Borsa, settimana positiva: forti acquisti innescati da accordo USA-Cina

L’inflazione USA sale meno del previsto. Piazza Affari al top dal 2007

Mag 16, 2025 - 22:44
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Borsa, settimana positiva: forti acquisti innescati da accordo USA-Cina

I colloqui tra esponenti statunitensi e cinesi sui dazi sono stati proficui: è stato raggiunto un accordo commerciale che prevede una tregua di 90 giorni. Dopo quello con la Gran Bretagna, è il secondo, ma ben più importante segno di de-escalation della guerra commerciale. Si chiude così una settimana positiva per i mercati finanziari che guardano allo scenario futuro in seguito alla tregua commerciale. Le indicazioni giunte dal fronte macroeconomico hanno evidenziato una crescita dell’inflazione USA inferiore rispetto alle stime: un dato che rappresenta probabilmente un sollievo per la Federal Reserve. Anche il calo dei prezzi alla produzione, depone a favore di una Fed più lassista sui tassi di interesse, nonostante Powell dispensi prudenza a ogni intervento. Il governatore della banca centrale americana ha posto l’accento sulla necessità di rimodulare l’attuale approccio che ha come obiettivi la piena occupazione e il contenimento dell’inflazione, considerando anche gli choc dal lato dell’offerta e i relativi aumenti dei prezzi che si stanno rivelando fattori chiave per lo scenario negli ultimi anni.

 

Inflazione USA sotto attese

Nel mese di aprile, i prezzi al consumo sono saliti del 2,3%, meno delle attese che scommettevano su un aumento del 2,4%, segnando l’aumento minore da febbraio 2021. Su base mensile il rialzo è stato dello 0,2%, anche in questo caso inferiore rispetto alle previsioni del mercato. L’indice core, quello al netto di energia e alimentari, ha segnato su base annuale un aumento del 2,8% e su base mensile dello 0,2%. Il dato finale dell’inflazione CPI, pari al 2,3% su base annua, rappresenta probabilmente un sollievo per la Federal Reserve, spiega Alexandra Wilson-Elizondo, global co-head and co-chief investment officer of Multi-Asset Solutions di Goldman Sachs Asset Management. Tuttavia, gli aggiustamenti di prezzo più consistenti legati ai dazi dovrebbero manifestarsi nei prossimi mesi. Per questo, aggiunge l’analista, “continuiamo ad attenderci un atteggiamento attendista da parte della Fed nel breve periodo, con mercati guidati dalle notizie relative alle trattative e ai compromessi politici”.

Tra gli altri dati macroeconomici della settimana, in Regno Unito, l’economia cresce tra segnali positivi e incertezze. Se il dato trimestrale evidenzia la tenuta dei servizi e della produzione industriale, il rallentamento mensile, però, suggerisce la persistenza di venti contrari, tra cui le pressioni inflazionistiche e la debolezza della domanda dei consumatori, spiega Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm. In prospettiva, il recente accordo commerciale con gli Stati Uniti potrebbe rivelarsi un evento cruciale per il Regno Unito: migliore accesso al mercato, tariffe più basse e potenziale impulso alle esportazioni potrebbero sostenere una crescita più robusta nella seconda parte dell’anno. Anche se l’impatto economico reale dipenderà dal ritmo di attuazione e dall’adesione delle imprese.

 

La debolezza del dollaro USA rappresenta una svolta ribassista di lungo periodo?

Dal 2010 il dollaro statunitense ha registrato un periodo prolungato di forza. Tuttavia, nel primo trimestre del 2025 il dollaro si è indebolito rispetto a un paniere di valute. Considerando che i potenziali dazi doganali dopo l’elezione del presidente Trump erano stati ampiamente segnalati, l’andamento del dollaro statunitense nel primo trimestre è forse contro intuitivo, spiega Jens Søndergaard, Analista valutario di Capital Group. L’incertezza sulla politica commerciale rischia di frenare gli investimenti di capitale delle imprese, non solo negli Stati Uniti ma in tutto il mondo. In definitiva, l’incertezza porterà probabilmente a un rallentamento della crescita economica a livello globale. In tale scenario, è difficile avere una visione rialzista su molte valute non statunitensi, ad eccezione dei beni rifugio come lo yen giapponese e il franco svizzero. Di conseguenza, il dollaro statunitense potrebbe indebolirsi ulteriormente nel breve termine. Tuttavia, nel lungo termine, un calo prolungato richiederebbe una crescita più lenta e rendimenti reali inferiori negli Stati Uniti rispetto al resto del mondo.

Poco mosso il petrolio che ha perso moderatamente sull’aumento delle scorte di petrolio negli Stati Uniti e, in vista di un accordo Iran-USA che potrebbe rimettere in gioco la produzione della Repubblica islamica.
Intanto, l’Opec ha mantenuto le sue previsioni di crescita della domanda di petrolio, per quest’anno e per il prossimo. Ciò, nonostante le incertezze economiche e commerciali. Dal lato dell’offerta, l’Opec ha rivisto leggermente al ribasso l’aumento della produzione non-Opec, per il 2025, portandola a 0,8 mb/d rispetto agli 0,9 mb/d della stima precedente, con una produzione stimata a 54 mb/d.

L’oro brilla un po’ meno: la quotazione dell’oro è scesa questa settimana in seguito all’attenuazione della guerra commerciale globale. I prezzi del metallo prezioso sono scesi di oltre il 3%, toccando i minimi da oltre un mese, a causa del miglioramento del sentiment di rischio che sta riducendo l’attrattiva dell’oro come bene rifugio.

 

La performance settimanale delle borse

La migliore performance della settimana viene registrata dalla piazza di Milano che porta a casa un rialzo di oltre 4 punti percentuali. Seguono Madrid con un +4,2% e Parigi con un +2,5%. Francoforte guadagna l’1,7% circa, così come Londra (+1,7%). Il finale si prefigura in forte rialzo anche per la borsa di Wall Street, con l’indice Nasdaq best performer in salita del 6,7%.

 

I migliori e peggiori a Piazza Affari

A Piazza Affari, best performer è il titolo Lottomatica con un balzo a doppia cifra del 13,2%, seguita da STM +12,3%. Tra gli altri industriali, bene Stellantis (+9,8%). Tra le banche, Mediobanca sale dell’8,6%, Fineco del 6,8%, Unicredit e MPS, entrambe in salita del 6% circa. Tra i peggiori titoli, Reply lascia sul terreno il 5,8%. Giù, inoltre, Campari (-3,2%), Recordati (-1,9%) e Diasorin (-1,7%).