Il demone del ghiaccio che cammina sul mare del nord

C’è una leggenda che aleggia tra le nebbie dense dell’Oceano Artico, nei pressi delle coste frastagliate della Groenlandia, dove il vento del nord sibila come un canto di fantasmi dimenticati. I pochi marinai che hanno osato spingersi tra i ghiacci raccontano una storia terribile: quella di una creatura ancestrale, chiamata da alcuni il Demone del […] Il demone del ghiaccio che cammina sul mare del nord

Apr 21, 2025 - 15:14
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Il demone del ghiaccio che cammina sul mare del nord
C’è una leggenda che aleggia tra le nebbie dense dell’Oceano Artico, nei pressi delle coste frastagliate della Groenlandia, dove il vento del nord sibila come un canto di fantasmi dimenticati. I pochi marinai che hanno osato spingersi tra i ghiacci raccontano una storia terribile: quella di una creatura ancestrale, chiamata da alcuni il Demone del Ghiaccio, da altri l’Unghiuto di Jökul, che cammina sul mare gelato come fosse pietra viva e lascia solchi profondi con le sue unghie nere, tracciando messaggi di morte.   Secondo i resoconti tramandati nelle taverne dei porti di Reykjavík e Tromsø, il demone apparve per la prima volta in epoca vichinga. Alcune saghe islandesi parlano di un’ombra che camminava sulle acque gelate, preceduta da un suono simile al lacerarsi del metallo. I capitani delle drakkar che avevano violato le acque sacre del nord non fecero mai ritorno. Le loro navi furono ritrovate spiaggiate, i ponti ricoperti di graffi profondi e runiche frasi incise nel legno: “Non sfidare il respiro del ghiaccio”. I glaciologi moderni hanno tentato di attribuire queste storie ai fenomeni naturali tipici della zona, come il suono prodotto dal movimento delle placche di ghiaccio, che possono sembrare simili a passi. Ma le coincidenze con le sparizioni inspiegabili e la comparsa di segni incisi nei relitti hanno alimentato il mito.   Si racconta che il demone non parli, ma scriva. Non con penna né calamaio, ma con le sue unghie di ossidiana, nere come il buio del fondale oceanico. I messaggi che lascia, sempre in lingue antiche o in simboli sconosciuti, sono rivolti ai capitani. Sono ammonimenti, minacce o premonizioni di tragedie imminenti. Alcuni studiosi dell’occulto hanno provato a decifrare i segni incisi nei relitti delle spedizioni perdute nel Mare di Barents o nel Mar Glaciale Artico, notando ricorrenze sinistre: sempre nomi, date e la parola “freddo eterno”. Uno dei casi più documentati è quello della nave norvegese Eldhrafn, scomparsa nel 1982. Fu ritrovata incagliata in un blocco di ghiaccio, intatta, ma priva dell’equipaggio. Sul ponte, inciso tra le assi, un messaggio: “Chi varca il confine del silenzio incontra il gelo che cammina”. Il linguista Rolf Haagensen dell’Università di Oslo ha confermato che il testo era composto in una variante arcaica del norreno, non più parlata da oltre 600 anni.   Molti ritengono che il mare del nord ghiacciato sia una porta tra mondi. Alcuni scienziati hanno ipotizzato che illusioni ottiche e condizioni estreme di isolamento possano generare allucinazioni collettive, ma ciò non spiega i dati raccolti in decine di relitti sparsi tra le isole Svalbard e la costa orientale della Groenlandia. In ogni caso documentato, appare una costante: la scomparsa completa dell’equipaggio e la presenza di incisioni simili a graffi, come se delle mani non umane avessero scritto nella carne viva del legno. Secondo alcuni teorici del paranormale, il demone del ghiaccio è un guardiano primordiale del clima, risvegliatosi ogni volta che l’uomo ha osato sfidare le leggi naturali nel tentativo di aprire rotte artiche o sfruttare giacimenti sotto il permafrost. A sostegno di questa teoria, è stata citata una spedizione russa del 2011, che mirava a sondare le riserve di gas sotto il Mar di Kara. Tutti i membri dell’equipaggio furono ritrovati morti, congelati, con espressioni di terrore e simboli sconosciuti tracciati attorno a loro nella neve.   Ma perché il demone scriverebbe solo ai capitani? La leggenda suggerisce che non siano le navi, né gli uomini comuni, a suscitare la sua ira, ma coloro che guidano. I comandanti sono responsabili delle scelte, delle rotte, delle sfide agli elementi. Sono loro a decidere di forzare il blocco dei ghiacci o di attraversare i passaggi nel cuore dell’inverno. A loro, quindi, spettano i messaggi: frasi incise nel ponte, nomi segnati sulla vela, simboli lasciati sul timone. Uno degli episodi più inquietanti risale al 1997, con la scomparsa del peschereccio canadese “Arctic Crown”. Fu ritrovato alla deriva, immobile in un campo di iceberg. Sul diario del capitano, le ultime parole: “Una figura cammina verso di noi. Non lascia impronte. Sta scrivendo sul ghiaccio”. Nessuna delle 22 persone a bordo fu mai ritrovata.   Nonostante il progresso tecnologico e la cartografia satellitare, molte rotte artiche rimangono inaccessibili o considerate pericolose non solo per le condizioni meteo, ma per la fama sinistra che le circonda. Organizzazioni internazionali come l’International Maritime Organization (IMO) continuano a raccomandare estrema prudenza nell’esplorazione delle acque artiche durante l’inverno. Ci sono rapporti riservati che parlano ancora oggi di avvistamenti inquietanti, scritte apparse su vetri ghiacciati, ombre tra i lastroni, e persino comunicazioni radio disturbate da frasi incomprensibili. Il mito del demone del ghiaccio non si è mai dissolto: ha solo assunto una forma più sottile, occulta ma persistente, nei sussurri tra capitani veterani e nei racconti dei superstiti. Forse, da qualche parte oltre il Circolo Polare Artico, una creatura cammina ancora sulle distese ghiacciate. E scrive, con le unghie, i destini di chi osa solcare le sue acque proibite.

Il demone del ghiaccio che cammina sul mare del nord