Accordo Usa-Cina sui dazi: tregua temporanea e il Giappone resta fuori
I mercati brindano alla tregua commerciale tra Stati Uniti e Cina, ma il clima resta tutt’altro che sereno. Dazi ridotti solo per 90 giorni e nessun accordo definitivo: gli analisti si mostrano cauti, mentre il Giappone prende le distanze e si prepara a difendere i propri interessi. La partita globale dei dazi è appena iniziata e Tokyo non ha nessuna intenzione di fare sconti.

I mercati hanno reagito con entusiasmo dopo che Stati Uniti e Cina hanno finalmente raggiunto un accordo in merito alla disputa commerciale in corso. Le azioni sono salite alle stelle in tutto il mondo e le banche d'investimento non hanno perso tempo nell’adeguare le loro previsioni.
Ad esempio, UBS ha aumentato le sue previsioni sul Pil cinese dal 3,4% a un intervallo compreso tra il 3,7% e il 4%. ANZ Bank vede un potenziale di crescita superiore al 4,2% e Natixis è ancora più ottimista con il 4,5%. "Ma siamo realistici: nulla è ancora definitivo" afferma Dirk Friczewsky di ActivTrades.
Durante il fine settimana, i negoziatori di alto livello di entrambi i paesi hanno concordato una tregua temporanea: una riduzione dei dazi doganali per 90 giorni (non una sospensione totale). I dazi cinesi sui prodotti statunitensi scenderanno dal 125% al 10%, mentre quelli statunitensi sui prodotti cinesi passeranno dal 145% al 30%. Queste modifiche entreranno in vigore domani, 14 maggio.
"Si tratta di una buona notizia per il commercio globale. Ma non aspettatevi che Tokyo o Bruxelles seguano questo esempio" puntualizza Friczewsky.
Il Giappone non ha intenzione di cedere. Il primo ministro Shigeru Ishiba ha già chiarito che gli agricoltori giapponesi non saranno sacrificati a vantaggio delle case automobilistiche. Secondo Friczewsky, "quindi non sarà facile per Washington ottenere risultati positivi. In realtà, Tokyo potrebbe deliberatamente temporeggiare per vedere quanta pressione si accumula sul fronte statunitense".
E la pressione c'è. I dazi stanno alimentando l'inflazione negli Stati Uniti: come spiega Friczewsky, "i prezzi al consumo di aprile dovrebbero aumentare dello 0,3% su base mensile e del 2,3% su base annua. L'inflazione core? Circa il 2,8%. Ciò potrebbe rendere meno probabile un taglio dei tassi da parte della Fed, cosa che Trump sta spingendo con forza per abbassare i costi di finanziamento".
Se a questo si aggiungono il rischio di scaffali vuoti nei negozi e di tensioni nella catena di approvvigionamento, la pressione sulla Casa Bianca potrebbe aumentare rapidamente. "L'ultima cosa di cui ha bisogno l'economia statunitense è un'ulteriore destabilizzazione" sottolinea Friczewsky.
Finora non c'è quasi alcun punto di partenza per i negoziati tra Stati Uniti e Giappone. Secondo l'agenzia di stampa giapponese Nikkei, l'unica proposta sul tavolo da parte degli Stati Uniti è quella di ridurre i dazi su automobili, componenti automobilistici, acciaio e alluminio. Tutto qui.
Nel frattempo, l'indice azionario giapponese Nikkei 225 ha riconquistato quota 38.000 punti: "un risultato impressionante, certo, ma che non significa che il futuro sarà rose e fiori. I mercati sono ancora nervosi e un altro calo potrebbe sicuramente essere dietro l'angolo" conclude Friczewsky.