Fuga dal dollaro, la valuta statunitense non è più considerata safe heaven

Il ruolo del dollaro come valuta di riserva globale non è più un dogma indiscusso. E mentre l’Occidente si trova a fronteggiare questo lento ma costante cambio di paradigma, l’Est si prepara a raccoglierne i frutti. L'articolo Fuga dal dollaro, la valuta statunitense non è più considerata safe heaven proviene da FundsPeople Italia.

Apr 23, 2025 - 17:16
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Fuga dal dollaro, la valuta statunitense non è più considerata safe heaven

Il dollaro, storicamente baluardo di stabilità finanziaria e riserva di valore globale, oggi si trova in un momento di profonda trasformazione. L’intreccio tra dinamiche di mercato, evoluzioni geopolitiche e mutamenti strutturali nella fiducia degli investitori internazionali suggerisce che l’egemonia del biglietto verde non sia più così scontata. I segnali di questo cambiamento sono molteplici, a partire dalla recente fuga dai Treasury, un fenomeno che, pur silenzioso, sta scuotendo le fondamenta della finanza globale.

Come osserva Alessio Garzone, portfolio manager di Gamma Capital Markets, “i Treasury USA trattati come titoli spazzatura” non è solo una provocazione, ma un riflesso crudo di ciò che sta succedendo: vendite in massa di asset americani, Treasury inclusi, e un dollaro che perde il suo appeal globale.

Euro/Dollaro

Fonte: Tradingview.

La miccia è tecnica, ma l’esplosione è sistemica. Al centro della crisi, come spiega Garzone, c’è il basis trade, una strategia di arbitraggio diventata una trappola micidiale a causa della volatilità. Hedge fund iper-leveraggiati sono stati costretti a vendere Treasury in massa dopo richieste di margini non più sostenibili. Il risultato? Un mercato in panico e rendimenti decennali schizzati oltre il 4,4% in poche ore. Una dinamica che, storicamente, ha preceduto gravi stress sistemici: dal crollo LTCM nel 1998 alla “dash for cash” del 2020.

Fed alla finestra

In questo scenario, dov’è la Fed? La domanda è lecita: nel 2020 intervenne con forza per riassorbire liquidità e stabilizzare i mercati. Ma oggi, tra prudenza politica e un’inflazione ancora insidiosa, Jerome Powell tentenna. Nel frattempo, il sistema scricchiola e la fiducia nel dollaro si erode. Non è un caso che le Banche centrali globali abbiano acquistato oltre 3 mila tonnellate di oro dal 2020, come ulteriore rifugio. Soltanto nel 2024, l’oro ha guadagnato il +27 per cento.

Ascesa dell’oro

Dietro l’oro, un segnale geopolitico chiaro: la de-dollarizzazione è iniziata. Paesi come la Cina, la Turchia e persino la Polonia stanno riducendo drasticamente l’esposizione ai Treasury USA, convertendo dollari in oro, risorse strategiche o valute locali. La Cina, in particolare, ha tagliato le sue riserve in bond americani da oltre 1.300 miliardi a meno di 800, aprendo un pericoloso vuoto nella domanda per il debito USA. Come nota ancora Garzone, “il ricatto del dollaro non funziona più come un tempo”. La reazione? Silenziosa ma decisa: accordi in valute alternative, meccanismi di pagamento bilaterali, e persino i BRICS che studiano una valuta comune.

Il timore stagflazione

Sul piano macro, Mark Dowding, CIO di RBC BlueBay AM, sottolinea un contesto ancora più preoccupante: la politica commerciale statunitense, con il ritorno dei dazi (fino al 10%) e il desiderio strategico di disaccoppiamento dalla Cina, sta introducendo uno shock stagflazionistico difficile da gestire. I rendimenti obbligazionari a lungo termine salgono, le aspettative di crescita calano, e le banche centrali si ritrovano con le mani legate. Il risultato? Una fuga dagli asset in dollari, accompagnata da una maggiore attenzione alle valute alternative, come lo yen giapponese, e agli asset reali come l’oro.

Il contesto azionario non aiuta. Giacomo Calef, country head Italy per NS Partners, sottolinea come le valutazioni degli indici USA siano elevate rispetto ai fondamentali: l’S&P 500 viaggia su un forward P/E di 20,5, il Nasdaq a 25,3, mentre l’Europa, rappresentata dallo Stoxx 600, appare molto più value, con un P/E di 12,7. In altre parole, anche gli investitori azionari iniziano a preferire mercati percepiti come meno rischiosi e più convenienti rispetto agli Stati Uniti.

In conclusione, il dollaro non è morto, ma come osserva Garzone, la partita è aperta come non mai. Gli Stati Uniti stanno vivendo una perdita di fiducia che non è solo ciclica, ma strutturale e geopolitica.

Categoria MorningstarYTD%Rend. 1Y %Rend. 3Y %Rend. 5Y %
Monetari CHF1,636,413,942,9
Monetari GBP-3,573,382,812,69
Monetari USD-7,69-1,172,761,72
Monetari EUR0,443,372,581,38
Fonte: Morningstar Direct al 13 aprile 2025. Dati in euro

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