Emissioni, tetto Ue sfiorato: i trasporti possono costare 25 miliardi all’Italia
Con lo sforamento dei limiti sulle emissioni di CO2, l'Italia si ritroverà a dover acquistare delle quote al fine di evitare la fatidica multa da 25 miliardi di euro

L’Italia ha superato i limiti di emissione di CO2 fissati dall’Ue per il terzo anno consecutivo, dopo aver già sforato nel 2021, nel 2022 e nel 2023, con un aumento significativo delle emissioni nel settore dei trasporti.
Il regolamento europeo Effort Sharing impone un taglio del 43,7% delle emissioni entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005. Secondo le stime del think tank Ecco, basate sui dati di Ispra 2023, il nostro Paese potrebbe dover pagare una multa di oltre 25 miliardi di euro, per compensare il mancato rispetto degli obiettivi.
Emissioni, l’Italia rischia sanzioni Ue
Il primo controllo di conformità scatterà nel corso del 2025, ma l’impatto economico si sentirà nel 2027. Un piano di rientro sarà dunque necessario entro la fine di quest’anno.
Trasporti e riscaldamento delle abitazioni sono i principali responsabili dello sforamento. Le emissioni complessive risultano in calo, rispetto al 2022, del -6,8%. Ma sono in aumento quelle causate dai trasporti, responsabili del 28% del totale. Nell’anno 2023 le emissioni in questo settore si sono assestate a quota +8,2 milioni di tonnellate, ben oltre il limite.
Non si rispettano, dunque, gli obiettivi di riduzione stabiliti dal regolamento europeo Effort Sharing, che come detto, prevede per l’Italia un taglio entro il 2030 del 43,7% rispetto ai valori del 2005 relativamente a:
- trasporti;
- abitazioni;
- immobili;
- agricoltura;
- rifiuti;
- industria non-Ets.
Ispra ha certificato che la mancata diminuzione delle emissioni dei trasporti ha portato a un avvicinamento dei livelli emissivi italiani ai tetti massimi consentiti, fino al loro superamento registrato nel corso del triennio 2021-2023:
- 2021 per 5,5 milioni di tonnellate di CO2 equivalente;
- nel 2022 per 5,4 milioni;
- nel 2023 per 8,2 milioni.
Nulla di nuovo: la situazione era già nota, come indicato dal documento allegato all’ultimo Def in cui viene citato l’Aea (Annual Emission Allocation, ovvero le quote di emissione annuali):
“La mancata riduzione delle emissioni dei settori trasporti e civile ha portato a un progressivo avvicinamento dei livelli emissivi italiani alle Aea, fino al superamento delle stesse registrato per l’anno a partire dal 2021. Guardando al nuovo obiettivo e al peso dei singoli settori, il contributo più significativo è rappresentato dai settori dei trasporti e del civile (in particolare residenziale e terziario)”.
Verso l’acquisto di quote per inquinare
Ma l’Italia è in ottima e abbondante compagnia, come specifica Chiara Di Mambro, del think tank Ecco:
“Anche gli altri Paesi, tranne forse la Spagna, sono nella stessa situazione dell’Italia. Tutti dovranno comprare sul mercato le quote di CO2 in eccesso: è legittimo pensare che il prezzo sarà molto alto”.
Il nodo dell’automotive
Nel settore dei trasporti ricade, come fetta principale, quella del trasporto privato. In questo momento l’Unione europea sta cercando la quadra fra l’abbattimento delle emissioni nel rispetto del Green Deal e il salvataggio del settore automotive, che dà lavoro a 13 milioni di persone fra produzione diretta e indotto contribuendo al pil Ue nella misura del 7%.
Il Piano di salvataggio del settore auto voluto dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen punta sulla spinta verso l’elettrico. Produttori e partiti conservatori, invece, chiedono un allargamento delle maglie del piano al fine di non penalizzare uno dei pilastri dell’economia comunitaria.
All’appello si unisce anche la premier italiana Giorgia Meloni che, in risposta ai dazi Usa, chiede la sospensione del Green Deal per l’automotive.