“Tornare da dove si è partiti”: la Genova (e la vita) di Vago e Krifal

“Nel rap esiste il flow, le rime, la capacità di fare incastri e l’attitudine sul palco: maa questi elementi non valgono niente se non hai niente da dire”: così Fabri Fibra introduce la città di Genova per la seconda stagione di Nuova Scena, lo show rap disponibile su Netflix. Genova è una della città protagoniste… The post “Tornare da dove si è partiti”: la Genova (e la vita) di Vago e Krifal appeared first on Soundwall.

Mag 5, 2025 - 10:55
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“Tornare da dove si è partiti”: la Genova (e la vita) di Vago e Krifal

Nel rap esiste il flow, le rime, la capacità di fare incastri e l’attitudine sul palco: maa questi elementi non valgono niente se non hai niente da dire”: così Fabri Fibra introduce la città di Genova per la seconda stagione di Nuova Scena, lo show rap disponibile su Netflix. Genova è una della città protagoniste di questa nuova edizione, dove i tre giudici Fabri Fibra, Geolier e Rose Villain ricercano i migliori talenti emergenti in diverse città italiane. Da Torino al largo del Mar Ionio, da Locorotondo in Puglia fino a Londra. Gli artisti che si mostrano nel capoluogo ligure sono presentati da Bresh, Vaz Tè e Sonny Willa: Krifal di Sampierdarena e Vago di Certosa. A fare da palcoscenico i Giardini Luzzati: spazio comune e punto nevralgico nei vicoli di Genova, che ospita eventi musicali culturali attraenti per giovani e non solo. Vago e Krifal qui ci raccontano con le loro penne una quotidianità vissuta in periferia tra immagini crude, ma allo stesso tempo autentiche. L’Ep “Solo” ha portato Vago ad una consapevolezza artistica e di sé ben definita. Krifal con l’Ep “Rinascita” ha avviato un viaggio artistico fatto di sogni e ferite, di ricordi e di attese. La città della Lanterna ha portato loro una scrittura unica e immediatamente riconoscibile:“Da questa città sono nati testi che sembrano vere poesie e basta camminare per le sue strade per capirne il perché, per respirare un’energia magica”. Con queste parole di Fibra ripercorriamo il loro pensiero attraverso la voce di alcuni tra i più importanti poeti liguri.

Caproni nel 1956 scrive una vera e propria litania su Genova, città che lo ha visto crescere. Bella e commovente, questa poesia è stata recitata più volte anche dopo la tragedia del Ponte Morandi come simbolo di riscatto per Genova, che si piega e non si spezza. Dove avete trovato voi la forza per non rassegnarvi?

Krifal: Ho sempre trovato la forza nel mio essere. Ho passato tante cose nella mia vita che mi hanno costretto a lottare. O questo, oppure bye bye a tutto e a tutti. È stato proprio un change mentale improvviso. A parer mio quando superi alcuni drammi, acquisisci forza in te stesso. Quindi la forza di non rassegnarmi mai l’ho trovata in me stesso.

Vago: La forza interiore che ha citato Kri, fondamentale per potare avanti quello in cui credi, è a mio avviso l’unico mezzo. Per quanto mi riguarda il contatto con gli amici del rap e con la famiglia mi hanno sempre dato manforte durante il mio percorso artistico. Anche quando ho pensato di non essere abbastanza, mi hanno spronato a non mollare. In questo ho trovato la forza di non spezzarmi. Per quanto, ti dico la verità, ho raggiunto spesso il limite. Se gli altri credono in te, aumenta la tua autostima.

Camillo Sbarbaro è stato un poeta ligure che ha raccontato e affondato le mani nel pessimismo esistenziale: “Il mondo è un grande deserto e lo guardo con occhi asciutti”. Di fronte al vuoto di questi tempi, esiste una via d’uscita?

Krifal: Se devo essere realista, per come va adesso il mondo e nello specifico l’Italia, ti dico di no. Non riesco a vedere una via d’uscita. Però se questa situazione dovesse cambiare sotto tanti punti di vista, si dovrebbe sviluppare un lato più buono e riuscire ad essere più opinabili anche su questioni ormai sdoganate come la legalizzazione della cannabis. È legale ovunque, pure in Germania, mentre in Italia ancora non ci si è mossi. Questo fa capire tante cose. Questo è un Paese corrotto, e tutti lo sappiamo. Quindi, dal mio punto di vista, ad oggi, non vedo nessuno spiraglio di uscita.

