Ecco la Chiesa che vuole Papa Francesco | L’intervento del vaticanista Carlo Di Cicco

Ripubblichiamo l’analisi che il vaticanista Carlo Di Cicco (scomparso un anno fa) aveva scritto per noi. Un testo datato novembre 2023. Di Cicco è stato vice direttore dell’Osservatore Romano. «Senti è ovvio che quando aiuti qualcuno te esponi, e te la rischi pure, è una scommessa, però è una scommessa che se pure te la […] L'articolo Ecco la Chiesa che vuole Papa Francesco | L’intervento del vaticanista Carlo Di Cicco proviene da Osservatorio Riparte l'Italia.

Apr 23, 2025 - 08:45
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Ecco la Chiesa che vuole Papa Francesco | L’intervento del vaticanista Carlo Di Cicco

Ripubblichiamo l’analisi che il vaticanista Carlo Di Cicco (scomparso un anno fa) aveva scritto per noi. Un testo datato novembre 2023. Di Cicco è stato vice direttore dell’Osservatore Romano.

«Senti è ovvio che quando aiuti qualcuno te esponi, e te la rischi pure, è una scommessa, però è una scommessa che se pure te la perdi, stai nella squadra dei buoni, de quelli che hanno giocato bene… Io so che ci stanno tre cose che te fanno essere una persona giusta con gli altri: aiutà chi te lo chiede senza sta’ troppo a questionà; annà sempre al passo del più lento e non lascià indietro nessuno». Non è una citazione in romanesco di papa Francesco, ma un consiglio che una protagonista di un fumetto di Zerocalcare rivolge a un suo amico dubbioso se dare o non dare dei soldi a un giovane che si droga e si trova impicciato con tante problematiche legate alle periferie cittadine.

Ma la sostanza fa parte dell’insegnamento di Francesco: stare con gli ultimi come faceva Gesù. Una decisione che vale anche per la Chiesa, ben sapendo che lo stare con i poveri, gli ultimi, non lascia nessuna realtà, nessuna logica, nessuna morale, nessuna abitudine come prima. Se non si decide di non lasciare indietro nessuno non si verifica né conversione, né volontà di cambiare per adeguare la propria vita o l’istituzione di cui si fa parte al paradigma del samaritano.

Le riforme in tal caso sono un palliativo, una distrazione di massa. La Chiesa cattolica il tentativo di fare il grande passo verso un cuore nuovo, l’imitazione di Cristo in tutto e per tutto, l’aveva deciso al concilio Vaticano II. Quasi duemila anni dopo la risurrezione di Gesù. Ma poi si è trovata nelle pastoie di giudicare, valutare, comprendere, sezionare, criticare, respingere, interpretare quel concilio e passi avanti sostanziosi se ne sono fatti ben pochi. Il samaritano è rimasto una parabola di Gesù; molto meno un paradigma della prassi dei cristiani se non a tratti, facendo un passo avanti e due indietro o di lato. C’è stata fatica anche a capirsi tra popolo fedele e istituzioni clericalizzate.

Nell’ascolto delle donne e nel liberarsi dagli abusi. Papa Francesco ha dedicato l’intero pontificato a una nuova partenza; non per lidi sensazionalistici ma evangelici, convinti che quel samaritano – ammirato e poco imitato – resti l’immagine sintetica di come incarnare i due grandi comandamenti dell’amore: verso Dio e verso il prossimo. Perché Dio è amore e lo si onora amando gli altri specialmente poveri e fragili. Francesco intende portare l’intera Chiesa – non solo avanguardie cristiane – al fianco dei poveri per inaugurare una vita di fraternità ritrovata dove tutti abbiano il necessario anziché tanti la fame, l’abbandono, il disprezzo e pochissimi possano godere il tanto con lo spreco. L’ultimo tentativo di attestare la Chiesa cattolica sulle rive del samaritano è il sinodo in corso.

Non tanto il sinodo in sé, considerato un talismano, ma la coscienza nuova di sé che il sinodo intende stabilizzare nella Chiesa per farsi trasparente immagine dell’amore concreto di Dio nella storia presente e futura. Una Chiesa su misura dell’amore, fotocopia del suo Signore anziché una selva di contrappunti e divieti che in fondo lasciano il mondo preda della violenza, dell’ingiustizia, dei conflitti, delle ruberie e dei soprusi a volte perfino benedetti. Si ripete da taluni che i comandamenti esprimono la legge di Dio, tavole dei suoi divieti: cosa non fare per non incorrere nell’ira del Signore. Ma questo è un ascoltare Dio con le orecchie senza capire l’anima profonda delle sue parole contenute nella Prima Alleanza dove in continuazione il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, il Dio dei patriarchi e dei profeti si sgola inseguendo l’uomo dalla dura cervice quasi per educarlo a capire l’amore.

