Giorgio Mulè (Forza Italia) a TPI: “Senza Difesa non può esserci Welfare”

Onorevole Mulè, con Donald Trump alla Casa Bianca siamo entrati in un’era di dazi. C’è di che essere preoccupati? «I dazi sono un modo violento e sbagliato per provare a regolare un sistema che secondo gli Stati Uniti va aggiustato. Sono il contrario di quello che predichiamo dall’inizio del Novecento con il liberismo, vale a […]

Apr 24, 2025 - 10:08
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Giorgio Mulè (Forza Italia) a TPI: “Senza Difesa non può esserci Welfare”

Onorevole Mulè, con Donald Trump alla Casa Bianca siamo entrati in un’era di dazi. C’è di che essere preoccupati?
«I dazi sono un modo violento e sbagliato per provare a regolare un sistema che secondo gli Stati Uniti va aggiustato. Sono il contrario di quello che predichiamo dall’inizio del Novecento con il liberismo, vale a dire un’attività di libero scambio basata sull’iniziativa privata senza l’intervento dello Stato. Dal punto di vista pratico, le tariffe sulle importazioni producono una serie di “peccati capitali”: mancata crescita, diminuzione dei profitti, calo della produttività, aumento della disoccupazione, delle diseguaglianze sociali e delle tensioni globali». 

Dopo il «Liberation Day», seguito da crolli su pressoché tutti i mercati finanziari globali, Trump ha messo il provvedimento parzialmente in stand-by per 90 giorni.
«A fronte di un’iniziativa improvvida nella sua gestazione e tragica nella sua applicazione, i migliori giudici come sempre sono stati i mercati, da una parte, e il buonsenso, dall’altra. I mercati perché hanno soffocato nella culla questo disegno, il buon senso perché Trump aveva sottovalutato il tema della sostenibilità del debito pubblico statunitense rispetto alla sua politica commerciale a dir poco stravagante. L’effetto immediato è stato che coloro che detengono i titoli di Stato degli Usa hanno cominciato a vendere, facendo intravedere ciò che potrebbe accadere qualora il debito americano non venisse più comprato: una tragedia per l’economia globale. Ora bisogna vedere se da questo ripensamento si passerà al rinsavimento da parte di Trump».

Pensa che Trump si stia dimostrando un presidente poco lucido?
«Gli americani non sono un popolo improvvido che si affida a un pazzo. Trump è stato votato democraticamente, dopo una lunghissima campagna elettorale e dopo tutto quello che è avvenuto nei quattro anni di presidenza di Joe Biden. Semmai ho timori sulle figure che stanno intorno a Trump e sulla loro corretta visione delle cose. Credo che il presidente si sia circondato di cattivi o pessimi consiglieri che gli hanno fatto prendere scelte sbagliate in vari campi, tra cui quello economico. Il problema penso sia la squadra: puoi anche avere un bravo centravanti, ma se intorno la squadra non gioca a pallone non vai lontano».

Meloni ha recentemente fatto visita alla Casa Bianca. Che ruolo può giocare la premier italiana nei rapporti fra Trump e l’Europa?
«La premier Meloni ha un rapporto personale con Trump. Il senso della sua visita a Washington era quello di portare avanti una moral suasion nei confronti del presidente per fargli capire che la forza dell’Europa è tale che non può essere disgregata con la politica degli accordi bilaterali con i singoli Stati. Bisogna evitare una guerra commerciale e cercare di tenere rapporti che stimolino gli scambi tra i due continenti, anziché mortificarli».

In Europa il tema del riarmo è diventato cruciale. Aumentare le spese per la difesa è davvero una necessità improrogabile?
«Chi lo contesta rifiuta di vedere una realtà lampante, e cioè che la capacità militare dell’Italia è insufficiente a sostenere non solo una guerra, ma anche la mera difesa dei confini e del territorio nazionale, compresa la difesa cibernetica dei nostri dati. Chi non riconosce quest’esigenza, a maggior ragione se ricopre un incarico istituzionale come quello di parlamentare, non sta facendo l’interesse dell’Italia e vuole di fatto condannare il nostro Paese a una forma di sottomissione militare che può rivelarsi tragica». 

