Gli effetti dei dazi sull’Italia. Ansia fra gli industriali. La Lega: “Negoziare subito”
Prevale nel governo la linea di chi non vuole lo scontro con gli Stati Uniti. Orsini (Confindustria): “La trattativa sia europea”. Vertice Elkann-Trump

Roma, 2 aprile 2025 – Al Vinitaly di Verona l’attesa è febbrile. E la stessa atmosfera avvolge ogni distretto politico ed economico del Paese, incluse le regioni governate dal centrodestra. Donald Trump contro resto del mondo. I dazi americani alle merci straniere, che il presidente degli Stati Uniti ufficializzerà stanotte alle 22, trovano l’Italia paralizzata. Normale, per un Paese ultra esportatore dalla meccanica al food. “Il 40% del nostro Pil è di export. Siamo la quarta potenza commerciale mondiale”, riassume il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Giorgia Meloni, ieri silenziosa, ma in questi mesi sempre fautrice di una stretta relazione con la Casa Bianca, oggi consegnerà il premio Maestro dell’Arte della Cucina Italiana. Un riconoscimento alla nostra gastronomia: un mondo che adesso trema al pari di altri settori. L’idea di essere potenzialmente tra i Paesi più danneggiati suggerisce anticipati schemi di reazione. “Non dobbiamo piegare la testa, ma neanche essere antiamericani. Bisogna trovare una soluzione che permetta a tutte le imprese italiane di non subire danni. I dazi non fanno bene a nessuno”, spiega ancora Tajani.
La differenza principale con il resto d’Europa, a partire dal termine “vendetta” utilizzato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, è proprio la volontà di non rompere con gli Stati Uniti. Usando un linguaggio conciliante a dispetto delle bordate di Washington. Il vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini getta plateali ponti oceanici. “Dobbiamo commerciare e dialogare. I dazi sui prodotti europei ci sono da anni, non li ha inventati Trump – dichiara il leader del Carroccio –: bisogna ridurre i danni e l’impatto sulle aziende Italiane. Io sto facendo il mio ogni volta che parlo con un interlocutore Usa”. Ma alle aziende esportatrici del Nord potrebbe non bastare. Con tanti saluti alle relazioni intrecciate e al rapporto coi territori governati. E la segretaria del Pd Elly Schlein accusa il governo di “abbassare la testa”.
Stando alle anticipazioni Bloomberg, il vicepresidente americano JD Vance sarà a Roma dal 18 al 20 aprile. Un calibrato e sospetto tempismo. “Diplomazia”, è la parola d’ordine a Palazzo Chigi. Sognando una soluzione negoziata, specie nel caso in cui Trump annunciasse un sistema di dazi misto, con livelli mirati a singoli Paesi o gruppi di Paesi, anziché una misura universale. E se la visita di Vance servisse invece a disarticolare l’Unione europea partendo da Roma? Tajani si mette di traverso. Il tema dazi “è competenza Ue, l’Italia non può fare da sé: possiamo avere una politica commerciale nazionale, ma i dazi li fa l’Europa”.
L’esempio (auspicato) è proprio il vino. Se non fosse tra i beni colpiti sarebbe anche grazie al pressing italo-fancese su Bruxelles per escludere il whisky Usa dalla lista dei beni da sanzionare tutelando in anticipo i produttori vinicoli italiani e francesi. “Non ho dubbi, il negoziato deve essere europeo, perché non può essere che ogni Paese si metta a fare un negoziato – è anche la posizione del presidente di Confindustria Emanuele Orsini –. Noi abbiamo bisogno che ci sia tenuta complessiva. Non ci possiamo permettere che l’Europa si divida”.
Solo le multinazionali come Stellantis possono infatti muoversi in autonomia. Vedi incontro di John Elkann con Trump sui timori dei colossi auto “per l’accessibilità dei prodotti made in America” e le “ripercussioni che questa incertezza avrà sulla domanda”. Tutti gli altri attori medi e piccoli aspettano di capire e intanto simulano scenari e impatti. “Se il caffè sarà una delle categorie merceologiche su cui i dazi verranno imposti, valuteremo la possibilità di produrre negli Usa per il mercato interno”, ammette Cristina Scocchia, a.d. di Illy. Cioè il vero sogno di Trump: costringere le aziende Ue ad aprire negli Stati Uniti.