Vago: L’unica vera via d’uscita, secondo me, è la consapevolezza dell’individuo. Ci deve essere qualcuno pronto a battersi per gli altri più che per se stesso. Non è una cosa impossibile e utopistica. Semplicemente occorre incoraggiare i ragazzi tramite i loro coetanei. Il mio sogno è quello, un domani, di avere una voce in capitolo grazie alla mia capacità comunicativa per spronare le persone. Questo è l’unico vero modo per trovare questa via d’uscita. Poi questo riguarda tutto: dalla legalizzazione della cannabis, ad aiutare la vecchietta per strada, a non accoltellarsi per una collanina d’oro… La comunicazione è l’unico vero mezzo per uscire da questa merda che stiamo vivendo.

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Yesterday dei Beatles apre dicendo: “Ieri tutti i miei problemi sembravano così lontani, ma ora sembra che siano tornati per restare”. La vostra penna scrive anche del vostro passato. È anche questo un urgente messaggio di rinascita?

Krifal: Sì, è così. Io scrivo spesso del mio passato perché credo che in base a ciò che vivi, sviluppi una tua mentalità e acquisisci maturità. I Beatles sono entrati nella mia vita grazie a mio padre perché lui è un musicista, ed ha sempre masticato musica anni ‘80. Paul McCartney ha una voce incredibile. Sono la mia band preferita insieme ai Queen. Questa citazione di “Yesterday” la sposo in pieno e la penso esattamente così. Credo che il passato ritorni necessariamente nella nostra vita, in quanto dentro di noi continuano a vivere questioni irrisolte. Rivivere certe emozioni e certi momenti può essere di grande insegnamento. Soprattutto a livello artistico, rivivere momenti del passato è grande fonte d’ispirazione.

Vago: Il passato è un modo reale per consapevolizzarsi nel presente. Quando scrivo, scrivo anche del mio passato, e ci sono riflessioni che riguardano quel tempo richiamate da quello che sto vivendo ora. È difficile che io scriva un concetto pensando al passato: scrivo una cosa quando è sentita realmente. Il passato lo tiro fuori quando ho vissuto un’emozione forte, specialmente nelle relazioni umane. L’odio che ho provato nel passato era rivolto più a me stesso che verso gli altri.

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Eugenio Montale scrive “Casa sul mare”, un vero e proprio viaggio di vita a Genova: “Il suono del mare sovrasta i pensieri solo se ci credi davvero”. Proprio il mare, è sempre presente nella storia della vostra città. Quanto vi ha aiutato questo elemento nei vostri testi?

Krifal: Il mare è fondamentale anche per l’aria che si respira a Genova. Se non ci fosse l’aria di porto, l’aria di mare, non sarebbe Genova. Questo indubbiamente influenza. Io sono una persona condizionata anche dagli odori. Se sto in un luogo dove non c’è un profumo gradevole, non mi sento a mio agio. La frase che hai citato è anche di un quadro che mi ha regalato mio padre che recita: “Se il rumore del mare sovrasta i pensieri sei nel posto giusto”. Mi sono immaginato solo in spiaggia con tutta la città alle spalle che fa casino: io devo rimanere concentrato solo sul rumore delle onde. Se hai un problema e ti concentri solo su quello, non riesci a vedere la bellezza del resto. Ed è per questo che poi si sta male.

Vago: Il mare non ha influenzato direttamente la mia scrittura. A volte lo cito nei miei testi, vero, ma non è mai stato fondamentale per me. Lo pensavo anche oggi: rispetto agli artisti genovesi passati e presenti, io ho vissuto meno la realtà del mare, la spiaggia ed il borghetto. Io da certosino doc ho passato tanto tempo in periferia, dove il mare non c’è. Il mare per noi era quello spazio da vivere in estate per andare a far casino, prendere il treno e andare a Voltri o Arenzano per divertirsi. Non mi sento realmente genovese nella scrittura, non ho avuto questa influenza. Vivevo i vicoli il venerdì ed il sabato sera, non capendo il grande fascino che c’era dietro a tutto questo. Lo comprendo solo adesso che sto diventando grande, con la voglia di scoprire certi odori, certe sensazioni e certi sapori. Avendo vissuto però tanto la periferia, sento di avere una struttura con meno influenze del mare ma con più vissuto del mio blocco. Paradossalmente mi sento molto più milanese nello scrivere, sebbene la genovesità che ho dentro diventi poi un plus.

