Centrali a carbone, il peso dei finanziamenti cinesi ai Brics

La Cina finanzia ancora la costruzione di nuove centrali energetiche fossili all’estero, soprattutto tra i nuovi Paesi membri del raggruppamento Brics, nonostante gli impegni su clima ed energia rinnovabile presi nel 2021 dal presidente Xi Jinping. Le aziende del grande Paese asiatico sono infatti i principali fornitori di servizi di ingegneria, approvvigionamento, costruzione e finanziamento […] The post Centrali a carbone, il peso dei finanziamenti cinesi ai Brics first appeared on QualEnergia.it.

Apr 30, 2025 - 11:32
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Centrali a carbone, il peso dei finanziamenti cinesi ai Brics

La Cina finanzia ancora la costruzione di nuove centrali energetiche fossili all’estero, soprattutto tra i nuovi Paesi membri del raggruppamento Brics, nonostante gli impegni su clima ed energia rinnovabile presi nel 2021 dal presidente Xi Jinping.

Le aziende del grande Paese asiatico sono infatti i principali fornitori di servizi di ingegneria, approvvigionamento, costruzione e finanziamento per le nuove installazioni in Indonesia, Bielorussia, Bolivia, Kazakistan, Cuba, Malesia, Thailandia, Uganda, Uzbekistan e Nigeria.

La “mano fossile” della Cina sui Brics

Secondo l’ultima analisi (pdf) del Global Energy Monitor (Gem) “BRICS can lead clean energy transition in new members where fossil fuels predominate” questi Paesi hanno in costruzione 25 GW di potenza da centrali a carbone, petrolio e gas, su una pipeline totale di 35 GW che include anche idroelettrico, solare, eolico e geotermico.

Circa il 62% di questi 35 GW coinvolge imprese di Stato cinesi, che hanno le mani nell’88% dei progetti che riguardano il carbone.

Un esempio evidente riguarda l’Indonesia, il principale destinatario di investimenti nell’ambito della Belt and Road Initiative nel 2024 (la cosiddetta nuova “Via della Seta”, l’iniziativa strategica della Repubblica Popolare Cinese per il miglioramento dei suoi collegamenti commerciali con i paesi nell’Eurasia), quasi tutti diretti al settore energetico.

Negli ultimi anni i fondi di Pechino sono stati determinanti per la crescita nel Paese di impianti a carbone “vincolati”, in particolare destinati alla raffinazione dei minerali metallici, con la potenza degli stabilimenti a guida cinese  triplicata dal 2019. In Indonesia sono previsti 8,6 GW di nuovi impianti a carbone, attualmente già in costruzione, e, come detto, l’88% di questi verrà realizzato grazie al contributo di aziende di Stato cinesi.

Queste aziende sono inoltre coinvolte nello sviluppo di 7 centrali a petrolio e a gas distribuite tra i nuovi Paesi Brics, di cui i due impianti maggiori in Uzbekistan e Nigeria, per 6,5 GW di potenza aggiuntiva totale.

La forte contraddizione tra i Brics

Il gruppo Brics delle principali economie emergenti è stato fondato nel 2009 da Brasile, Russia, India e Cina e si è allargato nel 2010 includendo anche il Sudafrica. All’inizio del 2024, il numero dei suoi membri si è ulteriormente ampliato includendo Iran, Emirati Arabi Uniti, Etiopia ed Egitto.

Quest’anno, in qualità di Paese ospitante della presidenza di turno, il Brasile ha annunciato l’adesione dell’Indonesia come membro a pieno titolo, insieme ad altri nove Paesi, citati all’inizio, che hanno ottenuto lo status di partner. Il blocco produce oggi più di un terzo del Pil globale e ospita circa la metà della popolazione mondiale e delle emissioni di CO₂.

Dal punto di vista dello sviluppo energetico i Brics vivono una forte contraddizione. Mentre i nuovi membri rischiano di restare impantanati inefficienti sistemi energetici basati sulle fossili, le economie più strutturate fanno importanti passi in avanti nelle installazioni di impianti a fonte rinnovabile, senza però fare abbastanza per trascinare il resto del gruppo.

Brasile, India e Cina sono tra i primi cinque Paesi al mondo per potenza installata di eolico e tra i primi sette per quanto riguarda il fotovoltaico su scala industriale. Secondo una recente analisi del Global Wind Energy Council (di cui abbiamo scritto in Eolico record nel 2024: installati nuovi 117 GW) questi paesi occupano tre delle prime cinque posizioni per nuovo installato eolico a livello globale nel 2024.

La stessa Cina, che come abbiamo visto incide moltissimo sullo sviluppo di impianti a fonte fossile negli altri membri Brics, primeggia allo stesso tempo nel sostegno all’eolico e al fotovoltaico in quegli stessi mercati: oltre la metà della potenza solare in costruzione (947 MW) e quasi il 90% di quella eolica (601 MW) è infatti in mano ad aziende cinesi.

La contraddizione è evidente anche nei piani climatici a lungo termine. Attualmente l’80% dei nuovi membri ha dichiarato un qualche tipo di obiettivo per raggiungere emissioni nette pari a zero entro il 2050 o il 2070, e tutti e cinque i nuovi membri che utilizzano ancora carbone per la produzione di energia hanno annunciato una data entro la quale intendono eliminare gradualmente questa fonte dai loro mix energetici.

Tuttavia, secondo Gem, meno del 7% della potenza non fossile in fase di sviluppo tra tutti i Paesi Brics è effettivamente in costruzione (10 GW su un totale di 139 GW), contro il 44% dei progetti a carbone e il 26% di quelli a gas e petrolio, che vedranno quindi la luce molto prima, con tutte le conseguenze negative che questo comporta.The post Centrali a carbone, il peso dei finanziamenti cinesi ai Brics first appeared on QualEnergia.it.