Anche i pesci sbadigliano. E per gli etologi non è cosa da poco
Team dell’Università di Pisa dimostra per la prima volta che anche gli zebrafish imitano lo sbadiglio degli altri. La capacità di sintonizzarsi emotivamente con gli altri quindi non è una prerogativa dei cervelli più evoluti

Pisa, 22 aprile 2025 – Chi l’avrebbe mai detto? Anche i pesci sbadigliano. E non solo: lo fanno imitandosi a vicenda, come quando a sbadigliare siamo noi e – senza nemmeno accorgercene – trasciniamo gli altri nel gesto. Una scoperta curiosa, affascinante, e soprattutto rivoluzionaria per la scienza, quella firmata da un team di ricercatori dell’Università di Pisa, in collaborazione con la Scuola Superiore Sant’Anna, e pubblicata sulla rivista Communications Biology.
I protagonisti dell’esperimento sono gli zebrafish, piccoli pesci d’acqua dolce noti agli studiosi per la loro spiccata socialità e per alcune sorprendenti somiglianze genetiche con l’essere umano. Osservandoli mentre guardavano dei video che mostravano altri zebrafish sbadigliare, i ricercatori hanno notato una reazione immediata: i pesci dello studio iniziavano a sbadigliare a loro volta, per imitazione.
Finora questo tipo di comportamento, detto “contagio dello sbadiglio”, era stato documentato soltanto tra mammiferi e uccelli – tutti animali a sangue caldo, considerati dotati di sistemi sociali complessi. Per questo la scoperta pisana è destinata a fare rumore: dimostra infatti che la capacità di “sintonizzarsi” emotivamente con gli altri, di imitare gesti involontari, non è una prerogativa dei cervelli più evoluti. Le sue origini potrebbero affondare le radici molto più lontano nel tempo, forse oltre 200 milioni di anni fa, tra i primi vertebrati sociali.
Ma cosa spinge un pesce a sbadigliare, e perché “in gruppo”? La risposta, secondo gli studiosi, va cercata nella loro natura cooperativa. “La sincronizzazione tra individui è fondamentale per i banchi di pesci – spiega la professoressa Elisabetta Palagi, etologa e docente di Biologia –Coordinarsi significa aumentare la vigilanza, trovare più facilmente il cibo e proteggersi dai predatori. In quest’ottica, anche lo sbadiglio può diventare uno strumento di coesione”.
Interessante anche ciò che accade insieme allo sbadiglio: spesso i pesci eseguono una sorta di “stiracchiamento”, tecnicamente chiamato pandiculazione, gesto che negli animali (compresi noi) serve a riattivare i muscoli e a prepararsi a un cambiamento motorio, come un nuovo movimento o un cambio di direzione.
Secondo il professor Massimiliano Andreazzoli, sempre dell’Università di Pisa, sono due le ipotesi che si affacciano da questa scoperta: da un lato, lo sbadiglio contagioso potrebbe essere un tratto ancestrale emerso nei primi vertebrati sociali e conservato in alcune linee evolutive. Dall’altro, potrebbe essere comparso indipendentemente in diverse specie, a riprova di quanto la capacità di coordinarsi e di imitarsi sia stata – e sia tuttora – vitale per la sopravvivenza.
Insieme ad Elisabetta Palagi e Massimiliano Andreazzoli ha lavorato un team di giovani ricercatori e studenti, come Alice Galotti e Matteo Digregorio, dottorandi in Biologia, e Sara Ambrosini, studentessa magistrale. La parte legata all’intelligenza artificiale è stata invece sviluppata dal professore Donato Romano, esperto di robotica bioispirata, e Gianluca Manduca, dottorando presso la Scuola Superiore Sant’Anna.
Grazie a un sofisticato modello di deep learning da loro sviluppato all’Istituto di BioRobotica è stato possibile distinguere con precisione i veri sbadigli dai semplici atti respiratori, rendendo oggettiva l’osservazione e replicabili i risultati. La ricerca è stata finanziata dal National Geographic Meridian Project OCEAN-ROBOCTO e dal Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa nell’ambito del programma dipartimenti di eccellenza.