Nella poesia Accelerato Montale descrive in maniera perentoria gli squarci di realtà che si vedono in Liguria. Voi raccontate gli squarci della realtà che vivete a Certosa e a Sampierdarena. Quanto c’è dei vostri quartieri in quello che scrivete?

Krifal: Sampierdarena mi ha influenzato e mi influenza tutt’ora. Io sono cresciuto con in cuffia la roba di Vago, Jerry ed Equipe149. Quando ero pischello sono stato influenzato da tutto questo, da qualcosa che ti faceva dire “Cazzo siamo un blocco!”. Noi siamo Sampierdarena. C’è sempre stata questa divisione tra blocchi che, però, è sempre stata un’unione, alla fine. Questa, secondo me, è la grandissima forza di Genova.

Vago: Ho una penna cruda, molto diretta e reale. È tutto molto esplicito. Questo forse noi artisti di periferia lo esprimiamo di più, in maniera sia lirica che incisiva: la nostra è una poesia incisiva, un po’ cruda e più terra terra. Certosa mi ha trasmesso questa cattiveria. Ovvero ciò che la vita in periferia ti insegna: non guardare in faccia nessuno, rispondere male e incattivirsi. Tutto questo.

Cesare Pavese, che tratta anche i temi dell’amore e della malinconia, si domanda: “Val la pena esser solo, per essere sempre più solo?”. Che rapporto avete con la solitudine?

Krifal: Sono una persona che ha trascorso molto tempo da sola. Sono cresciuto con mia madre, lei aveva un ristorante e quando avevo 13 anni restavo a casa da solo aspettando che tornasse. Ho, oggi, un rapporto bello con la solitudine. Riesco a star da solo senza problemi. Però quando ero più piccolo avevo tante insicurezze verso me stesso: la mia solitudine era negativa, mi chiudevo in casa per non uscire. Un tema che porto sempre nelle mie canzoni è l’apatia sociale. Avevo un problema nel relazionarmi  con le persone. Giocavo alla Play 12 ore al giorno, pesavo 80kg. Oggi ho superato questa cosa e riesco a stare da solo senza problemi.

Vago: Quello che dice Pavese, secondo me, è il fulcro ed il perno dell’artista. Nella solitudine si trovano malinconia e grovigli di pensieri, e, di conseguenza, creatività e stimoli. Il mio rapporto con la solitudine è strano, perché sono un ragazzo a cui piace stare molto con le persone a cui vuole bene e allo stesso tempo odio stare da solo. Mi rendo conto che evito la solitudine e, quando la evito consapevolmente, sento la mancanza di quegli stimoli. In definitiva vivo questa tematica come una costante ricerca di un rapporto con qualcuno perché ho paura della solitudine; però, allo stesso tempo, quando cerco di scappare, mi accorgo che è il mio porto sicuro per fare l’artista.

Vago, è da poco uscito il tuo singolo “Lacrime27” dove racconti tante cose, anche intime. Come lo collochi nel tuo percorso? Ti dà fastidio che un pezzo così personale venga paragonato ad altri brani?

Vago: Aldilà del fatto che sia uscito dopo “Nuova Scena”, lo colloco come un nuovo inizio per me, molto più maturo e molto più consapevole. Questa consapevolezza era già arrivata con l’Ep “Solo”. In “Lacrime27” ho maturato di più il sound che volevo utilizzare. Mi dispiace che venga paragonato a qualcosa o qualcuno, per una questione di ego. Per quanto una cosa possa essere paragonabile, occorre comprendere che cosa volessi esprimere. C’è dell’incazzatura, della consapevolezza: e in tutto questo sono sempre io. Penso di avere una buona capacità emotiva e comunicativa. Quindi mi dà fastidio per una questione di ego. Il paragone è una cosa che da sempre si fa. L’importante è che al pubblico arrivi l’emozione che provo.

