Fare a meno degli Usa (aspettando che gli passi)
Nell’impossibilità di pianificare, ci si può solo allontanare dal tavolo della roulette cercando di perdere il minor numero di fiches possibile L'articolo Fare a meno degli Usa (aspettando che gli passi) proviene da Economy Magazine.

La cosa è disperante: c’è un toro in un negozio di cristallerie che si agita scompostamente, non si capisce cosa voglia, non si sa se e quanto (e come) deciderà di calmare il proprio desiderio di rompere tutto, non si sa perché lo fa. Peccato che su quel negozio di cristalleria, cresciuto da tutti nel tempo con attenzione quasi materna, ci stiamo campando tutti, o direttamente o, comunque, indirettamente. Fare previsioni sulle prossime mosse Usa è totalmente impossibile, gli ordini e i contrordini si susseguono senza soluzioni di continuità, una dimensione temporale sicura non c’è, neanche quando arrivano i contrordini. Non bastasse, ogni giorno c’è un annuncio su decisioni che verranno, senza che sia chiaro quale ne è l’obiettivo o la portata.
Senza un minimo di stabilità dell’orizzonte temporale non solo non è possibile pianificare, purtroppo diventa impossibile gestire un’azienda. È come giocare alla roulette, ma con un croupier che può cambiare gli esiti che non gradisce. Si può solo allontanarsi dal tavolo cercando di perdere il minor numero di fiches possibile. Giusto per essere chiari: qui siamo in balia di un Presidente che ha preso sonoramente a schiaffi le due più grandi industrie del suo Paese (Apple e Nvidia), vanto dell’industria americana. Non solo, non spiega cosa devono fare o impone tempistiche di rivoluzione della supply chain ( 90 giorni!) totalmente infattibili. Addolora pensare a quanto impegno e fatica è costato alle imprese italiane ritagliarsi uno spazio di esportazione negli Usa, spazio che oggi vale molto poco. Addolora ancor di più non avere suggerimenti migliori che stare alla finestra, stare guardinghi, gestire day by day senza emozioni e calcolando ogni giorno costi, ricavi e rischi di ogni contratto, di ogni fornitura, di ogni invio di merce (da distinguere poi se consegnato con nave made in China oppure no…) . Una normale azienda organizzata per business unit è bene che pensi alla creazione di un “Coordinatore Usa” che si assicuri che l’azienda non corra rischi eccessivi nella catena commerciale di gestione ordini Usa, logistica e dazi e tariffe. Gli Usa devono essere gestiti opportunisticamente ed a rischi limitati. Purtroppo, la fine di un tale necessario atteggiamento non è in vista.
Corollario di quanto sopra per una azienda che sia minimamente impegnata sul fronte Usa è che un business plan integrato non è più possibile e, prima o poi, dovrà essere spezzato in un “ piano azienda escluso Usa” e in un “policy document” che delinei i principi che verranno seguiti nel trattare la materia “ vendite e acquisti Usa”. Non sarà facile spiegarlo alle banche, che un business plan tanto desiderano averlo, ma non credo vi siano alternative.
Il secondo corollario dell’incertezza è che occorreranno in media più risorse: lo impone il livello di incertezza collegato alla previsione dei cash flow se si vuole mantenere invariato il livello di rischio finanziario. Già ne parlai il mese scorso: questi sono i momenti di aggiungere nuove banche a quelle presso le quali ci si serve oggi. Se, come prevedibile, l’orizzonte è gravido di nubi oscure, è bene aumentare i fornitori della risorsa che improvvisamente può diventare scarsa, la finanza. Non solo, occorre subito abituare le proprie banche al fatto che dovranno, in maniera crescente, finanziare i contratti e non solo le fatture. Implicazione di questo, la necessità per l’azienda di presentare alle banche una previsione di contabilità di commessa impeccabile e chiara, situazione oggi non diffusa ma non difficile da rimediare.
Fin qui l’emergenza: “gestione opportunistica degli Usa”, “coordinatore Usa” come figura chiave e disponibilità di un buffer di risorse addizionali per gestire eventuali scivolate. Ma la vera sfida è costruire, spesso ex novo, una presenza profittevole sugli altri Paesi. Facile a dirsi, molto difficile a farsi.
Identificati i mercati target occorrerà gestire accuratamente il turnover del personale sostituendo gli uscenti con risorse provenienti dai Paesi target. Poco importa se le nuove persone sono a livelli di competenza molto diversi da quelli necessari: “something is better than nothing” .
Poi, occorrerà accaparrarsi gli export managers necessari. Aprire nuovi mercati in maniera significativa non è una passeggiata, non è semplice. Probabilmente un export manager a tempo pieno per ciascun Paese target è necessario: occorre che si alzi con un solo pensiero e che vada a dormire con lo stesso pensiero. Make it or break it. L’impegno personale – e il tempo – del top management devono esserci: non basta mandare i commerciali alle varie fiere di settore in giro per il mondo. Le opportunità le vede prima il top management.
Non ultimo, l’azienda dovrà essere ben informata sulla infinita congerie di agevolazioni all’export già oggi disponibili. Ci sono fior fiore di organizzazioni specializzate in tema e sempre al corrente sulle ultime novità agevolative.
È sconfortante scrivere queste righe perché la democrazia americana ha smesso di funzionare. Gli Stati Uniti per decenni sono stati esempio di serietà, impegno, professionalità, energia, etica degli affari, responsabilizzazione, meritocrazia. Sic transit gloria mundi. Speriamo non succeda del tutto e che la strada maestra sia ripresa in fretta. Il leader deve essere leader, non capriccioso e imprevedibile. E deve essere amato.
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