Dopo 7 anni non è ancora partito il processo contro chi augura la morte a Ilaria Cucchi

Sette anni dopo aver ricevuto un violento messaggio di odio via social, Ilaria Cucchi – sorella di Stefano Cucchi, 31enne ucciso nel 2009 dopo aver subito percosse da parte di esponenti dei carabinieri mentre si trovava in custodia cautelare – è ancora in attesa che si apra il processo contro l’autore. L’hater, nascosto dietro il […] The post Dopo 7 anni non è ancora partito il processo contro chi augura la morte a Ilaria Cucchi appeared first on L'INDIPENDENTE.

Mag 15, 2025 - 19:24
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Dopo 7 anni non è ancora partito il processo contro chi augura la morte a Ilaria Cucchi

Sette anni dopo aver ricevuto un violento messaggio di odio via social, Ilaria Cucchi – sorella di Stefano Cucchi, 31enne ucciso nel 2009 dopo aver subito percosse da parte di esponenti dei carabinieri mentre si trovava in custodia cautelare – è ancora in attesa che si apra il processo contro l’autore. L’hater, nascosto dietro il nome “Dentone”, le augurava di morire tra atroci sofferenze. La donna, oggi senatrice, denunciò subito l’uomo, ma da allora è iniziata un’odissea giudiziaria fatta di errori procedurali, rinvii e rimpalli di competenze. Il 13 maggio 2025, il Tribunale di Roma ha dichiarato la propria incompetenza territoriale: tutto verrà trasferito a Milano. Intanto, il tempo scorre e il rischio prescrizione si fa ogni giorno più concreto.

Era il 19 ottobre 2018 quando un utente pubblicò sul social Twitter (attuale X) un commento carico d’odio contro Ilaria Cucchi, oggi parlamentare nelle file di Alleanza Verdi e Sinistra. «Vorrei far patire alla sorella di Stefano Cucchi, di cui non me ne frega un c***o che nome abbia, far patire due volte quello che hanno fatto al fratello. Le auguro di morire patendo ogni dolore sia fisico che mentale. Tr**a!», scriveva l’uomo, che si trincerava dietro all’anonimato. Un attacco vile e gratuito, rivolto a chi da anni chiede verità e giustizia per una delle vicende più drammatiche della cronaca italiana.

Ilaria Cucchi si rivolse subito alla magistratura. Tuttavia, come ricostruito dalla stessa in un post sui social, la risposta delle istituzioni fu da subito debole, e alla donna fu detto che mancavano gli strumenti per poter risalire all’identità del profilo. Così, con l’aiuto del suo avvocato Fabio Anselmo e di alcuni giornalisti, la senatrice decise di indagare da sola. E ci riuscì, identificando l’autore. Ma anche dopo aver fornito il nome del responsabile, la giustizia italiana non ha proceduto con efficacia. La prima reazione fu la richiesta di archiviazione da parte della pm Antonia Giammaria, oggi trasferita al ministero della Giustizia. I giudici, però, la rigettarono, ordinando l’apertura del processo. Da allora, tuttavia, si è aperto un percorso tortuoso scandito da rinvii tecnici: la prima udienza, prevista per il 4 novembre 2024, fu rimandata al 24 febbraio 2025 per un errore nella notifica all’imputato. Anche la seconda data saltò, per un vizio procedurale nei termini della notifica. Si arriva così al 13 maggio di quest’anno, quando arriva l’ennesima beffa: il Tribunale di Roma si dichiara territorialmente incompetente, poiché l’imputato risiede in Lombardia. Dopo tre udienze inutili, dunque, tutto viene trasferito a Milano.

Il caso è emblematico di un sistema giudiziario che troppo spesso lascia sole le vittime. Secondo il rapporto pubblicato lo scorso anno dalla Commissione europea per l’efficienza della giustizia (CEPEJ), nel 2022 in Italia un processo civile di primo grado richiedeva in media 540 giorni, tra i più alti in Europa. Sul versante penale, invece, la durata media dei procedimenti in Europa è pari a 133 giorni in primo grado, 110 in secondo grado e 101 in terzo grado. In Italia, invece, il procedimento penale dura in media 355 giorni in primo grado, 750 in appello e 132 in Cassazione. Una differenza assai significativa.

Dopo anni di depistaggi e omertà, solo nell’aprile del 2022 i carabinieri responsabili del violento pestaggio ai danni di Cucchi, Alessio Di Bernardo e Raffaele d’Alessandro, sono stati condannati in via definitiva per omicidio preterintenzionale. Per loro è stata stabilita la pena di 12 anni di carcere. Nel processo bis sul caso Cucchi, dove sono alla sbarra esponenti dell’Arma per il reato di depistaggio, nel dicembre scorso il Procuratore generale ha chiesto in appello 3 assoluzioni e 2 condanne.

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