Cosa si prova a essere un pipistrello?
Com’è essere un pipistrello? A distanza di 50 anni dalla sua prima formulazione, la domanda di Thomas Nagel, uno dei più interessanti filosofi della mente, è ancora molto stimolante. L’editore Raffaello Cortina la riprende come titolo del breve testo appena ripubblicato, unito a un saggio dello stesso autore che, in una elaborazione recente, esprime le […] L'articolo Cosa si prova a essere un pipistrello? sembra essere il primo su Galileo.

Com’è essere un pipistrello? A distanza di 50 anni dalla sua prima formulazione, la domanda di Thomas Nagel, uno dei più interessanti filosofi della mente, è ancora molto stimolante. L’editore Raffaello Cortina la riprende come titolo del breve testo appena ripubblicato, unito a un saggio dello stesso autore che, in una elaborazione recente, esprime le sue considerazioni sul problema mente-corpo immaginando un nesso ancora sconosciuto tra strutture mentali e strutture fisiche. Non sapremo mai cosa prova un pipistrello a essere un pipistrello, ma la domanda ripropone quello che il filosofo australiano David Chalmers chiamava il problema difficile della coscienza: come si spiega la nostra consapevolezza di noi stessi e del mondo esterno?
Comportarsi come un pipistrello

Tentare di comprendere la propria identità cosciente riapre le discussioni sulla im-possibilità di spiegare con teorie fisicaliste la soggettività delle percezioni. Queste, infatti, corrispondono a singoli punti di vista che non possono essere compresi e spiegati con quei criteri di oggettività che caratterizzano le interpretazioni riduzioniste. Nelle sue argomentazioni, Nagel immagina l’esistenza di fatti “che sfuggono alla presa dei concetti umani”, e anche se possiamo domandarci com’è essere un pipistrello dobbiamo riconoscere di non essere assolutamente in grado di rispondere. Non si tratta di immaginare come sarebbe per un umano, magari attrezzato con le migliori tecnologie di volo o di ecolocazione, comportarsi come un pipistrello, bisognerebbe proprio sapere o capire come è per lui essere quello che è: e questo non è possibile. Del resto, pur sapendo come è essere noi, non disponiamo di un vocabolario adeguato a comunicare il carattere soggettivo, altamente specifico, della esperienza di noi stessi. Potremmo riuscire almeno in parte a farlo solo con qualcuno sufficientemente simile a noi e che adottasse il nostro stesso punto di vista, che fosse capace di guardare i fatti tanto in prima quanto in terza persona. Paradossalmente, argomenta Nagel, sarebbe difficile comprendere la nostra stessa esperienza se la approcciassimo assumendo il punto di vista di un altro, o addirittura di un’altra specie.
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Stati mentali e stati del corpo
Nella nostra cultura il fisicalismo ha portato a fondamentali risultati scientifici, le ricerche sul funzionamento del cervello hanno aperto straordinarie prospettive di conoscenza, ma probabilmente ogni analisi oggettiva della mente è ancora inadeguata e non porta a spiegazioni definitive. Nagel sostiene che disponiamo di un apparato teorico ancora poco sviluppato, che non permette di capire come gli eventi mentali siano eventi fisici, cioè se gli stati mentali siano stati del corpo. Spiegazioni o constatazioni di questo tipo restano affermazioni di cui non è facile cogliere l’effettivo significato, sanno un po’ di magia e non permettono di immaginare come effettivamente questo succeda.
Il monismo neurale
A completare le riflessioni su questo tema, troviamo ancora nel volume un piccolo saggio di Nagel sul nesso psicofisico che dovrebbe, o potrebbe, stabilire una relazione tra mentale e fisico e spiegare la soggettività irriducibile della coscienza. Il filosofo propone una sorta di “monismo neurale” per cui “le proprietà mentali coscienti e le loro condizioni neurofisiologiche non sono distinte ma sono due aspetti inseparabili di una stessa cosa”. Mente e corpo non possono esistere l‘uno senza l’altro, ma i nostri concetti naturali mentali e fisici non sono in grado di rappresentare la loro unità. Questa concezione richiede un tipo completamente nuovo di spiegazione, che ancora non è stata elaborata: bisognerebbe essere aperti all’identificazione di fisico e mentale con qualcosa che non è né fisico né mentale, ma che sostenga la loro relazione a un livello più profondo. Per dirla con Spinoza, è come se una natura unica fosse mentale se vista da dentro, e fisica se vista da fuori, con una stretta relazione tra l’aspetto interno (mentale) e l’aspetto esterno (biologico) di un unico stato. Immaginare questa connessione, conclude Nagel, conduce al monismo in quanto prevede che le esperienze coscienti siano il modo in cui le percezioni vengono avvertite ed elaborate dall’interno: sarebbero le cause della consapevolezza di sé. Si tratta ancora di pura speculazione, e bisognerebbe ancora indagare cercando prove a sostegno di questo nuovo modo di pensare: gli esempi portati a chiarimento di questa teoria sono interessanti e suggestivi e aiutano ad interpretare il legame tra aspetti fisici e aspetti mentali della nostra esistenza cosciente.
Pipistrello o organoide?
Nella postfazione, il professore di Neuroscienze cognitive e computazionali all’Università del Sussex Anil Seth descrive come, nei cinquant’anni che sono seguiti alle elaborazioni concettuali di Nagel, neuroscienze e psicologia cognitiva abbiano fatto enormi progressi anche abbattendo le barriere che dividevano in modo radicale i vari settori di ricerca. I dati empirici sui processi neurofisiologici coinvolti nella coscienza continuano ad accumularsi, ma perseguire l’oggettività scientifica nello studio di un fenomeno intrinsecamente soggettivo sembra ancora scontrarsi con la stessa definizione di coscienza. Seth espande le considerazioni di Nagel ai più recenti risultati del nostro secolo: C’è un “com’è essere un organoide”? E che dire di ChatGPT? Resta la spiacevole tendenza, conclude Seth, a mettere sempre al centro sia il punto di vista umano individuale sia quello specie-specifico e questo, scientificamente motivato o meno, rende praticamente impossibile impersonarsi nelle concezioni degli altri.
Foto di James Wainscoat su Unsplash
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