C’è davvero vita sull’esopianeta K2-18b che dista 124 anni luce da noi?

C’è un pianeta fuori dal Sistema Solare, che gli astronomi hanno chiamato K2-18b, che sembra poter ospitare la vita, almeno quella microbica. Questa è la notizia incredibile che circolando in questi giorni. Ma è davvero così? Facciamo chiarezza! I fatti (cosa c’è di vero) Utilizzando i dati del James Webb Space Telescope (JWST), un gruppo...

Apr 26, 2025 - 21:28
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C’è davvero vita sull’esopianeta K2-18b che dista 124 anni luce da noi?

C’è un pianeta fuori dal Sistema Solare, che gli astronomi hanno chiamato K2-18b, che sembra poter ospitare la vita, almeno quella microbica. Questa è la notizia incredibile che circolando in questi giorni. Ma è davvero così? Facciamo chiarezza!

I fatti (cosa c’è di vero)

esopianeta vita fuori dal sistema solare

©A. Smith, N. Madhusudhan/University of Cambridge

Utilizzando i dati del James Webb Space Telescope (JWST), un gruppo di ricerca guidato dall’Università di Cambridge (Regno Unito), ha rilevato le impronte chimiche del dimetil solfuro (DMS) e/o del dimetil disolfuro (DMDS) nell’atmosfera dell’esopianeta K2-18b, che orbita attorno alla sua stella.

Precedenti osservazioni di K2-18b, un esopianeta con una massa 8,6 volte superiore e un diametro 2,6 volte superiore a quello della Terra e che trova nella costellazione del Leone a 124 anni luce da noi, hanno identificato metano e anidride carbonica nella sua atmosfera.

Questa fu la prima scoperta di molecole a base di carbonio nell’atmosfera di un esopianeta nella zona abitabile e i risultati erano coerenti con le previsioni di un ’Hycean planet’, ovvero un mondo abitabile ricoperto da oceani sotto un’atmosfera ricca di idrogeno.

Tuttavia, un altro segnale, più debole, suggeriva la possibilità che su K2-18b stesse accadendo qualcos’altro.

Non sapevamo con certezza se il segnale visto l’ultima volta fosse dovuto al DMS – racconta Nikku Madhusudhan, primo autore del lavoro – ma anche solo un accenno di ciò era abbastanza interessante da spingerci a dare un’altra occhiata con il JWST usando uno strumento diverso

Sulla Terra, il DMS e il DMDS sono prodotti solo dalla vita, principalmente da forme di vita microbiche come il fitoplancton marino: le osservazioni hanno una probabilità dello 0,3% che siano avvenute per caso, quindi sono effettivamente molto probabili.

I dati, secondo gli scienziati, rappresentano al momento la prova più potente che la vita possa esistere su un pianeta al di fuori del nostro sistema solare.

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Per determinare la composizione chimica delle atmosfere di pianeti lontani – e così è stato fatto anche per K2-18b – gli astronomi analizzano la luce della stella madre durante il transito del pianeta, ovvero durante il suo passaggio davanti alla stella vista dalla Terra.

Durante il transito di K2-18b, il JWST è in grado di rilevare un calo della luminosità stellare con una piccola frazione della luce stellare che attraversa l’atmosfera del pianeta prima di raggiungere la Terra.

L’assorbimento di parte della luce stellare dovuta proprio a questa atmosfera lascia impronte nello spettro stellare che gli astronomi possono ricostruire per determinare i gas costituenti l’atmosfera dell’esopianeta.

esopianeta vita fuori dal sistema solare

©A. Smith, N. Madhusudhan/University of Cambridge

È stata una scoperta incredibile vedere i risultati emergere e rimanere coerenti durante le ampie analisi indipendenti e i test di robustezza

annuncia con entusiasmo Måns Holmberg, coautore del lavoro

Cosa manca (e quali dati sono ancora necessari per essere sicuri)

Gli stessi autori, comunque, sono cauti, perché, per esempio, le osservazioni potrebbero essere dovute a processi chimici in atto sul pianeta precedentemente sconosciuti e non innescati da organismi viventi.

D’altronde le concentrazioni di DMS e DMDS nell’atmosfera di K2-18b sono molto diverse rispetto a quelle terrestri, dove sono generalmente inferiori a una parte per miliardo in volume, contro una stima di concentrazioni sull’esopianeta di migliaia di volte più elevate, oltre dieci parti per milione.

Inoltre, per raggiungere la classificazione accettata per la scoperta scientifica, le osservazioni dovrebbero superare la soglia di cinque sigma, il che significa che la probabilità che siano avvenute per caso dovrebbero essere inferiori allo 0,00006%.

I ricercatori affermano che un periodo di osservazione di follow-up tra le 16 e le 24 ore con il JWST potrebbe aiutarli a raggiungere l’importantissima significatività di cinque sigma. I ricercatori sperano inoltre di condurre ulteriori studi teorici e sperimentali per determinare se DMS e DMDS possano essere prodotti in modo non biologico al livello attualmente dedotto.

Il lavoro è stato pubblicato su The Astrophysical Journal Letters.

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Fonti: EurekAlert / The Astrophysical Journal Letters

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