“A sei anni con lo smartphone 9 su 10”. L’allarme della preside e la fatica di educare
Catia Valzania (Istituto comprensivo Giulio Cesare a Savigano): “Questo è il risultato di un nostro sondaggio. Oggi il telefonino è il regalo per la prima elementare. La dipendenza dalla Rete riguarda anche gli adulti”

Roma, 3 maggio 2025 – Una preside e l’emergenza del cyberbullimo. Catia Valzania dirige l’istituto comprensivo Giulio Cesare a Savigano (Forlì-Cesena), si parte dalla scuola dell’infanzia e si arriva alla secondaria di primo grado. Mamme e papà sembrano spaesati di fronte ai pericoli del cyberbullismo. Qual è la sua esperienza?
“Rilevo una sorta di fatica genitoriale. Una difficoltà a comprendere la complessità della società e dell’interazione con i propri figli. La dipendenza dalla Rete riguarda anche gli adulti. Ma leggo questa fatica anche nelle giovani coppie, che di solito sono più competenti. Manca il dialogo, viviamo in una giungla virtuale, di nuovi mezzi di interazione. E c’è superficialità nel trattare questi aspetti”.
“Perché il cyberbullismo è un’emergenza”
“Cerchiamo di fare formazione per i genitori, è un lavoro giorno per giorno. Sensibilizzando le famiglie, chiamandole agli incontri. Lavoriamo a stretto contatto con l’Aics, l’Associazione italiana di prevenzione al cyberbullismo e al sexting”. Il cyberbullisno è un’emergenza? “Sì, perché i genitori oggi non sono così pronti ad accogliere la fatica di educare i propri figli in questa società così complessa”.
“Come reagiscono i genitori”
Come se ne esce? “Noi come scuola dobbiamo mantenere i rapporti con le famiglie, sensibilizzarle costantemente. Io chiamo personalmente mamme e papà. Tanti apprezzano e ci ringraziano, anche se in un primo momento rimangono disturbati. Poi però si rendono conto che qualcosa c’è. E accettano anche i consigli, si mettono in gioco. Quindi è un processo che va proprio accompagnato. Una sorta di passaggio educativo che facciamo con loro. Ogni settimana trasmettiamo un report al presidente Aics Bilotto”.
Bimbi delle elementari, quali emergenze?
“I più piccoli hanno molta libertà di accesso a strumenti che neanche per legge potrebbero usare. Diciamo così: facciamo guidare loro automobili che vanno a trecento all’ora senza che abbiano la patente o abbiano mai fatto una prova in pista”. A chi è rivolta la vostra formazione? “Soprattutto agli studenti. I genitori li chiamiamo ma spesso le serate sono deserte, oppure si presentano quelli più sensibili, che quasi non ne avrebbero bisogno. Diciamo che i bambini purtroppo rimangono soli troppo spesso, senza controllo. Forse per necessità, questa è una domanda che mi faccio anch’io, i device diventano una sorta di baby sitter virtuale”.
"Con il telefonino a 6 anni”
“Abbiamo fatto un sondaggio, proprio grazie alla formazione che facciamo agli studenti, il risultato è questo: a sei anni 9 su 10 ci hanno detto di avere già il cellulare. Oggi è il regalo per l’accesso in prima elementare. Molti di loro ammettono anche di avere un account. Per questo ci siamo subito messi in moto, per fare formazione subito. E per una verifica con le famiglie. A scuola siamo abituati a vedere movimenti di ogni tipo, no vax e altro. Ognuno porta la propria idea con la convinzione che debba esere preponderante. A questo ci siamo abituati. Il problema è che non esiste nessun gruppo di genitori così forte da poter dire ‘no smart’”.
Lo smartphone anche sul passeggino
“Il cellulare viene lasciato, i genitori dicono che fanno fatica a toglierlo. I bambini al mattino sul passeggino quando vengono accompagnati al nido, guardano il tablet. Perché così si distraggono. Quando a volte ricevo ai colloqui le mamme che non sanno dove lasciare i figli, e ovviamente le invito a portarli, loro si preoccupano di avere comunque dietro un cellulare o un qualche dispositivo, per distrarli. Io questo lo vieto, dico a scuola facciamo altro. Disegniamo, giochiamo... Probabilmente sono strumenti che facilitano da un lato la gestione, in apparenza. Ma poi se ne pagano le conseguenze, perché non c’è una corretta educazione”.
Come reagiscono i genitori alle sue osservazioni? “Alcuni si chiudono, perché si sentono un po’ messi in discussione come educatori. ‘Noi sappiamo bene quello che facciamo’, questo è l’atteggiamento. In altri casi invece ammettono di essere dipendenti loro stessi dal sistema. Altri ancora obiettano, ma il cellulare ce l’hanno tutti, mio figlio non può essere il più sfortunato, traduco la parola così. Io rispondo sull’originalità e sulla necessità di fare scelte”.
Cosa deve fare un educatore?
“Su certi social i ragazzi vedono filmati molto veloci, ormai non ce la fanno ad avere una tenuta di concentrazione oltre i secondi. Questo è molto grave. Il lavoro da fare è questo, educare i nostri studenti all’uso della tecnologia ma anche a mantenere attivo il pensiero profondo, ad esempio la capacità di saper leggere un documento criticamente. Questa è una costruzione che si fa passo dopo passo, ogni giorno”.