Buoni Fruttiferi Postali cartacei a termine: prescrizione e oneri di diligenza.
Nota a Trib. Palermo, Sez. III, 24 aprile 2025, n. 1812.

Nota a Trib. Palermo, Sez. III, 24 aprile 2025, n. 1812.
Il Tribunale di Palermo in composizione monocratica, con la recente sentenza in oggetto, ha accolto le domande aventi ad oggetto il rimborso di buoni fruttiferi postali.
Con atto di citazione notificato nel dicembre 2021, gli attori hanno convenuto in giudizio la società convenuta al fine di ottenere la sua condanna al rimborso di un buono postale fruttifero di € 5000,00 oltre interessi sul capitale; in subordine hanno chiesto il risarcimento dei danni per violazione degli obblighi di diligenza qualificata, buona fede, correttezza e trasparenza e il risarcimento danni per violazione della normativa sulla trasparenza e l’inottemperanza ai doveri di informazione.
In data 27/09/21 gli attori hanno sottoscritto un buono fruttifero “cartaceo” del valore nominale di € 5.000,00 e che il 19/05/2021, recandosi presso l’Ufficio postale per ottenere il rimborso del suddetto buono, è stata comunicata loro la prescrizione del loro diritto. A seguito di tale comunicazione, gli attori hanno presentato reclamo nella stessa data, ricevendo un rigetto da parte di Poste sull’assunto secondo cui il buono fruttifero postale, appartenente alla serie AA2 (a termine), avrebbe una scadenza di sette anni e il relativo diritto al rimborso si prescriverebbe trascorso dieci anni dalla data di scadenza. Ancora, Poste ha chiosato il rigetto affermando, contrariamente a quanto dedotto dagli attori, che le caratteristiche del buono e tutte le relative informazioni erano contenute nel foglio informativo analitico, consegnato ai sottoscrittori e, comunque, reperibili anche sul sito di Cassa Depositi e Prestiti.
Con provvedimento dell’aprile 2022, agli attori è stato concesso termine per avviare la procedura di negoziazione assistita, poi conclusasi con esito negativo.
Poste Italiane, regolarmente costituitasi in giudizio, ha contestato l’assunto attoreo chiedendo il rigetto della domanda per essere intervenuta la prescrizione decennale del titolo, non essendo ravvisabile alcuna causa giuridica impeditiva dell’esercizio del diritto, poiché non rientrerebbe in tale ipotesi l’ignoranza del termine di scadenza del buono e del termine di prescrizione. Ha, inoltre, esposto che la materia dei buoni fruttiferi postali è regolata dalla legge e pertanto non vi sarebbe spazio per interventi di natura negoziale tra le parti: vi sarebbe, dunque, una presunzione di conoscenza legale in capo all’acquirente dei buoni sul relativo regime, il che comporterebbe il prevalere delle disposizioni normative sulle eventuali diverse indicazioni contenute nei buoni stessi.
La domanda attorea è stata ritenuta meritevole di accoglimento per i seguenti motivi. In punto di diritto, va osservato che la presente controversia concerne la questione relativa alla prescrizione dei buoni postali fruttiferi cartacei a termine, collocati presso gli uffici postali, sui quali non è stata indicata la scadenza o per i quali non sono state rilasciate informazioni chiare sulla data di scadenza al risparmiatore nonché l’applicazione del regime della prescrizione.
Il quadro normativo di riferimento prende le mosse dall’art. 2 secondo comma d.lgs. 284/99, che ha incaricato il Ministro del Tesoro, da un lato, di stabilire con appositi decreti le caratteristiche e le altre condizioni dei buoni fruttiferi postali e, dall’altro, di emanare norme in materia di pubblicità, trasparenza e comunicazioni periodiche ai risparmiatori. In adempimento della delega, il D.M. del 19/12/2000 ha fissato le condizioni generali di emissione dei buoni postali, prevedendone le condizioni di emissione e la relativa regolamentazione.
