Galapagos d’Africa: le incantevoli isole da scoprire in uno dei Paesi meno visitati del mondo
A volte il silenzio parla più di mille parole. A São Tomé e Príncipe, isole adagiate nell’Atlantico al largo della costa centro-occidentale africana, il silenzio si rompe solo all’alba, quando i pappagalli grigi iniziano a cinguettare e le scimmie mona si muovono tra i banani, si capisce che la natura qui detta il ritmo. E...

A volte il silenzio parla più di mille parole. A São Tomé e Príncipe, isole adagiate nell’Atlantico al largo della costa centro-occidentale africana, il silenzio si rompe solo all’alba, quando i pappagalli grigi iniziano a cinguettare e le scimmie mona si muovono tra i banani, si capisce che la natura qui detta il ritmo. E tu puoi solo adeguarti.

Bandiera di São Tomé e Príncipe
Queste isole, che qualcuno ha definito “le Galápagos d’Africa”, custodiscono una biodiversità rara e straordinaria. Eppure, ogni anno, appena 35.000 persone mettono piede in questo angolo del mondo. Una cifra minuscola se paragonata ai flussi turistici delle sorelle ecuadoriane, che accolgono dieci volte tanti visitatori.
São Tomé e Príncipe è uno degli stati meno visitati del pianeta. Un piccolo arcipelago – venti isole, due maggiori – posto nel cuore del golfo di Guinea, a 240 chilometri dalle coste del Gabon. Un posto dimenticato dalle rotte del turismo di massa, che ha scelto un’altra strada. Quella dell’ecoturismo.
L’arcipelago di São Tomé e Príncipe, con le sue isole incontaminate, rappresenta uno degli ultimi angoli di paradiso che l’uomo non ha ancora trasformato in un prodotto da consumare, a differenza di molte altre destinazioni turistiche. Le spiagge di sabbia bianca, le foreste lussureggianti e i vulcani che emergono maestosi dalle terre verdi raccontano una storia di resistenza e speranza, una storia che affonda le sue radici nella terra stessa.
Dove nascono i draghi
Il cuore pulsante di questa rivoluzione silenziosa si chiama HBD Príncipe. Un nome curioso, che in realtà nasconde una dichiarazione d’intenti: Here Be Dragons, “qui ci sono i draghi”, come si scriveva sulle vecchie mappe per indicare terre sconosciute e misteriose.
L’artefice di questa visione è Mark Shuttleworth, imprenditore sudafricano e viaggiatore del mondo. Quando ha messo piede a Príncipe per la prima volta, ha visto qualcosa che altri avevano ignorato: la possibilità di costruire un modello di sviluppo diverso, fondato sulla tutela dell’ambiente e sull’inclusione delle comunità locali. Non una semplice struttura turistica, ma un sistema, un’idea replicabile.
Oggi, HBD è il principale datore di lavoro dell’isola. Gestisce quattro resort, una piantagione biologica di cacao – Paciência Organic – che produce cioccolato e cosmetici naturali, e finanzia progetti sociali e ambientali attraverso la Fondazione Príncipe. Un’impresa che in 15 anni ha investito oltre 100 milioni di dollari nel paese, e che ora riceve premi e riconoscimenti, come il Travel + Leisure 2025 Global Vision Award.
Un paradiso che si protegge
Sundy Praia è il fiore all’occhiello della collezione. Quindici ville-tenda immerse tra la giungla e la spiaggia, dove la natura è presenza costante e viva. Ogni mattina, chi si sveglia qui non ha bisogno di una sveglia: ci pensa la foresta.

Sundy Praia @principecollection.com
Poi ci sono Roça Sundy, che racconta la storia del cacao attraverso tour nei campi e negli impianti di lavorazione; Bom Bom, il primo hotel dell’azienda, affacciato sull’oceano e riaperto nel 2023 dopo un lungo restauro; ed Omali, a São Tomé, l’unico punto d’appoggio sull’isola che ospita l’aeroporto internazionale.

Roça Sundy @principecollection.com

Bom Bom @principecollection.com

Omali @principecollection.com
Chi sceglie di soggiornare in uno di questi luoghi contribuisce direttamente alla conservazione dell’ecosistema. Ogni notte include una tassa di 26 dollari, destinata a progetti locali: dal monitoraggio delle barriere coralline alla tutela dei nidi di tartaruga marina, fino a borse di studio per i giovani.
A partire dal 2024, è attivo anche Natural Dividend, una fondazione che premia economicamente gli abitanti che si impegnano a preservare la natura dell’isola. “È una sorta di reddito di base universale”, spiega Jorge Alcobia, che guida l’iniziativa. “Paghiamo chi sceglie di proteggere il proprio ambiente invece che sfruttarlo.”
Tra vulcani e piantagioni
Il passato coloniale si sente ancora, ma in modo diverso. Le vecchie case dei piantatori ora accolgono turisti, gli alberi di cacao crescono accanto alle strutture in legno dei nuovi progetti. Il contrasto è forte, ma armonioso, e soprattutto reale.
São Tomé e Príncipe ha una storia lunga e complessa. Scoperte dai portoghesi nel 1471, le isole sono state trasformate in piantagioni di canna da zucchero, poi di cacao. Per lungo tempo sono state uno dei principali produttori mondiali di cioccolato, poi dopo l’indipendenza – ottenuta nel 1975 – la crisi economica ha colpito duramente, con picchi di disoccupazione che arrivarono all’80%. L’idea di disboscare per fare spazio a delle piantagioni di palma sembrava, a un certo punto, l’unica via. Invece no, venne respinta, e da quel no è nato tutto.
Una nuova generazione
“Quando i primi bianchi sono tornati qui, dieci anni fa, la gente non era contenta”, racconta Wuilber Tavares, guida locale, visto il passato coloniale del posto, “Poi hanno visto che non erano qui per prendere, ma per restituire. Ora abbiamo una nuova generazione, che vuole imparare, partecipare e crescere.”
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