetti non residenti percettori di utili dai mercati finanziari
Vi sono dei soggetti che non sono tenuti al pagamento delle imposte. Nello specifico stiamo parlando del pagamento dell’imposizione sostitutiva per gli interessi che sono percepiti all’acquisto di obbligazioni. Per essere esenti da tassazione questi soggetti non devono avere residenza nello Stato oppure devono essere banche centrali o investitori istituzionali iscritti nella cosiddetta White List. Gli stessi, però, devono depositare tali titoli presso un intermediario residente nello Stato, che provvederà al pagamento delle imposte.
Si deve specificare che, nonostante all’estero si possano fare dei guadagni maggiori rispetto a quelli che si otterrebbero nel proprio Paese d’origine, in ogni caso non si può evitare il pagamento delle tasse. Anzi, sorge il problema di una possibile doppia tassazione che potrebbe colpire il soggetto che ottiene dei guadagni in uno Stato dove non è residente.
Pertanto, la soluzione è quella di effettuare delle consulenze funzionali alla comprensione di questi aspetti finanziari da cui è impossibile esimersi.
Come non pagare le tasse sugli investimenti online?
Ovviamente nasce spontanea l’idea che porta a chiedersi se è possibile non pagare le tasse sui guadagni ottenuti dalle rendite online. In realtà, ci sono tre modi grazie ai quali è possibile esimersi da questa incombenza fiscale.
Primo fra tutti la possibilità di cambiare la propria residenza fiscale. Come ben sappiamo, i guadagni sugli investimenti, comunemente chiamati utili, portano ad una tassazione proporzionale agli stessi e alla loro natura. Alcuni Stati, però, non tassano i rendimenti, pertanto, la soluzione sarebbe un cambio di residenza fiscale proprio in questi Stati.
Sarebbe possibile non essere costretti ad effettuare la dichiarazione dei redditi e dunque non dover pagare nulla al Fisco. Sorge il problema di dover far fronte alle spese relative al cambio di residenza, poiché si dovrebbero sostenere dei costi inerenti al trasferimento e all’acquisto o affitto di un’abitazione. Per non parlare di tutti gli altri costi relativi al trovarsi un lavoro, per poter mantenere la residenza, o comunque, cercare di essere in regola con le norme dello Stato in questione.
Gli ETF e la tassazione sulle rendite finanziarie
In questo video trovi una spiegazione dettagliata degli ETF e del loro funzionamento, ma anche delle potenzialità di questo straordinario prodotto finanziario:
Ora ti chiediamo: è possibile sfruttare gli ETF per evitare il pagamento della tassazione sulle rendite finanziarie?
In realtà, non si tratta proprio di evitare il pagamento delle imposte, quanto piuttosto di posticipare tale esborso più in là possibile nel tempo. Questo moderno strumento, infatti, consente di poter attendere l’accumulo delle rendite utili, per poi pagare le tasse sulle plusvalenze dovute solo nel momento in cui avrai raggiunto un determinato profitto.
Bisogna valutare quando verrà posticipato il pagamento delle imposte e cosa questo comporti. Pagare le tasse dopo non consente di eliminarle del tutto quanto, piuttosto, di rimandare il fatidico momento.
Il cambio della residenza fiscale risulta, dunque, essere l’unica soluzione funzionale all’eliminazione della tassazione sugli investimenti. Tutti gli altri metodi non fanno altro che allontanare il problema o al massimo ridurlo, senza mai eliminarlo completamente.
Gli ETF, in ogni caso, sono una delle migliori soluzioni a tua disposizione: si tratta di strumenti efficienti che danno molte soddisfazioni se vuoi vedere il tuo portafoglio crescere nel tempo.
Investire nei PIR per non pagare le tasse
I Piani Individuali di Risparmio a lungo termine (PIR), mantenuti in essere per un minimo di cinque anni, sono esenti dalla tassazione, consentono cioè di evitare il pagamento di imposte o tasse sugli investimenti. Per beneficiare dell’agevolazione, vanno rispettate diverse condizioni:
- mantenere l’investimento per almeno 5 anni;
- garantire che almeno il 70% del portafoglio sia investito in azioni e obbligazioni emesse da società italiane o europee con stabile organizzazione in Italia;
- di questo 70%, almeno il 30% deve essere investito in società non incluse nell’indice azionario FTSE MIB (o indici equivalenti) e il 5% in società non incluse nell’indice FTSE Mid Cap (o equivalente);
- su una singola società emittente non può essere investito più del 10% del PIR;
- ciascuna persona fisica può essere titolare di un solo PIR nel quale può investire non più di 40.000 euro all’anno (il minimo è di 500 euro), entro un limite complessivo di 200.000 euro.
PIR alternativi
Esistono anche i PIR alternativi che contengono una quota più elevata di titoli emessi da società italiane di minore dimensione e negoziati su mercati poco liquidi o non quotati. Almeno il 70% del piano deve essere composto da strumenti finanziari di società italiane o europee con organizzazione in Italia non incluse negli indici FTSE MIB, FTSE Mid-Cap o equivalenti.
Si tratta di strumenti meno liquidi e più rischiosi rispetto ai PIR ordinari. I limiti massimi di investimento sono più elevati rispetto ai PIR ordinari: 300.000 euro l’anno, per un totale non superiore a 1.500.000 euro.
