Gli esempi di Papa Francesco e Mattarella
Anche le malattie dei potenti aiutano a capire di che pasta è fatto un Paese. Il taccuino di Guiglia.

Anche le malattie dei potenti aiutano a capire di che pasta è fatto un Paese. Il taccuino di Guiglia
Anche le malattie dei potenti aiutano a capire di che pasta è fatto un Paese. Nell’era digitale, quando basta un clic per sapere vita, morte e miracoli di chiunque, persino la Real Casa del Regno Unito, che della riservatezza aveva tentato, inutilmente, di farsi scudo, ha capitolato alla verità dei fatti e della vita. Raccontando “urbi et orbi” il cancro, le cure e la ripresa di Re Carlo, così come per Kate Middleton, moglie dell’erede al trono William.
È finito il tempo dei mitici “raffreddori” di cui negli anni Ottanta i sovietici riferivano fossero stati colpiti i capi dell’Urss e del Partito comunista – da Leonid Breznev a Yuri Andropov -, che non apparivano in pubblico per giorni. Salvo l’arrivo del comunicato ufficiale: quegli scomparsi per il resto dell’umanità erano nel frattempo passati a miglior vita.
Nei regimi la malattia di Stato continua a essere un segreto, sia pure di Pulcinella. Ma nel mondo libero e occidentale a cui abbiamo la fortuna e la felicità di appartenere, i recenti 37 giorni del ricovero di Papa Francesco al Gemelli per un’insidiosa polmonite sono stati seguiti da tutti con apprensione e preghiere. Lo stesso, attento affetto s’è diffuso non appena è giunta la notizia che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sarebbe stato operato al Santo Spirito, sempre di Roma, la sera di martedì scorso per l’impianto, programmato da tempo, di un pacemaker. Intervento riuscito, “le sue condizioni sono stabili e non destano alcuna preoccupazione”, fanno sapere i medici e il Colle fra i messaggi di pronta guarigione inviati dai politici di ogni parte. Sta bene e ha letto i giornali, aggiungono, e tanto basta, come accaduto per il Papa ora alle prese coi suoi impegni con gradualità, per far tirare un sospiro di sollievo a tutti.
Il Papa e il Presidente, entrambi ottantenni e finiti in ospedale a pochi giorni l’uno dall’altro. Ma non è questa la circostanza che li accomuna agli occhi degli italiani. Neppure che facciano parte delle nostre vite da più di dieci anni, quasi due familiari.
In realtà nel mondo che fra guerra e dazi, fra le mattanze di Putin e le mattane di Trump è in piena tempesta, quei due punti di riferimento ci appaino rassicuranti e affidabili. Rappresentano, ciascuno a suo modo e nel suo ambito, una solida certezza, a prescindere da qualsiasi credo religioso o politico. Sono personaggi credibili, caratteristica sempre più rara in un tempo che alla cialtroneria, alla menzogna e alla prepotenza riserva tanto spazio.
Non è retorica riaffermare l’importanza dei valori. E i valori sono frutto anche della saggezza, della sapienza, dell’esperienza di chi ha vissuto e vive intensamente e si pone al servizio degli altri. Succede che gli altri percepiscono la sincerità e il coraggio dell’andare controcorrente, parlando solo di pace nell’era di guerra -il Papa-, o dicendo pane al pane e Putin a Putin, come fa Mattarella per ricordare agli ignavi la differenza tra chi aggredisce e chi è aggredito.
Nell’epoca della grande incertezza, del Papa e del Presidente gli italiani si fidano.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova
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