Perché?
«I dati sono inoppugnabili. Gliene cito tre. Primo: abbiamo un esercito di 90mila persone, mentre secondo un impegno già assunto con la Nato – che nulla c’entra con quello sulla spesa militare al 2% del Pil – dovremmo garantire entro un anno un esercito di 145mila soldati. Non solo: l’età media nel nostro esercito è superiore ai 40 anni, quando invece l’età media di un soldato dovrebbe essere sui 27-28 anni. Quindi abbiamo pochi soldati, mal equipaggiati e per giunta anziani. Secondo: la Marina non ha sufficiente personale da imbarcare sulle proprie navi per le sue missioni in giro per il mondo. Lei pensi che la Francia dispone di 2,5 equipaggi per nave, mentre noi solo 1. Significa che un nostro militare della Marina resta imbarcato anche per 6 o 7 mesi e deve poi risalire sulla stessa nave dopo una pausa di appena un mese, mentre per la Marina francese il periodo a bordo dura circa due mesi. Terzo: come Italia, disponiamo di cinque batterie per la difesa aerea Samp-T. Di queste, due sono le abbiamo inviate all’Ucraina, una è impiegata in Medio Oriente, una è in manutenzione e solo una è attiva in Italia. Risultato: con il nostro attuale sistema di difesa aerea, la nostra capacità di respingere un eventuale attacco va dalle 3 alle 6 ore. Non di più. A fronte di questo, è inaccettabile una retorica pacifinta che va contro la ragione».

Secondo lei esiste un rischio serio di attacco dall’esterno?
«Certo, la geopolitica ci dice che, da un momento all’altro, in base per esempio a ciò che accade tra Cina e Taiwan, potremmo essere immediatamente chiamati ad avere un ruolo su quel quadrante. Sono talmente tante le aree di crisi che è ovvio che l’Italia possa essere esposta anche dal punto di vista militare. Il sistema oramai è di questo tipo.  Il fatto che i Paesi baltici siano pronti a una guerra è lo stesso scenario che ritenevamo impossibile quando la Russia ha invaso l’Ucraina: persino davanti a Mosca che schierava 120mila soldati vicino alle frontiere, noi pensavamo che non avrebbe mai invaso. Sappiamo com’è andata poi…». 

Come possono gli italiani prendere coscienza di questa urgenza?
«Bisogna capire che quelle per la difesa non sono spese pazze belliciste, ma necessarie per proteggere ospedali, asili, scuole. O capiamo questo o non risolveremo il problema. Gli investimenti in difesa non escludono quelle legate al Welfare. La costruzione di una scuola non esclude quella di un sistema di difesa». 

Non ritiene che l’Occidente debba fare un esame di coscienza e riflettere sugli errori commessi in questi anni?
«Abbiamo dormito, pensando che i valori di democrazia e libertà non potessero mai essere messi in discussione. Nulla di più sbagliato, perché nel frattempo la capacità offensiva di Paesi come Iran, Corea del Nord, Russia e Cina andava avanti in una logica di armamento che noi abbiamo totalmente sottovalutato. Per quattordici giorni la Russia ha attaccato sul fronte cibernetico obiettivi strategici italiani, legati a ministeri e infrastrutture, dimostrando una capacità di penetrazione che dovrebbe terrorizzarci ma che invece continuiamo a sottovalutare. Ha idea di cosa può accadere se vengono presi di mira i sistemi bancomat? Noi non abbiamo un piano per situazioni di questo tipo: non siamo al sicuro e siamo totalmente impreparati, come avvenne per il Covid».

Il Governo non ha questa priorità?
«È arrivata l’ora di pensare a un organismo, al pari dei famosi quattro “domini” – terreste, navale, spaziale, aeronautica –, che sia dedicato solo alla cyberiscurezza e che archivi l’attuale sistema pulviscolare, in cui ci sono svariate entità divise che non hanno un coordinamento comune». 