Dal punto di vista dell’orientamento giurisprudenziale in materia, va osservato che i buoni postali sono qualificabili non come titoli di credito ma come titoli di legittimazione ex art. 2002 c.c.: da ciò discende che essi sono sottratti all’applicazione dei principi di autonomia causale, dell’incorporazione e della letteralità – propria dei primi –, avendo la sola funzione – propria dei secondi – di identificare l’avente diritto alla prestazione o a consentire il trasferimento del diritto senza l’osservanza delle forme proprie della cessione.
In particolare, tale qualificazione ha giustificato la soggezione dei diritti spettanti ai sottoscrittori dei buoni postali alle variazioni derivanti dalla sopravvenienza dei decreti ministeriali ed ha portato a ritenere che le modificazioni trovassero ingresso all’interno del contratto mediante una integrazione del suo contenuto ab externo secondo la previsione dell’art. 1339 c.c. Ciò significa che, per un verso, il rapporto negoziale soggiace al potere di variazione in pejus dei tassi di interessi in corso di rapporto e, per altro verso, in capo al legittimo possessore dei titoli sussiste un onere di attivazione volto alla conoscenza degli elementi disciplinanti il rapporto, benché non espressamente indicati nel buono.
Tuttavia, tale onere può essere diligentemente assolto purché l’investitore sia messo in condizione di poterlo adempiere. In questa prospettiva si collocano gli obblighi sia pubblicitari (ex art. 6 co. 1 del D.M. 19/12/2000) sia di trasparenza, operanti in sede di conclusione del contratto di collocamento del buono. Si tratta di obblighi la cui precipua funzione è quella di rendere l’investitore edotto sull’intera operazione, tutelando, in questo modo, il suo interesse al risparmio costituzionalmente protetto (art. 47 Cost.).
Le informazioni sulla scadenza del titolo, riguardando le condizioni temporali che consentono al risparmiatore di esercitare i diritti di credito relativi al buono postale fruttifero sottoscritto, costituiscono, infatti, elementi rilevanti e necessari che devono essere adeguatamente forniti al risparmiatore il quale, in mancanza, per effetto del legittimo affidamento circa la diversa durata del rapporto derivante dalle omesse e/o scarne informazioni sulla scadenza, rischia di perdere il capitale investito. L’obbligo dell’intermediario postale di informare il risparmiatore sulla scadenza del titolo e sulla relativa prescrizione trova fondamento nel dovere di questo di comportarsi secondo correttezza e buona fede, manifestazione del più generale dovere di solidarietà sociale che grava reciprocamente su tutti i membri della collettività. Nell’ambito del servizio di pubblica utilità della raccolta del risparmio tramite collocamento dei buoni fruttiferi, all’intermediario postale, che esercita una funzione costituzionalmente sottoposta ai principi di imparzialità e di buon andamento, è richiesto uno sforzo maggiore, in termini di correttezza e lealtà, rispetto a quello che si attenderebbe da una generica controparte.
Ciò è frutto, da un lato, del bilanciamento tra l’esigenza di tutela di interessi generali, tali da giustificare l’adozione di regole cogenti in tema di jus variandi e, dell’altro, di tutelare il risparmio diffuso cui, peraltro, si ispira la normativa sul risparmio postale, che impone di riportare i dati reputati essenziali all’informazione del sottoscrittore, affinché egli possa compitamente valutare i profili di convenienza e di rischio connessi al suo investimento.
