Dietrofront sull’acconto Irpef sì al decreto da 245 milioni

Il governo corregge il pasticcio dell’acconto Irpef, per evitare a milioni di contribuenti di pagare più tasse, a pochi giorni dall’invio del 730 precompilato nel cassetto fiscale degli italiani. Lo fa con un decreto legge da 245,5 milioni, varato ieri dal Consiglio dei ministri. «Si conferma che i lavoratori dipendenti e i pensionati senza redditi […] L'articolo Dietrofront sull’acconto Irpef sì al decreto da 245 milioni proviene da Iusletter.

Apr 24, 2025 - 01:56
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Dietrofront sull’acconto Irpef sì al decreto da 245 milioni

Il governo corregge il pasticcio dell’acconto Irpef, per evitare a milioni di contribuenti di pagare più tasse, a pochi giorni dall’invio del 730 precompilato nel cassetto fiscale degli italiani.

Lo fa con un decreto legge da 245,5 milioni, varato ieri dal Consiglio dei ministri. «Si conferma che i lavoratori dipendenti e i pensionati senza redditi aggiuntivi non dovranno versare alcun acconto Irpef per il 2025», recita il comunicato finale di Palazzo Chigi. Il problema, denunciato un mese fa dai Caf Cgil e raccontato in più riprese da Repubblica , non riguardava però solo loro. Ma tutti. Anche senza altri redditi oltre quello da lavoro – dipendente e autonomo – oppure da pensione.

La Cgil accoglie con soddisfazione l’esito finale della vicenda. «Una vittoria di lavoratori e pensionati », dicono il segretario confederale Christian Ferrari e la presidentessa dei Caaf Monica Iviglia. Senza decreto, «sarebbero stati costretti a pagare somme non dovute », perché calcolate con la vecchia Irpef del 2023 a quattro aliquote e con detrazioni da lavoro dipendente più basse a 1.880 euro, anziché con la nuova Irpef a tre aliquote e detrazioni a 1.995 euro.

«Ci sono volute quattro settimane per cancellare due parole da una norma sbagliata: di quale prontezza parla il governo?», commenta Maria Cecilia Guerra, responsabile lavoro del Pd. Il riferimento è al viceministro dell’Economia Maurizio Leo che si è rallegrato ieri per la «prontezza» con cui il governo ha cancellato il periodo di imposta 2025 dal decreto legislativo incriminato, il 216 del 2023. Ovvero il primo decreto attuativo della riforma fiscale meloniana, quello appunto che tagliava l’Irpef. Ma nello stesso tempo metteva una norma capestro che si abbatteva per due anni (2024 e 2025) alzando gli acconti da calcolare con le vecchie aliquote.

L’operazione di pulizia fatta dal governo rimette in apparenza le cose a posto. «Il comunicato con cui il governo si impegnava, riconoscendolo, a risolvere il problema sollevato dai Caf Cgil risale al 25 marzo», prosegue Guerra. «Il decreto legge risolutivo è solo del 22 aprile. Intanto gli applicativi dei Caf non hanno potuto essere aggiornati e ora dovranno riconsiderare tutte le dichiarazioni dei redditi. Perché si è perso così tanto tempo se si trattava di cancellare solo le parole “e 2025”»?

Non è l’unico passaggio poco chiaro. Come già sottolineato nel question time della stessa deputata Guerra al sottosegretario all’Economia Federico Freni, l’operazione continua ad essere «priva di trasparenza in termini di coperture ». La Cgil aveva conteggiato un “prelievo forzoso” da oltre 4 miliardi. Il governo copre l’errore con “soli” 245,5 milioni che prende da un paio di fondi Mef. E poi li rimette il prossimo anno sul conto per ilcontrollo della spesa pubblica del Psb, il Piano di bilancio. La norma originaria del 2023, all’origine dell’errore, non è mai stata quantificata in termini di impatto e platea, nonostante le sollecitudini degli uffici tecnici del Parlamento. E ora la mini copertura solleva dubbi sulla reale portata del pasticcio.

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