Werner Herzog Leone d’oro alla Carriera, il regista: “Mi sembra una medaglia per il mio lavoro”
Werner Herzog Leone d’oro alla Carriera a Venezia 2025. L’annuncio l’ha dato poche ore fa la Biennale. Magniloquente e affabulante realizzatore di storie con protagonisti ambiziosi, vagamente misticheggianti, dai sogni impossibili, l’82enne regista bavarese ha accettato l’offerta veneziana affermando: “Ho sempre cercato di essere un Buon Soldato del Cinema e questa mi sembra una medaglia […] L'articolo Werner Herzog Leone d’oro alla Carriera, il regista: “Mi sembra una medaglia per il mio lavoro” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Werner Herzog Leone d’oro alla Carriera a Venezia 2025. L’annuncio l’ha dato poche ore fa la Biennale. Magniloquente e affabulante realizzatore di storie con protagonisti ambiziosi, vagamente misticheggianti, dai sogni impossibili, l’82enne regista bavarese ha accettato l’offerta veneziana affermando: “Ho sempre cercato di essere un Buon Soldato del Cinema e questa mi sembra una medaglia per il mio lavoro. Grazie. Tuttavia non mi sono ancora ritirato. Lavoro come sempre. Qualche settimana fa ho terminato un documentario in Africa, Ghost Elephants, e in questo momento sto girando il mio prossimo lungometraggio, Bucking Fastard, in Irlanda. Sto realizzando un film d’animazione basato sul mio romanzo The Twilight World, e interpreterò la voce di un personaggio nel prossimo film d’animazione di Bong Joon-ho. Non sono ancora finito”.
Divertente dichiarazione di un autore incapace di stare fermo, oggi lontano dai fasti degli anni settanta/ottanta dei suoi capolavori, legato anche se non in modo diretto a quel Manifesto di Oberhausen che nel 1962 produsse l’ondata del Nuovo Cinema Tedesco ed ebbe lo stesso impatto tellurico sulla produzione e la creazione cinematografica che in Francia ebbero i Cahiers du Cinema di Bazin e la relativa Nouvelle Vague.
“Cineasta fisico e camminatore instancabile, Werner Herzog percorre incessantemente il pianeta Terra inseguendo immagini mai viste, mettendo alla prova la nostra capacità di guardare, sfidandoci a cogliere ciò che sta al di là dell’apparenza del reale, sondando i limiti della rappresentazione filmica alla ricerca inesausta di una verità superiore, estatica, e di esperienze sensoriali inedite”, ha spiegato il direttore artistico di Venezia, Alberto Barbera. La carriera di Herzog può essere suddivisa in almeno tre fasi: la prima, fulminante, stordente, ipnotica con Segni di vita nel 1969 (Orso d’argento a Berlino), Aguirre – furore di Dio (1972) dove inizia il sodalizio tumultuoso con Klaus Kinski; L’enigma di Kaspar Hauser (1974); Nosferatu il vampiro (1979); Fitzcarraldo (1982).
Una seconda fase meditabonda e quasi invisibile (Grido di pietra, L’ignoto spazio profondo) che si incrocia e si aggrappa ad un nuovo filone aurifero, una sorta di terza fase, quella documentaria, dove Herzog narrare in prima persona con la sua voce fuori campo imprese, testardaggini, inafferrabili misteri alla base di racconti incentrati su uomini al limite dell’umana follia. Ne escono titoli indimenticabili come Grizzly Man e The fire within. Nel 2009 Herzog venne convinto dall’allora direttore artistico del festival veneziano, Marco Muller, a partecipare in Concorso con due film, due tra i suoi più inqualificabili titoli di fiction: Il cattivo tenente, una specie di richiamo al film di Abel Ferrara; My son, my son, what have ye done. Due clamorosi buchi nell’acqua festivalieri che però non hanno mai spento la fiamma inesauribile di un incantatore di serpenti come Herzog.
L'articolo Werner Herzog Leone d’oro alla Carriera, il regista: “Mi sembra una medaglia per il mio lavoro” proviene da Il Fatto Quotidiano.