Cardinali verso il Conclave: grandi manovre, in campo i decani

Gli over 80 non elettori lanciano messaggi e tratteggiano possibili identikit

Apr 28, 2025 - 03:52
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Cardinali verso il Conclave: grandi manovre, in campo i decani

Città del Vaticano, 28 aprile 2025 - Il lutto per un Papa dura nove giorni. Ma i vespri celebrati ieri sera a Santa Maria Maggiore dal collegio cardinalizio in “corpore”, sono più che sufficienti per cominciare a voltare pagina ed entrare nel vivo dello studio dei candidati alla successione di Francesco in vista dell’extra omnes. Siamo ancora in una fase – mentre oggi si riunisce la quinta congregazione generale –, in cui i cardinali, particolarmente gli over 80 non elettori, lanciano volentieri messaggi, illuminano possibili identikit, indicano strade e lasciano cadere suggestioni. È un conclave molto aperto del resto quello che potrebbe partire già il 5 maggio, al più tardi il 10. La decisione è attesa per oggi. Ed è in questa fase che chi vuole incidere in qualche modo deve far sentire anche se felpata la propria voce. Come fa Christoph Schönborn, arcivescovo emerito di Vienna, grande collaboratore delle riforme di Francesco, che solo il gennaio scorso ha raggiunto i fatidici 80 uscendo dal conclave ma rimanendo una figura influente: “Serve un Papa che raccolga l’eredità di Bergoglio che ci ha fatto capire che siamo tutti, indistintamente, figli di Dio”.

Entra più nel merito, Louis Raphael Sako, cardinale elettore e patriarca cattolico iracheno, nominato proprio da Francesco e che lui stesso riuscì a portare in un Iraq ancora dilaniato dal post conflitto in uno dei viaggi più a rischio per Francesco poiché si era nel pieno della pandemia ma ci furono anche dei concreti rischi attentati.

“Ora non si possono fare passi indietro con l’Islam – avverte Sako –. È una grande sfida per noi minoranza cristiana in Medio Oriente. Siamo minacciati e costretti ad andare via. Il prossimo Papa deve avere un rapporto molto vicino ai cristiani d’Oriente, per incoraggiarli a rimanere e sperare. Ma deve essere vicino anche all’Islam per vivere insieme nel segno del rispetto reciproco”.

Parla anche il cardinale Pietro Parolin, uno dei più alti allo stato attuale nel borsino dei papabili, particolarmente dopo il capolavoro diplomatico del faccia a faccia tra Trump e Zelensky sotto le volte della basilica di San Pietro. Lo fa dal contesto solenne della prima messa dei novendiali ma le sue parole potrebbero suonare già come un programma di governo. “Papa Francesco – ha detto nell’omelia a san Pietro rivolgendosi in particolare ai giovani – è stato testimone luminoso di una Chiesa che si china con tenerezza verso chi è ferito e guarisce con il balsamo della misericordia e ci ha ricordato che non può esserci pace senza il riconoscimento dell’altro, senza l’attenzione a chi è più debole. Soprattutto non può mai esserci la pace se non impariamo a perdonarci reciprocamente”.

Dal sagrato di Santa Maria Maggiore, parla anche il cardinale maliano, Jean Zerba, non elettore. “Di Francesco deve rimanere l’insegnamento che siamo stati tutti creati da Dio, e quindi ne viene l’attenzione ai più poveri, ai piccoli. Il prossimo Papa sarà dall’Africa? Per noi la Chiesa non è Africa, o Asia, o Europa, è l’uomo. Non mi piace questa divisione conservatori-progressisti, cerchiamo un profilo più grande di questo, un uomo ricco, ricco di umanità”. Tirando le somme, il profilo che emerge sempre di più è quello di una figura universale, dialogante, non incasellato in qualche etichetta, un diplomatico forse, oppure un pastore di una periferia proiettata sulla scena globale.