Sulla base di queste considerazioni si fonda l’assoluta centralità dell’esigenza di garantire all’investitore una piena consapevolezza relativamente non solo alla tipologia dell’investimento concluso ma anche, per quanto interessa in questa sede, alla sua scadenza ed al suo conseguente regime giuridico prescrizionale, poiché da questo dipende l’integrale soddisfo dell’interesse creditorio. Come è facile desumere, i rapporti tra investitore e intermediario postale sono caratterizzati da un’asimmetria informativa fisiologica tale da porre il primo in una posizione di debolezza contrattuale. Per tale ragione, l’ordinamento, al fine di perequare i poteri contrattuali, onera la parte meglio organizzata all’adempimento di obblighi informativi che si sostanziano nella consegna di documenti da cui la parte debole può evincere le condizioni dell’investimento: circostanza che, nel caso di specie, non si è verificata. Dall’esame del buono si evince la data di sottoscrizione, il numero e la dicitura “Buono Postale Fruttifero a termine” ma in esso non è riportata alcuna scadenza del titolo, costituente il dies a quo del termine prescrizionale, né tale scadenza si può desumere poiché manca qualsiasi indicazione o informazione sulla durata del buono e sulla serie.
Ne deriva che i titolari di tale buono non avrebbero potuto desumere, dalla lettura del titolo di legittimazione, alcun elemento utile di conoscenza sulla prescrizione del diritto né sulla scadenza del termine dell’investimento quale dies a quo per il decorso del termine di prescrizione. Va, dunque, verificato se gli attori siano stati posti in condizione di acquisire aliunde le informazioni necessarie relativamente ai caratteri del buono sottoscritto. L’ente convenuto non ha dimostrato di avere provveduto a consegnare agli attori il Foglio Informativo (c.d. FIA) all’atto della sottoscrizione del buono ove erano contenute tutte le principali caratteristiche del titolo emesso avendo allegato solo un foglio informativo non sottoscritto dagli attori, né risulta che la convenuta abbia esposto nei propri locali aperti al pubblico un avviso sulle condizioni praticate, rinviando a fogli informativi, comunque da consegnare ai sottoscrittori con la descrizione dettagliata delle caratteristiche dei buoni fruttiferi postali. La società convenuta non ha, dunque, adempiuto ai doveri di trasparenza e di informazione imposti dalla sopra richiamata normativa, di render nota la tipologia del titolo, la data di scadenza e il termine di prescrizione e soprattutto, la mancata consegna del Foglio informativo non ha consentito agli attori di prendere cognizione della data di scadenza del buono così da rendere loro ignoto il termine di decorrenza della prescrizione.
Tali obblighi informativi non possono di certo ritenersi assolti, come sostiene la società convenuta, con la sola pubblicazione del D.M. nella Gazzetta Ufficiale. Invero, l’eterointegrazione del rapporto contrattuale ex art. 1339 c.c. è stata riconosciuta dalla Suprema Corte unicamente con riferimento alla modificabilità in pejus dei tassi di interessi, ossia in fattispecie in cui il creditore/investitore possa ancora riscuotere il proprio credito, sia pure con tassi variati rispetto a quelli sussistenti al momento della conclusione del contratto. Discorso diverso è quello relativo al regime di prescrizione e, in particolare, all’individuazione del dies a quo poiché qui si discute non di un effetto meramente modificato del diritto – conseguente all’esercizio di uno ius variandi di tipo pubblicistico – ma piuttosto di un effetto estintivo, quale quello conseguente all’impossibilità di ottenere il rimborso del buono per intervenuta prescrizione. Stante la ben più grave conseguenza, deve ritenersi che l’investitore deve essere messo in condizione di sapere ex ante il tempo a partire dal quale inizierà a maturare il termine di prescrizione. Ebbene, gli obblighi di trasparenza – che il legislatore disciplina espressamente quando si tratta di rapporti negoziali asimmetrici (come nella specie) – costituiscono declinazione dei principi di buona fede e correttezza, operanti in tutta la vicenda negoziale (artt. 1337, 1366, 1375 c.c.), il cui fondamento è direttamente rinvenibile nel più generale dovere di solidarietà sociale costituzionalmente imposto ex art. 2 della Costituzione. Sotto questo profilo, è orientamento ormai costante in sede di legittimità quello secondo cui le disposizioni di buona fede di cui agli artt. 1175, 1366 e 1375 c.c. operano sia sul piano dell’individuazione degli obblighi contrattuali, sia su quello del bilanciamento dei contrapposti interessi delle parti; sotto il primo profilo, essi impongono alle parti di adempiere obblighi anche non espressamente previsti dal contratto o dalla legge, ove ciò sia necessario per preservare gli interessi della controparte. La buona fede, dunque, assolve una funzione che, etero integrando il contenuto negoziale, mira a proteggere gli interessi di controparte, sia pure nei limiti dell’apprezzabile sacrificio. Alla base c’è un bilanciamento di interessi tra la tutela alla stabilità dell’economia pubblica e la tutela al risparmio costituzionalmente garantita (art. 47 Cost.); bilanciamento che trova un punto di equilibrio nella previsione normativa – sia pure di rango secondario – di quegli obblighi informativi, chiari e precisi, in ordine alla scadenza dei titoli, affinché sia altresì garantito il diritto di autodeterminazione negoziale relativo alla riscossione dei già menzionati buoni.
