Viaggio della speranza a Rafah. Pezzati nelle zone di guerra: "La situazione è disumana"
Il consigliere politico per le crisi umanitarie di Oxfam è partito con l’attivista Alfio Nicotra "L’aspetto più difficile del lavoro è vedere tutto questo, un misto di frustrazione e tristezza".

Mentre parliamo, Paolo Pezzati, consigliere politico per le crisi umanitarie di Oxfam Italia, aretino, è in viaggio su un pullman diretto a Rafah. Con lui, parlamentari, giornalisti e attivisti tra cui un altro aretino, il giornalista e co-presidente della Ong pacifista "Un ponte per...", Alfio Nicotra. Una delegazione dell’Associazione delle Organizzazioni Italiane di cooperazione e solidarietà internazionale diretta nella Striscia di Gaza, da 19 mesi sotto attacco israeliano e da oltre 70 giorni in stato di blocco degli aiuti umanitari. Oltre due milioni di persone intrappolate in una crisi senza precedenti.
Pezzati, qual è lo scopo del suo viaggio di oggi a Rafah, che tipo di missione sarà?
"Gli obiettivi sono almeno due. Il primo, è mostrare alla popolazione palestinese che la società civile italiana è solidale per il dramma che stanno vivendo. Continuiamo a chiedere il cessate il fuoco, l’accesso umanitario libero e incondizionato e che cessino i ripetuti crimini di guerra contro l’umanità che vengono compiuti a loro danni. Il secondo obiettivo è di carattere politico: vogliamo fare in modo che aumenti il dibattito pubblico in Italia, che si riaccendano i riflettori sul fatto che dentro Gaza non arrivano aiuti da 70 giorni. Un massacro che va avanti da 18 mesi e che sta portando alla più grave crisi umanitaria del ventunesimo secolo".
Un appello politico, quindi. "L’obiettivo è sviluppare un dibattito a livello nazionale affinché il nostro governo cambi posizione su quello che sta succedendo a Gaza e che la smetta di essere complice attraverso le non azioni e le non dichiarazioni su quello che sta succedendo. Stiamo creando un precedente pericoloso che può avere come effetto quello di avere più conflitti e sempre più cruenti che non rispettano il diritto umanitario internazionale".
Qual è la situazione umanitaria attuale a Gaza?
"Quando diciamo che da oltre 70 giorni non entra niente, vogliamo dire che non entra cibo, non entrano acqua, medicine, carburante e tutto quello che serve per salvare la vita a oltre 2 milioni di persone. È appena uscito un rapporto sulla sicurezza alimentare dentro la Striscia che dice che oltre 500 mila persone sono al livello più grave di insicurezza alimentare. Oltre il 90% della popolazione soffre di malnutrizione acuta. Le persone iniziano a morire di fame e adesso, dopo 70 giorni, la gente non ce la fa più. Tra i rischi da tenere in considerazione ci sono anche quelli legati alle condizioni di vita insalubri. Gaza è piena di macerie, rifiuti e liquami che possono produrre epidemie".
Qual è l’aspetto più difficile del vostro lavoro in questi contesti?
"Le sensazioni sono un mix di frustrazione e di tristezza. Siamo stanchi di scrivere rapporti rispetto alla gravità delle violazioni che sono state compiute in questi 18 mesi dall’esercito israeliano e, nonostante questo, di non riuscire a cambiare, finora, di una virgola la posizione del nostro governo. Siamo però ancora in tanti a credere che sia possibile uscire da questa situazione e pensare a un futuro per la popolazione palestinese dentro la Striscia".
Chi vuole, come può sostenere questa missione?
"Ieri un’attivista palestinese ci ha detto "Non smettete di manifestare, di scendere in piazza, di manifestare il vostro dissenso rispetto quello che sta succedendo". Ecco, io voglio fare mio questo appello e rivolgerlo alla popolazione aretina, toscana e italiana. Scendete in piazza, organizzate manifestazioni, eventi, iniziative di dissenso rispetto alla politica di complicità che sta portando avanti il nostro governo e condannate chiaramente i crimini che sta compiendo il governo di Israele".
C’è già qualcosa in programma per quando tornerà ad Arezzo?
"Sì, stiamo pensando di organizzare un evento per condividere le esperienze vissute e i messaggi che ci hanno affidato le persone palestinesi che abbiamo incontrato e che incontreremo nei prossimi giorni, per fare in modo che le loro parole arrivino al maggior numero di persone possibile".