Tornando alla questione occidentale, pensa che la Nato in questi anni abbia sbagliato nella sua cosiddetta politica espansionista, provocando in qualche modo Putin?
«La postura offensiva della Nato è il principale alibi di Putin. In questi anni la Nato ha fatto ciò che era necessario dal punto di vista della deterrenza per far capire alla Russia che, se mai avesse attaccato uno degli Stati dell’Alleanza, avrebbe trovato un sistema coeso e capace di respingerla. Non a caso Putin ha attaccato l’Ucraina, un Paese che non è membro della Nato. Adesso bisogna trovare un nuovo equilibrio, riscoprendo lo spirito che fu di Pratica di Mare, per mettere un punto alla proliferazione di atteggiamenti che possono essere percepiti come aggressivi».  

Alcuni osservatori dicono che la Nato, decaduto il Patto di Varsavia, non abbia più senso di esistere. È così?
«Assolutamente no. Bisogna affiancare alla Nato un sistema innovativo di difesa legato all’Unione europea superando la dipendenza dagli Stati Uniti. Nel tempo, poi, si potrà superare anche la Nato per arrivare a un sistema tutto basato sull’Europa con capacità, all’interno dell’Europa, di reazione e di controllo». 

Veniamo alle questioni interne. Quali sono i fianchi scoperti su cui il Governo deve ancora lavorare?
«Non farò come quell’oste che dice sempre che il proprio vino è il più buono. Sappiamo perfettamente che ci sono ambiti su cui intervenire».  

Qualche esempio?
«Spesso in Italia manca efficacia nell’esecuzione degli investimenti programmati: la riforma dell’autonomia regionale, nell’ottica di una responsabilizzazione che renda effettiva la spesa, va in questa direzione. Posso citare poi la giustizia, dove stiamo facendo grandi passi in avanti ma dobbiamo continuare a essere determinati. E poi dobbiamo essere più determinati nel trovare forme innovative per attrarre le imprese, stimolando la crescita attraverso un ripensamento della politica industriale italiana. Che significa per esempio puntare sull’industria farmaceutica, sulla tecnologia, creando dei centri di eccellenza che guardino all’Italia del 2050. Nel complesso, se devo dare un giudizio su quanto sta facendo questo Governo, vedo il bicchiere pieno a tre quarti».

Lei ha denunciato importanti casi di malasanità in Sicilia. Nel nostro Paese si spende tantissimo in cure e molto poco in prevenzione e c’è un problema di carenza di personale sanitario. Su quali aspetti bisogna intervenire con più urgenza?
«La prevenzione è sempre la miglior cura. Qualsiasi cronicizzazione di una malattia è conseguenza di una scarsa prevenzione. Tra le battaglie che ho intrapreso e vinto, c’è quella per una campagna nazionale di screening su tutta la popolazione pediatrica per rilevare patologie di diabete-1 e celiachia. Un’altra legge che faremo riguarda le malattie croniche renali. Nel nostro Paese abbiamo 45mila dializzati, che rappresentano lo 0,1% della popolazione servita dal Servizio Sanitario nazionale ma incidono per il 2% sui costi del Ssn: intervenendo, come prevede la legge in lavorazione, sulla prevenzione per le persone a rischio, si potrebbero risparmiare centinaia di milioni di euro all’anno e garantire a queste persone una vita diversa. Le Regioni in tutto questo sono fondamentali, ma è importante anche il ruolo del privato, che – affiancandosi al pubblico, non sostituendolo – può assicurare prestazioni di eccellenza, divenendo parte di un sistema moderno, anche attraverso la costruzione di case di prossimità su base territoriale per sostituire il vecchio concetto di ospedale».

L’opposizione sta svolgendo bene la propria funzione?
«Vedo un’opposizione inconcludente ed egoista, con partiti che non riescono a trovare alcuni punti comuni su cui potersi presentare come alternativa di governo. Se continuano a differenziarsi su temi come il sociale e la politica internazionale, dimostrano immaturità. E il centrodestra continuerà ad essere in vantaggio, cosa che non può che farmi piacere».