Krifal, il tuo prossimo singolo sarà “Pecora nera”. Questo concetto sottintende tanti significati. Uno di questi significati è che la pecora nera è in grado di sparigliare le carte. Cosa vuoi far arrivare con questo brano?

Krifal: “Pecora Nera” è un pezzo molto introspettivo. Racconto come mi sono sentito rispetto al mondo che mi circonda. Mi sono sempre sentito diverso anche dai membri della mia famiglia perché ho un sogno e, averlo, mi distingue già dalla maggior parte delle persone. Sono sempre andato contro tutto e tutti pur di continuare a farlo. In un certo senso, mi sento la pecora nera del mondo – frase tra l’altro del ritornello. Tutt’ora mi sento così. Vorrei pagare il mutuo a mia madre e vorrei vivere di quello che amo fare. Voglio sparigliare le carte, come hai detto tu, e lottare per riuscire a distinguermi. Il brano è strutturato in due parti: la prima orchestrale, dove sono più conscious, e la seconda, dove sono più consapevole e diretto.

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Entrambi arrivate da un background assolutamente hip hop. Che influenze vi hanno trasmesso i collettivi come Wild Bandana e Drilliguria?

Krifal: La risposta che mi viene da dare in prima battuta è che Wild Bandana e Drilliguria in sé non mi abbiano influenzato molto. Quello che ho seguito di più è Izi perché lo sento molto affine al mio modo di pensare e alla mia spiritualità. Questo proprio a livello di vibrazioni che ho sempre percepito. Poi Guesan, che ha anche un talento grafico incredibile. Però, in generale ho ascoltato un sacco i brani della Wild Bandana e credo che poi, in fondo, inconsciamente abbiano influenzato anche la mia scrittura, ma sì. È talmente cultura la loro crew che, ormai, è come fosse parte del paesaggio.

Vago: Sicuramente più Wild Bandana, un nome che è leggendario qui a Genova. Da quando andavo a scuola Izi e Tedua li ho ascoltati parecchio, anche se ho sempre tratto ispirazione da Guè e Salmo. La Wild Bandana mi ha aiutato quando ho visto che sono arrivati veramente in alto, e mi hanno trasmesso una carica emotiva incredibile! Anche perché sono stati i primi rapper genovesi ad emergere a livello nazionale e mi hanno fatto dire “Ora ce la si può fare!”. Prima il rap mi è sempre sembrato Milano- e Roma-centrico. Non riuscivo a vedere nulla al di fuori di queste due realtà. A livello lirico però credo che quello che mi ha influenzato di più sia stato Tedua. Percepivo in lui quel bravo ragazzo di piazza con sentimenti e una sensibilità molto trasparente. Anche io mi sono reputato sempre così: molto sensibile, molto riflessivo su tante tematiche e, a volte, mi sono sentito allineato con la realtà del quartiere. In lui ho rivisto anche la riflessione sul tema dell’amore, che io tratto in maniera molto personale e viscerale.

In che momento della vostra vita Leonardo diventa Krifal e Riccardo diventa Vago?

Krifal: La scelta del nome d’arte risale a diversi anni fa. Ero a casa con Takiri perché inizialmente eravamo un collettivo che si chiamava Zenit’s Music. Non avevamo un nome d’arte nostro. A lui è venuto in mente questo nome strano, unendo i nomi della mia famiglia: quindi “Cristina” per “Kri” mia madre, la “F” per mio padre “Fabrizio”, e “AL” per mia sorella “Alessia”. Da quel momento in poi mi sono chiamato “Krifal”. A livello interiore, invece, mi sono sentito artista solamente un anno e mezzo fa. Ho sempre avuto poca costanza nelle pubblicazioni e nell’andare in studio. Anche se ho sempre scritto e mi sono sempre allenato.

