Agguato all’ultrà del Milan. Caccia a due sicari. L’accusa: tentato omicidio

La vittima, Luca Guerrini, minimizza: non ho un ruolo chiave nella curva. Ma ammette di essere amico di Lucci, leader dei tifosi rossoneri ora in carcere.

Mag 10, 2025 - 04:50
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Agguato all’ultrà del Milan. Caccia a due sicari. L’accusa: tentato omicidio

Dice di essere un frequentatore della Curva Sud, ma assicura di non avere alcun ruolo decisionale. Ammette di aver conosciuto Luca Lucci e di essergli diventato amico, ma sminuisce a semplice comparsa la sua presenza sugli spalti del secondo anello verde di San Siro. Spiega di aver chiesto al Toro (Lucci), ex leader del tifo organizzato rossonero in carcere dal 30 settembre, di entrare nel business delle barberie Italian Ink: "Pago 250 euro al mese più Iva per il franchising e 1.800 euro per l’affitto a un’altra persona". Conclusione: "Non ho litigato né avuto screzi con nessuno e non ho idea di chi mi abbia sparato". È la versione di Luca Guerrini, 27 anni, finito nel mirino di due sicari nella tarda mattinata di giovedì in via degli Imbriani, in zona Bovisa a Milano: il passeggero della moto Honda di grossa cilindrata, vestito di nero e col volto coperto da un casco integrale come il conducente, è sceso, si è avvicinato a passo svelto e ha esploso il primo proiettile calibro 9x21 da una scacciacani modificata, colpendo la maniglia della portiera anteriore sinistra della Q3 in leasing ferma al semaforo.

A quel punto, Guerrini, illeso, è riuscito a sgattaiolare dalla parte opposta, a uscire dall’Audi e a scappare a piedi, voltandosi solo dopo aver percorso alcune centinaia di metri a perdifiato; nei primi istanti ha sentito un secondo botto che ha quasi bucato la parte bassa del parabrezza. Poi l’arma si è certamente inceppata, espellendo un terzo bossolo ritrovato a terra dalla Scientifica. Chi ha aggredito il ventisettenne? Perché? Interrogativi a cui dovranno dare risposte i poliziotti della Squadra mobile, coordinati dai pm Paolo Storari e Sara Ombra e guidati dal dirigente Alfonso Iadevaia.

La ricostruzione di Guerrini, che pare suggerire un poco credibile scenario da scambio di persona, non convince affatto gli investigatori, anche perché il raid a mano armata sembra inserirsi in un contesto ben preciso. Sempre lo stesso: quello degli ultrà, già al centro di diverse retate negli ultimi sette mesi. Dopo l’operazione "Doppia Curva", che ha smantellato i vertici della Sud, Guerrini, daspato per lo striscione contro l’interista Federico Dimarco e coinvolto negli scontri post Milan-Dinamo Zagabria del 2022, è entrato nel direttivo: le foto sui social lo mostrano in balaustra allo stadio; e lì non ci arrivi se non hai un posto di primo piano. Del resto, nel bagagliaio della Q3 c’erano gli unici due vessilli che oggi rappresentano i sostenitori del Diavolo: lo striscione con la scritta "Solo per la maglia" e il bandierone con la faccia di Herbert Kilpin, co-fondatore del Milan nel 1899 e primo allenatore dei rossoneri. Tradotto: difficile che un personaggio di secondo livello giri coi simboli attuali della Sud.

Da qui si deve partire per identificare esecutori ed eventuali mandanti. I tempi del blitz sono chiari: Guerrini ha raccontato di essersi recato al lavoro alle 10.30 e di essere uscito alle 12.30 per andare a pranzo. Nei minuti precedenti all’agguato, si è accorto della presenza dei due sulla Honda, che lo hanno pedinato. La stessa Honda si è affiancata all’Audi poco dopo le 13. Al setaccio telecamere e celle telefoniche per rintracciare la via di fuga dei killer e isolare numeri potenzialmente utili.