Gesù spiegherà che solo l’amore realizza in pieno la legge e i profeti. Può capitare – e capita – che non ci sia unanimità sul progetto di Francesco, ma per poterlo criticare a ragion veduta, andrebbe prima compreso il cuore del suo progetto che resta l’applicazione del concilio Vaticano II che, a sua volta, a cuore dei suoi 17 documenti conclusivi ha posto la figura del samaritano. Il primo a riconoscerlo fu Paolo VI chiudendo il più grande concilio della storia cristiana. Il resto sono dispute che possono permettersi pochi e non sono essenziali a vivere con la propria dignità umana pienamente riconosciuta. Voler parlare di una Chiesa sinodale, significa entrare nella prospettiva che l’adeguarsi a una Chiesa samaritana riesce solo se lo si fa tutti insieme.

Tutti i battezzati senza distinzione di ministeri, sesso, uffici, età, cultura, responsabilità, competenze. Passare da una Chiesa strutturalmente gerarchica a una chiesa fraterna, di figli di Dio, discepoli del Vangelo, missionaria con i cambiamenti conseguenti non è uno scherzo né un moto di un attimo. Va maturato e riflettuto specialmente al momento dell’accoglienza del nuovo pensiero. Si potrà in questa prospettiva capire l’invito a svolgere un sinodo non segreto, restio alla comunicazione con l’esterno, ma aperto anzitutto tra i suoi componenti, sperimentando fin dove è possibile il capirsi tra diversi percorsi e diverse sensibilità. Fare un’esperienza di ascolto dove tutti sono discepoli di un solo maestro: lo Spirito Santo.

È sembrato un percorso migliore di altri per costruire il consenso necessario a una partenza importante e gravida di futuro per la Chiesa simile a quella del risveglio rinascimentale dell’Occidente che portò Colombo nel nuovo mondo, senza che lui se ne rendesse da subito conto. Partenze del genere necessitano più di ascolto e – per i credenti – di preghiera che di chiacchiere e palcoscenico. L’esito di questa prima assemblea sinodale, stando alle parole conclusive di Francesco è incoraggiante. Tanto più che i suoi due principali animatori – i cardinali Mario Grech segretario generale e Jean-Claude Hollerich relatore generale – hanno chiarito bene che è momento intermedio in vista delle proposte finali dell’ottobre 2024.

La relazione di sintesi contiene già il seme di soluzioni di questioni che scuotono sempre più le comunità e non possono essere a lungo procrastinate come l’equilibrio rinnovato tra laici e pastori, l’orientamento sessuale e di genere, l’ordinazione di uomini sposati, il diaconato femminile e l’IA. Questioni importanti che possono realizzarsi creando consenso piuttosto che scismi. Cosa trovate nella Relazione di sintesi? – ha chiesto Mario Grech presentandola ai giornalisti. «I temi emersi in Assemblea, sui quali si è registrato un vero consenso. Il discernimento ecclesiale, che si fonda sull’ascolto reciproco per capire dove lo Spirito sta portando la Chiesa, si fonda sul criterio del CONSENSO». Esistono questioni che possono assumersi perché la comunità cristiana trova un accordo profondo. Altre richiedono più tempo poiché esiste «disaccordo, dissenso, al punto che possono ingenerare tensioni e addirittura produrre divisioni e scismi».

Serve discernimento. Tre le istanze disseminate nel documento di sintesi suggerite dal cardinale Hollerich: la dimensione missionaria, l’esigenza di formazione, la solidarietà con l’umanità. La dimensione missionaria emerge già dal titolo (“Una Chiesa sinodale in missione”), “nella chiara consapevolezza che, se la Chiesa “è” missione, ogni rinnovamento ecclesiale è autentico e utile solo se promuove la missione, rendendo la Comunità cristiana più aperta e accogliente, più disponibile ad annunciare il Vangelo e a suscitare la fede in Gesù Cristo; l’esigenza della formazione, perché la sinodalità è una “cultura”, una “forma di Chiesa”, uno “stile di vita cristiana”, che pervade ogni ambito e che non si può improvvisare.

Alla sinodalità devono formarsi tutti i membri del Popolo di Dio, a cominciare dai ministri ordinati e da quei laici e laiche che sono chiamati ad assumere ruoli di responsabilità ecclesiale; la solidarietà con l’umanità e i suoi drammi, accresciuta dal fatto che, solo pochi giorni dopo l’inizio dell’Assemblea, un terribile conflitto è scoppiato in Terra Santa”. Al grande lavoro dell’Assemblea, Francesco ha messo il suo sigillo. “Fratelli e sorelle, penso a quanti sono vittime delle atrocità della guerra; alle sofferenze dei migranti, al dolore nascosto di chi si trova da solo e in condizioni di povertà; a chi è schiacciato dai pesi della vita; a chi non ha più lacrime, a chi non ha voce.

E penso a quante volte, dietro belle parole e suadenti promesse, vengono favorite forme di sfruttamento o non si fa nulla per impedirle. È un peccato grave sfruttare i più deboli, un peccato grave che corrode la fraternità e devasta la società. Noi, discepoli di Gesù, vogliamo portare nel mondo un altro lievito, quello del Vangelo: Dio al primo posto e insieme a Lui coloro che Lui predilige, i poveri e i deboli… È questa, fratelli e sorelle, la Chiesa che siamo chiamati a sognare: una Chiesa serva di tutti, serva degli ultimi. Una Chiesa che non esige mai una pagella di “buona condotta”, ma accoglie, serve, ama, perdona. Una Chiesa dalle porte aperte che sia porto di misericordia”.

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