Yardeni: i rendimenti dei Treasury USA tra 4,25% e 4,75% sono “normali” nonostante la confusione sui mercati
Edward Yardeni è tornato a commentare l’andamento dei titoli del Tesoro USA, sottolineando come la fase attuale sia caratterizzata da una forte confusione sui mercati obbligazionari, ma senza destare allarmismi. Un’opinione condivisa anche da Jamie Dimon, CEO di JPMorgan Chase, che durante la recente conference call sui risultati trimestrali ha affermato che “ci sarà confusione […] L'articolo Yardeni: i rendimenti dei Treasury USA tra 4,25% e 4,75% sono “normali” nonostante la confusione sui mercati proviene da Word2Invest.

Edward Yardeni è tornato a commentare l’andamento dei titoli del Tesoro USA, sottolineando come la fase attuale sia caratterizzata da una forte confusione sui mercati obbligazionari, ma senza destare allarmismi. Un’opinione condivisa anche da Jamie Dimon, CEO di JPMorgan Chase, che durante la recente conference call sui risultati trimestrali ha affermato che “ci sarà confusione sui mercati del Tesoro” e che soltanto un inizio di panico potrebbe spingere la Fed a intervenire.
Il caos è aumentato a partire dal 2 aprile, quando il presidente Donald Trump ha annunciato nuove tariffe reciproche su 60 Paesi (inclusa, ironicamente, un’isola abitata solo da pinguini). Sebbene l’entrata in vigore dei dazi sia stata poi rinviata di 90 giorni, le tariffe contro la Cina sono già operative.
Rendimenti tra 4,25% e 4,75% considerati fisiologici
Nonostante il forte movimento sui mercati, Yardeni ritiene che un rendimento dei Treasury decennali oscillante tra 4,25% e 4,75% sia da considerarsi fisiologico nel contesto attuale. Dopo essere sceso fino al 4,01% tra il 3 e 4 aprile, il rendimento è risalito rapidamente al 4,49% l’11 aprile, ignorando i dati sull’inflazione (CPI e PPI) inferiori alle attese e il forte calo del sentiment dei consumatori.
Molti osservatori di mercato, i cosiddetti Bond Vigilantes, sono invece più preoccupati: temono che la volatilità e l’incertezza politica possano tradursi in una pressione duratura sui rendimenti obbligazionari.
Dazi e inflazione: un rischio ancora aperto
Il principale rischio percepito dai mercati riguarda il potenziale effetto inflattivo delle tariffe imposte da Trump. Le aspettative di inflazione dei consumatori, infatti, sono aumentate significativamente nelle prime settimane di aprile. Se queste pressioni si rivelassero persistenti, la Federal Reserve sarebbe costretta a mantenere i tassi alti più a lungo, ritardando qualsiasi allentamento monetario.
Yardeni osserva che, pur essendo verosimile un aumento temporaneo dei prezzi, il vero obiettivo della Fed di Powell è mantenere ben ancorate le aspettative di inflazione di lungo termine, impedendo che un semplice “salto” dei prezzi si trasformi in inflazione strutturale.
Un ulteriore elemento di tensione deriva dalla possibile vendita di Treasury da parte della Cina come ritorsione alle tariffe del 145% imposte dagli Stati Uniti. Anche la recente volatilità dei basis trade degli hedge fund, che hanno dovuto liquidare posizioni, ha contribuito a spingere i rendimenti verso l’alto.
Il ruolo del Tesoro USA sotto Scott Bessent
Il Segretario al Tesoro Scott Bessent, pur criticando inizialmente la strategia di breve termine adottata da Janet Yellen nel 2023, ha poi confermato la decisione di mantenere invariata l’emissione di debito a lungo termine a 125 miliardi di dollari a trimestre, senza incrementi nel breve periodo.
Questa strategia di emissioni mirate sui titoli a breve termine ha contribuito a mantenere i costi di finanziamento relativamente bassi, almeno finora, in un momento di grande incertezza macroeconomica e politica.
Aste del Tesoro USA: domanda ancora solida
Nonostante il nervosismo sui mercati, l’ultima asta di Treasury ha mostrato risultati positivi: il rendimento medio si è attestato al 4,435%, inferiore rispetto alle aspettative di mercato. Gli acquirenti indiretti – che includono banche centrali estere e investitori istituzionali – hanno coperto l’87,9% dell’offerta disponibile, ben al di sopra della media storica del 70%.
Secondo Yardeni, i forti afflussi netti di capitale in entrata negli Stati Uniti continuano a bilanciare il deficit delle partite correnti. Nel 2024, gli Stati Uniti hanno registrato 1,13 trilioni di dollari di disavanzo corrente, compensati da 1,26 trilioni di afflussi di capitali.
Tuttavia, una riduzione strutturale del deficit commerciale – ad esempio attraverso l’imposizione di dazi – potrebbe teoricamente ridurre la disponibilità di dollari da investire in asset americani, aumentando così la pressione sui rendimenti obbligazionari.
Il rischio futuro: meno acquirenti esteri, più investitori domestici
Se l’acquisto di titoli USA da parte degli stranieri dovesse ridursi, spiega Yardeni, il vuoto potrebbe essere parzialmente riempito dai fondi pensione e dagli investitori domestici. Attualmente sovraesposti all’azionario, questi soggetti potrebbero vedere nei Treasury a 10 anni – che offrono rendimenti del 4,75% – un’alternativa più sicura, soprattutto in uno scenario di volatilità crescente.
In conclusione, Yardeni invita alla calma: l’intervallo di rendimento attuale sui Treasury è coerente con il contesto macroeconomico e, salvo shock maggiori, la situazione appare gestibile. I veri rischi emergenti restano legati alla capacità della Fed di controllare le aspettative di inflazione e all’evoluzione della politica commerciale americana.
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