Trump detta ancora legge sui mercati: resta alta la volatilità

In ripresa i mercati asiatici dopo che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha sospeso i dazi su alcuni prodotti elettronici di consumo, prodotti la cui fabbricazione vede proprio l’Asia in prima fila e la Cina su tutti. Dall’Hang Seng di Hong Kong all’indice CSI 300 della Cina continentale passando per i giapponesi Nikkei 225 e Topix e senza escludere il Kospi coreano, tutti i listini registrano una crescita. Ma questo trend potrebbe cambiare nuovamente dal momento che Trump e il Segretario al Commercio Howard Lutnick hanno lasciato intendere che le decisioni di esentare alcune voci del settore tecnologico, non sono definitive. Una dichiarazione che non ha fatto altro che aumentare l’incertezza per le prossime mosse ma, contemporaneamente, esacerbare la frenesia degli acquisti nell’immediato approfittando delle quotazioni ancora basse. . Intanto in Europa i listini aprono in ampio vantaggio con acquisti proprio sui tecnologici. Economia 5 Aprile 2025 Oro e petrolio: chi sale e chi scende con i dazi di Trump I timori di una possibile recessione sono stati confermati anche dalle ultime dichiarazioni della direttrice del Fondo monetario internazionale 5 Aprile 2025 petrolio usa oro donald trump dazi Guarda ora Quella che si è appena chiusa è stata una settimana che ha visto come indiscutibili protagonisti i dazi voluti da presidente USA Donald Trump e che sono stati resi ufficiali il 2 aprile. Una strategia che se nella volontà del tycoon doveva correggere lo squilibrio della bilancia commerciale statunitense, nei fatti ha scatenato il panico sui mercati Un panico che si è registrato non solo nelle chiusure, tutte in pesante negativo, dei mercati mondiali ma anche sul settore dell’obbligazionario a stelle e strisce che proprio all’indomani della proclamazione dei dazi ha registrato un aumento delle vendite e dei rendimenti in particolare sulle scadenze di lungo periodo. Forse proprio considerando questo aspetto, l’inquilino della Casa Bianca, dopo il panico iniziale, ha aggiustato il tiro proclamando una tregua di 90 giorni descritta come una sorta di finestra per permettere alle varie nazioni di riuscire ad arrivare ad un accordo con Washington. Report & analisi 10 Aprile 2025 Trump cambia (ancora) idea ma la Cina non si fida Intanto i vertici politici internazionali hanno deciso di approfittare di questa finestra per riuscire a concludere accordi vantaggiosi con Washington 10 Aprile 2025 usa cina donald trump dazi Guarda ora

Apr 14, 2025 - 10:49
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Trump detta ancora legge sui mercati: resta alta la volatilità

In ripresa i mercati asiatici dopo che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha sospeso i dazi su alcuni prodotti elettronici di consumo, prodotti la cui fabbricazione vede proprio l’Asia in prima fila e la Cina su tutti.

Dall’Hang Seng di Hong Kong all’indice CSI 300 della Cina continentale passando per i giapponesi Nikkei 225 e Topix e senza escludere il Kospi coreano, tutti i listini registrano una crescita. Ma questo trend potrebbe cambiare nuovamente dal momento che Trump e il Segretario al Commercio Howard Lutnick hanno lasciato intendere che le decisioni di esentare alcune voci del settore tecnologico, non sono definitive. Una dichiarazione che non ha fatto altro che aumentare l’incertezza per le prossime mosse ma, contemporaneamente, esacerbare la frenesia degli acquisti nell’immediato approfittando delle quotazioni ancora basse. .

Intanto in Europa i listini aprono in ampio vantaggio con acquisti proprio sui tecnologici.