L’agevolazione fiscale per tutti i PIR (ordinari o alternativi) consiste nell’esenzione sia dalla tassazione dei guadagni (da capital gain e dividendi) derivanti dagli investimenti effettuati in tali piani individuali sia dall’imposta di successione.
Per costituire un PIR hai fondamentalmente due possibilità:
- puoi ricorrere a strumenti del risparmio gestito (fondi comuni, polizze assicurative da investimento e gestioni patrimoniali) per i quali gli intermediari si occupano del rispetto delle condizioni necessarie ad ottenere il beneficio fiscale;
- in alternativa puoi costituire personalmente un PIR, aprendo un deposito titoli con un intermediario; in questo caso sarai tu a farti carico del compito di rispettare le sopra citate regole.
Tassazione investimenti: la tassazione per singola operazione
Si tratta di una tipologia di tassazione differente. Le tasse non vengono pagate al momento della dichiarazione dei redditi, ma nel corso dell’anno, ossia nel momento in cui viene conclusa ogni singola operazione.
Nel caso in cui l’intermediario, ovvero il contribuente che deve mettersi in regola con il Fisco, sia proprietario di più titoli da tassare, il totale che viene tassato si ottiene sommando questo e tutti i titoli con il valore medio ponderato degli utili che si possiedono.
È importante rivolgersi ad un intermediario finanziario competente che in seguito al pagamento delle imposte è tenuto a rilasciare una specifica documentazione al titolare effettivo degli utili.
Questo sistema consente, inoltre, di compensare le plusvalenze e le minusvalenze su qualsiasi operazione effettuata nello stesso periodo, seppur con titoli diversi, oppure di compensare guadagni o perdite derivanti da rapporti patrimoniali che sono sottoposti a differenti regimi fiscali.
Le tassazioni finanziarie estere
Il mercato finanziario ha subito un boom grazie alla possibilità di effettuare una diversificazione dei titoli posseduti all’interno del proprio portafoglio.
Si è posto pertanto il problema della regolamentazione relativa alla tassazione. In questo caso per la tassazione dei proventi entra in gioco, non solo il regime fiscale previsto nel Paese che eroga gli utili, ma la tassazione italiana, la normativa comunitaria generale e persino le convenzioni internazionali applicabili in materia stipulate tra i vari Stati.
Aspetto che tutti dovrebbero conoscere è il fatto che il soggetto contribuente può usufruire del credito di imposta per tutti quei redditi che vengono dallo stesso prodotti nel Paese estero erogante.
Il consiglio in questo caso è quello di rivolgersi a un intermediario finanziario per applicare le imposte, le ritenute necessarie al momento dell’erogazione e degli utili. In tal caso il soggetto potrebbe dover indicare nella dichiarazione dei redditi somme in acconto che non sono state già scomputate.
Nel caso in cui, invece, il sostituto d’imposta effettua il pagamento a titolo definitivo, il contribuente non avrà l’onere di indicare il reddito neppure nella dichiarazione dei redditi.
Come evitare la doppia tassazione
Per molti anni coloro che hanno iniziato a investire nei mercati esteri hanno subito una doppia tassazione sia da parte del Paese d’origine che da parte del Paese nel quale sono state effettuate le operazioni finanziarie.
Nasce dunque la necessità di stipulare delle convenzioni internazionali che regolino la materia della doppia tassazione. Vale a dire la doppia imposizione fiscale di due o più Stati relativa alla medesima ricchezza. Le convenzioni internazionali che sono nate costituiscono degli accordi fra Stati, che stabiliscono in maniera definitiva di imporre al soggetto, che percepisce gli utili, la tassazione necessaria.
Nell’ultimo periodo viene prevista una sorta di ripartizione della potestà tributaria con l’imposizione nei confronti del soggetto di una tassa doppia seppur ridotta.
Inoltre, qualora lo Stato non abbia esentato il soggetto dal pagamento della tassa, lo stesso può considerare il pagamento quale credito d’imposta. C’è la possibilità di ottenere una detrazione dell’IRPEF o dell’Ires pari a quella che è stata pagata all’estero.
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Cosa sapere sulla tassazione dei tuoi investimenti? Domande frequenti
Come vengono tassati i fondi di investimento?
I fondi comuni di investimento sono tassati in due modi. L’imposta sul rendimento prevede che i rendimenti ottenuti siano tassati con un’aliquota del 26% al momento del rimborso delle quote o della vendita. I titoli di stato italiani o appartenenti alla “white list” beneficiano di una tassazione agevolata del 12,5%. La ritenuta alla fonte, invece, viene gestita direttamente dall’intermediario finanziario (banca o SGR), quindi non è necessario dichiarare autonomamente questi redditi.
Informazioni importanti:
- Tassazione al 26%
- Tassazione al 12,5% per i titoli della “white list”
Come dichiarare i propri investimenti?
La modalità di dichiarazione dei tuoi investimenti dipende dalla gestione fiscale. Se utilizzi un intermediario che si occupa anche della tassazione, come nel regime del risparmio amministrato o del risparmio gestito, non devi dichiarare autonomamente le imposte; l’intermediario gestisce tutto e ti fornisce i report necessari. Se invece non hai un intermediario che gestisce la tassazione, dovrai includere gli investimenti nella tua Dichiarazione dei Redditi e calcolare e pagare le imposte dovute da solo.
Informazioni importanti:
- Dipende dalla gestione fiscale e dall’ausilio o meno di un intermediario
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