E ora sono dazi nostri. Dopo auto e alluminio, ecco prodotti e Paesi colpiti dalle politiche trumpiane
Trema il settore vinicolo che ricorda come durante il primo mandato Trump nonostante il vino fosse escluso dai dazi che colpirono l’agroalimentare Made in Italy le vendite comunque calarono del 6%. Le speranze del governo appese all'incontro sotto Pasqua con J.D. Vance

Alle 22 italiane di oggi, quando negli USA sarà metà pomeriggio, il presidente Donald Trump ha convocato la stampa nel giardino delle rose della Casa Bianca e da lì sgranerà, come un rosario laico, i dazi che il suo entourage ha predisposto per colpire gli ormai ex principali partner commerciali degli Stati Uniti.
I nuovi dazi
Dopo i balzelli su auto e alluminio, ora sarà colpito soprattutto il made in Italy, sebbene fino all’ultimo il governo Meloni avesse provato a coltivare un rapporto particolare con la Casa Bianca. Strategia che aveva portato la presidente del Consiglio ad avallare persino le dure parole che il vicepresidente J.D. Vance aveva riservato all’Europa, isolando al contempo il nostro Paese nel Vecchio continente.
I nuovi dazi infatti colpiranno il settore vinicolo. Il blocco delle spedizioni di vino verso gli Stati Uniti a causa dei dazi potrebbe costare 6 milioni al giorno alle cantine italiane, con un danno economico immediato al quale rischia di aggiungersene uno a livello strutturale, con la perdita del posizionamento del prodotto sugli scaffali statunitensi. È quanto emerge da una stima della Consulta Vitivinicola della Coldiretti, effettuata sulla base dei dati Istat delle vendite a marzo-aprile 2024, che esprime la preoccupazione del mondo del vino Made in Italy, proprio alla vigilia del Vinitaly, rispetto alle incertezze legate all’annuncio del presidente americano Donald Trump di imporre tariffe aggiuntive che potrebbero arrivare fino al 200% sulle bottiglie europee.
Un terremoto economico che sta mettendo a dura prova la tenuta stessa della maggioranza. Se il vicepremier Matteo Salvini (segretario federale della Lega) era arrivato a definire persino i dazi una «opportunità per le nostre aziende», dicendosi sicuro che il problema sarebbe rientrato dopo la telefonata che aveva avuto proprio con J.D. Vance, il presidente del Veneto, Luca Zaia, ha parlato di «un giorno cruciale per l’economia mondiale».
«I dazi – ha spiegato – saranno il terzo cigno nero in cinque anni, dopo la pandemia e le guerre in Ucraina e Israele. L’Italia faccia valere il proprio rapporto privilegiato con gli Usa. Ho voluto approfondire i rischi che correrebbe l’economia veneta con i dazi americani, e i dati sono impressionanti: riguardo al vino, una bottiglia veneta su 5 vendute all’estero è acquistata da partner commerciali statunitensi. Si comprende facilmente – ha chiosato Zaia – quale effetto disastroso possano avere dei dazi del 20% sul fatturato delle aziende venete e italiane, perché l’export verso gli Usa vale al nostro Paese quasi 65 miliardi».
Le speranze del governo al momento sono appese alla visita che J.D. Vance vorrebbe fare al Papa sotto Pasqua. Non è un mistero che la premier sperasse di ricevere un invito a stretto giro dalla Casa Bianca, ma dato che l’occasione tarda ad arrivare, l’esecutivo italiano proverà a intercettare il numero 2 dell’amministrazione Trump mentre si reca in Vaticano per ottenere un trattamento di favore nella guerra dei dazi che tra poche ore Washington scatenerà. C’è però un problema: il vicepresidente USA intende recarsi nel nostro Paese per incontrare il pontefice e, date le precarie condizioni di salute del Papa, il colloquio potrebbe slittare.