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5 Aprile 2025
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Quella che si è appena chiusa è stata una settimana che ha visto come indiscutibili protagonisti i dazi voluti da presidente USA Donald Trump e che sono stati resi ufficiali il 2 aprile. Una strategia che se nella volontà del tycoon doveva correggere lo squilibrio della bilancia commerciale statunitense, nei fatti ha scatenato il panico sui mercati
Un panico che si è registrato non solo nelle chiusure, tutte in pesante negativo, dei mercati mondiali ma anche sul settore dell’obbligazionario a stelle e strisce che proprio all’indomani della proclamazione dei dazi ha registrato un aumento delle vendite e dei rendimenti in particolare sulle scadenze di lungo periodo. Forse proprio considerando questo aspetto, l’inquilino della Casa Bianca, dopo il panico iniziale, ha aggiustato il tiro proclamando una tregua di 90 giorni descritta come una sorta di finestra per permettere alle varie nazioni di riuscire ad arrivare ad un accordo con Washington.

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Sullo sfondo, però, si andava delineando sempre più chiaramente il punto interrogativo più problematico e cioè il rapporto con la Cina. Infatti se i dati erano stati calibrati a seconda del paese di provenienza delle merci (10% alla Gran Bretagna, 20% Europa, 34% Giappone), la Cina scontava anche una serie di misure doganali aggiuntive che portavano il primo saldo iniziale a superare il 50%, poi arrivato, con altre modifiche, all’84% e poi al 125% proprio mentre Trump decideva, invece, di proclamare la tregua con il resto del mondo. Un valzer delle cifre che non è piaciuto a Pechino la quale, a sua volta, non solo ha deciso di rispondere con le stesse tariffe alle merci USA importate ma anche di rafforzare alleanze commerciali con altre nazioni anch’esse politicamente ed economicamente contrarie alle pretese di Trump.

Non solo ma il Dragone ha deciso di difendere i propri interessi anche in sede legale denunciando le decisioni statunitensi all’Organizzazione Internazionale del Commercio (WTO).
Ma le tante conseguenze dei dazi si sono abbattute anche su molti altri settori, in primis il petrolio che, complici le paure per una possibile recessione mondiale, ha iniziato un costante declino delle quotazioni.

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Il 2 aprile, giorno della proclamazione dei dazi, il Brent ha chiuso a 74,95 dollari al barile mentre il West Texas Intermediate a 71,7 dollari. Nel primo pomeriggio di venerdì, invece, risultava poco sopra i 63 dollari mentre il Wti galleggiava sui 60 dollari.
Un altro esempio è l’indice S&P GSCI, che monitora le materie prime globali nei settori energetico, metallurgico e agricolo. Dalla sua osservazione si nota come i prezzi siano in sensibile calo dal 2 aprile con un -8% mentre diventa un -20% se si guarda al confronto con lo stesso periodo dell’anno scorso. La Cina è il maggiore consumatore di materie prime e l’aumento costante ed esacerbato delle tariffe doganali rischia di frenare la crescita della nazione cinese (che è la seconda potenza economica al mondo) sia di quella statunitense. Goldman Sachs ha tagliato le sue previsioni sul PIL cinese al 4%, a causa dell’impatto negativo delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti e della crescita globale più lenta.

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A registrare il calo più ampio è la voce riguardante l’energia che dal 2 aprile ha visto un – 12% mentre quella dei metalli industriali segue con un calo del 9%. Terzo posto per le soft commodities con un -5,2%. Un calo generalizzato che non sembra essere destinato a finire nell’immediato. Le aspettative di ulteriori cali dei prezzi delle materie prime alimentano un coro crescente di previsioni di recessione negli Stati Uniti. JPMorgan prevede che il prodotto interno lordo statunitense si contrarrà dello 0,3% quest’anno, dopo un anno di robusta crescita. Non solo, le tensioni commerciali e i timori di recessione si sommano alle prospettive non esaltanti del settore immobiliare nella Cina continentale. Un indicatore dell’economia mondiale, il rame, aggiunge ulteriori timori ad una fotografia ancora fosca. Numeri alla mano i future sul rame a New York, scambiati a 8.380 dollari la tonnellata sul NYMEX, vedono un calo del 16% dal 2 aprile.

Resta, su tutto, un’isola felice: Lingang, un’area sterminata a Sud Est di Shanghai che risulta essere Free Trade Zone e dove Elon Musk, che recentemente si è spinto a criticare le politiche dei dazi direttamente con il suo fautore, Donald Trump, ha costruito la sua gigafactory delle EV già nel 2018.

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