Abuso d’ufficio abrogato, l’avvocato di una vittima alla Consulta: “Rinviare la legge Nordio alla Corte di giustizia Ue”

Rinviare alla Corte di giustizia europea la questione di costituzionalità sull’abrogazione dell’abuso d’ufficio. A chiederlo alla Consulta è l’avvocato Manlio Morcella, unico difensore di parte civile tra i 14 intervenuti nell’attesa udienza sulla legge Nordio. Morcella assiste una delle tante vittime di soprusi lasciate senza tutela dalla riforma del ministro della Giustizia: un capogruppo di […] L'articolo Abuso d’ufficio abrogato, l’avvocato di una vittima alla Consulta: “Rinviare la legge Nordio alla Corte di giustizia Ue” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mag 7, 2025 - 18:58
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Abuso d’ufficio abrogato, l’avvocato di una vittima alla Consulta: “Rinviare la legge Nordio alla Corte di giustizia Ue”

Rinviare alla Corte di giustizia europea la questione di costituzionalità sull’abrogazione dell’abuso d’ufficio. A chiederlo alla Consulta è l’avvocato Manlio Morcella, unico difensore di parte civile tra i 14 intervenuti nell’attesa udienza sulla legge Nordio. Morcella assiste una delle tante vittime di soprusi lasciate senza tutela dalla riforma del ministro della Giustizia: un capogruppo di opposizione di un piccolo comune in provincia di Avellino, fatto decadere dalla carica – con un atto secondo l’accusa illegittimo – dal segretario comunale, che lui stesso aveva denunciato per illeciti edilizi. In primo e in secondo grado il segretario era stato condannato per abuso d’ufficio: dopo la cancellazione del reato, però, aveva impugnato la sentenza in Cassazione chiedendo l’assoluzione piena. E lo scorso febbraio la Sesta Sezione della Suprema Corte ha deciso di portare il caso alla Corte costituzionale, sostenendo che l’abrogazione voluta da Nordio sia in contrasto con la convenzione Onu di Merida contro la corruzione – ratificata dall’Italia nel 2009 – e quindi con l’articolo 117 della Carta sull’obbligo di rispettare i vincoli internazionali. Il ricorso degli ermellini è stato discusso mercoledì insieme ad altri 13, sollevati in precedenza dai giudici di merito di tutta Italia (da Bolzano a Catania passando per Firenze): a costituirsi nel giudizio, insieme a moltissimi imputati, anche il consigliere comunale campano assistito da Morcella, unica persona offesa.

Sulla base di un parere del professor Sergio Marchisio, emerito di Diritto internazionale alla Sapienza di Roma, l’avvocato ha chiesto alla Consulta di rinviare a sua volta il caso alla Corte di Giustizia Ue, sollevando una questione finora mai affrontata: cioè se l’abolizione del reato contrasti anche con il diritto dell’Unione europea, da cui la Convenzione di Merida è stata recepita nel 2008. Ne deriva, scrive Marchisio, “che la Convenzione, oltre a essere parte del diritto internazionale, rientra anche nel diritto sovranazionale dell’Unione: è dunque legittimo sollevare una questione pregiudiziale sull’interpretazione delle sue disposizioni”. Nello specifico, i giudici europei dovrebbero chiarire se cancellare l’abuso d’ufficio sia una scelta compatibile con l’articolo 19 del trattato Onu, che obbliga invece gli Stati membri a “considerare l’introduzione” del reato laddove non previsto. Secondo l’accademico non è così, perché la norma introduce il cosiddetto obbligo di stand still, cioè di non abbassare il livello di efficacia delle norme già presenti: “L’abrogazione di un reato la cui introduzione costituisce invece il contenuto di un obbligo di presa in considerazione costituisce una condotta palesemente contradditoria e violatrice dell’obbligo stesso“, scrive Marchisio. Una tesi sostenuta, con diversi accenti, anche dai giudici nelle diverse ordinanze di rimessione alla Corte costituzionale.

Nella sua arringa, l’avvocato Morcella ha sottolineato poi come l’assenza dell’abuso d’ufficio nel nostro ordinamento metta in crisi l’obbligo di cooperazione giudiziaria internazionale: “Oggi l’Italia, a sua totale discrezione, può invece rifiutarsi legittimamente di prestare la propria collaborazione” agli inquirenti stranieri che indaghino per questo reato, ad esempio eseguendo un provvedimento di sequestro di un telefonino, “essendo venuta meno la condizione della doppia incriminazione“. Non solo: poiché la legge Nordio ha riscritto anche il reato di traffico di influenze, rendendo non più punibile la mediazione finalizzata a commettere un abuso d’ufficio, il faccendiere retribuito per la sua opera potrebbe far ripulire le mazzette in Italia senza rischiare accuse di riciclaggio.

Gli avvocati degli imputati e quelli dello Stato, invece, hanno insisito per la legittimità dell’abrogazione, chiedendo quindi il rigetto del ricorso: “Non sussiste un obbligo specifico di incriminazione nella convenzione di Merida, che stabilisce solo obbligo di ponderata considerazione nelle scelte di politica legislativa”, ha detto il noto penalista Vittorio Manes, professore ordinario all’Università di Bologna. “Quando il legislatore internazionale ha inteso accreditare un divieto di regresso lo ha fatto espressamente. Le conseguenze di un eventuale accoglimento sarebbero preoccupanti: sarebbe un annichilimento della riserva di legge (l’obbligo di prevedere nuovi reati solo per legge, ndr), e non in ragione di un testo preciso ma in ragione dell’interpretazione di un giudice“. “La riforma può essere sbagliata, ma non illegittima”, è stato il leit motif dei legali, che hanno insistito soprattutto sull’espressione “considerare l’introduzione” usata dalla Convenzione di Merida: “Gli obblighi sovranazionali di incriminazione”, ha detto l’avvocato Giovanni Maria Flora, “ammesso e non concesso che possano costituire vincoli per il legislatore domestico, dovrebbero potersi desumere in modo inequivocabile e sicuro e di indiscussa efficacia precettiva”, come invece non risulta dal testo del trattato Onu.

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