Il Tribunale di Palermo ha ritenuto di condividere il principio affermato da quella parte della giurisprudenza di merito per cui, rispetto ai buoni fruttiferi postali che non riportino indicazioni circa la durata ed il termine di scadenza, costituente il dies a quo della prescrizione del diritto al rimborso, a fronte della mancata consegna, al momento della loro sottoscrizione, di specifici fogli informativi, si deve ritenere che l’intermediario non abbia assolto al proprio onere di trasparenza e informazione. Da quanto esposto in sede istruttoria, il Giudice di primo grado ha ritenuto che parte attrice non sia stata messa nelle condizioni di esercitare tempestivamente il suo diritto al rimborso; né può essere, per altro, trascurato che, nell’ordinamento giuridico italiano, vige il principio per cui la prescrizione inizia a decorrere da quando si è a conoscenza della possibilità di esercitare il proprio diritto.
A questo punto, il Giudice ha verificato se l’inadempimento informativo abbia rilevato ai fini della decorrenza del termine di prescrizione, ovvero se esso abbia costituito un impedimento alla possibilità di far valere il diritto ex art. 2935 c.c.
I fatti ai quali l’art. 2935 c.c. conferisce rilevanza in punto di impedimento del decorso temporale della prescrizione sono solo quelli derivanti da cause giuridiche che, pertanto, ostacolano l’esercizio del diritto. La norma in esame non ricomprende anche gli impedimenti di tipo soggettivi o meramente fattuali che assumono rilevanza per le cause tassativamente indicate dall’art. 2941 c.c. in materia di sospensione: l’art. 2941 n. 8, infatti, espressamente menziona l’ipotesi in cui il debitore ha dolosamente occultato l’esistenza del debito cui la legge ricollega l’effetto sospensivo. Nel caso in esame, l’ignoranza della scadenza del termine del buono postale, dal quale è derivato il decorso della prescrizione, ha trovato fondamento nell’inadempimento della società convenuta, collocatore e gestore dei titoli; la circostanza non può essere considerata dunque come un impedimento soggettivo, quanto piuttosto una causa giuridica (l’inadempimento appunto) che non ha consentito al titolare del diritto di acquisire la consapevolezza sulla necessità di attivarsi per far valere il proprio diritto, con conseguente impossibilità di ritenere che la prescrizione abbia anche solo iniziato il suo corso. Il termine di prescrizione dei diritti derivanti dal buono in questione ha cominciato a decorrere dunque dal giorno in cui, a seguito del reclamo presentato in data 19/05/2021, l’ente convenuto ha fornito agli attori informazioni circa la durata del buono e la relativa prescrizione, vale a dire con la missiva del 25/05/2021.
Il Tribunale di Palermo, pertanto, ha concluso affermando che il diritto degli attori a percepire il capitale ed interessi relativamente ai buoni sottoscritti non si è estinto per prescrizione, come eccepito dalla convenuta e, pertanto, la richiesta degli attori va accolta.