Travolta e uccisa. Arrestato un parroco. Alla guida col cellulare

È accusato di omicidio stradale e omissione di soccorso. Il gip: la rugbista 32enne poteva essere salvata.

Apr 30, 2025 - 05:45
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Travolta e uccisa. Arrestato un parroco. Alla guida col cellulare

Alla fine, il ‘pirata’ aveva davvero la tonaca. Un ‘folle al volante’ che non solo ha travolto una giovane centaura, ma non si è neppure fermato a soccorrerla. Finisce ai domiciliari don Nicola D’Onghia, 54anni, parroco originario di Noci (Bari) e docente della facoltà teologica pugliese, indagato per omicidio stradale e omissione di soccorso nella morte di Fabiana Chiarappa, trentaduenne rugbista e soccorritrice del 118, deceduta la sera del 2 aprile in un drammatico incidente sulla provinciale Turi-Putignano. La decisione del gip Nicola Bonante si basa sul rischio di inquinamento probatorio e reiterazione del reato, dopo che le indagini hanno ricostruito una dinamica agghiacciante: la giovane, già caduta con la moto, sarebbe stata travolta dall’auto del sacerdote, distratto dal cellulare e dalla velocità eccessiva, per poi essere abbandonata senza soccorso.

Sono le 20:30 quando Fabiana Chiarappa, atleta molto conosciuta e volontaria del 118, perde il controllo della sua Suzuki 650 in una serata umida, finendo fuori strada e urtando un muretto a secco. L’impatto, però, non le è fatale: secondo l’autopsia, la trentaduenne tenta di rialzarsi, come dimostrano i guanti ritrovati accanto al muro. Venti secondi dopo, però, viene investita dalla Fiat Bravo di don D’Onghia, che la colpisce alla testa, trascinandola per metri sull’asfalto. A ucciderla sarebbe stato lo schianto con la Fiat, non la caduta dalla moto. È morta per schiacciamento.

Le indagini dei carabinieri, coordinate dalla pm Ileana Ramundo e dal procuratore Ciro Angelillis, rivelano particolari scioccanti. Sulla Bravo del sacerdote sono state trovate tracce di sangue, riconducibili alla vittima, e danni al paraurti compatibili con l’urto contro un casco. Ma è l’analisi dei tabulati a inchiodare don Nicola: fino a 11 secondi prima dell’investimento era al telefono, prima con un interlocutore, poi tentando ripetutamente di chiamarne un altro. Una distrazione fatale. Ai riscontri tecnici, si aggiungono le immagini della videosorveglianza di un distributore di benzina, distante 300 metri, dove il prete si ferma per verificare i danni alla sua vettura. A sua difesa il parroco sostiene di aver sentito un rumore, scambiato per un sasso. Una ricostruzione "inverosimile" per il gip: è impossibile confondere l’urto con un corpo umano – soprattutto dopo averlo sormontato e trascinato – con quello contro una pietra. Oltre all’uso del cellulare, i magistrati contestano al teologo di non aver prestato soccorso ("Fabiana era ancora viva", sostiene il gip) violando doveri morali e civili. L’ordinanza sottolinea come, in pochi secondi tra la caduta e l’impatto, don Nicola avrebbe potuto evitare la tragedia guidando con prudenza.

Nino Femiani