(Continua sotto)

Vago: Vago nasce quando Riccardo ha deciso di pubblicare le proprie canzoni. Avevo 14 anni. Volevo scegliere un nome che, in qualche modo, mi rappresentasse. Ho sempre la necessità di essere rappresentato al 100% dalle azioni che faccio. Vago è inteso come il significato della parola in spagnolo: ovvero una persona inconcludente, che si perde, che procrastina le cosa che deve fare. Ed io, da piccolo, ero un po’ così. A 14 anni vado in Ecuador con i miei genitori per conoscere mio zio. Mio zio incarna fedelmente quel tipo di persona lì: è un Vago. Ho il ricordo di mia nonna che gli ripeteva sempre: “Tu eres vago, eres un vago!”. Quando tornai in Italia e dovevo scegliere un nome d’arte, pensai a mia nonna. In più, mia madre mi riprendeva spesso dicendomi di essere uguale a mio zio. Quindi: mio zio è Vago, io sono uguale a mio zio…Vago era perfetto! Era un nome che mi rappresentava e, nel tempo, mi ha aiutato a diventare sempre meno quel tipo di persona. Prima ero un vago e adesso mi accorgo che non lo sono più. Riccardo era diventato Vago in quel momento: dal momento in cui se ne è reso conto.

Fabri Fibra prima di portarvi a Milano ha detto che siete come il bene e il male, il bianco e il nero. Ha aggiunto anche che è difficile “aprirsi” in beat così aggressivi. Come si coltiva questa fame di scrittura?

Krifal: Per scrivere, vivo. La mia unica fonte d’ispirazione per me è questa. Non definirei questa fame come allenamento… Sono molto spontaneo: se devo scrivere, scrivo sempre. Non ho problemi su questo aspetto. Ho sempre scritto del mio vissuto e basta. Ci sono poi alcuni dettagli su cui mi sono focalizzato: ad esempio il lato fonetico e quello melodico. Se sei artista, a mio avviso, questi aspetti devi curarli e valorizzarli.

Vago: Sono sempre stato molto simile a Kri in questo. Secondo me la scrittura spontanea e viscerale è la più efficace e bella, ed è poi quella che arriva di più. Quando il pubblico ascolta quello che ti nasce dalle viscere in quel momento di incazzatura, il messaggio arriva dritto in faccia. Non so se sia un fattore di età, ma l’elemento viscerale se lo hai dentro migliorerà sempre con il passare del tempo. Gli aspetti tecnici, come diceva Kri, ognuno deve valorizzarli. Però nell’ultimo periodo devo dire che mi sono trovato molto più scarno di emozioni: perciò ho dovuto imparare ad allenare una scrittura meno di pancia, per continuare a mantenere viva la mia fiamma. In quel momento lì, per non spezzarmi, per riprendere quello che dicevamo prima, devi essere bravo a tenere vivo il fuoco della scrittura, anche quando senti che non hai nulla da comunicare. Questo è il modo più completo per scavare in te stesso.

A quasi 27 anni, a livello di rap potrei essere al capolinea. Il rap è molto giovane, personale e troppo legato oggi al mondo giovanile affinché io arrivi a 37 anni e faccia ancora il rapper. Sicuramente switcherò su un altro tipo di musica. O magari scriverò delle poesieVago

Fibra, descrivendo Genova, dice che chi nasce qui ha la penna speciale. C’è qualcosa che avete abbandonato per evolvervi?

Krifal: La penna è molto influenzata da quello che ti accade. Ho dovuto abbandonare tante persone da quando ho deciso di intraprendere questo viaggio, per il bene mio e del mio lato artistico. Sono molto empatico e, a volte, mi faccio carico di cose a cui non dovrei pensare. Assorbo tanto ciò che succede agli altri e non lo faccio consapevolmente. Col senno di poi ho notato che questa cosa mi danneggiava, almeno a me. Mi viene naturale, perché non mi ha mai ascoltato nessuno. Poche persone hanno capito ciò che volevo dire, e altre non mi hanno voluto ascoltare. Quindi, se posso aiutare, io aiuto.

Vago: Penso di aver dovuto abbandonare l’istinto. Per svilupparlo ho imparato ad osservare quello che accade in maniera più distaccata. Prima, se dovevo scrivere una cosa da arrabbiato, lo facevo; ora, faccio percepire che sono arrabbiato, ma allo stesso tempo riesco a dissociarmi dal momento in sé. Cerco di fornire una descrizione più oggettiva possibile a mente lucida, ecco. Questo ti aiuta poi a individuare gli aspetti che devi migliorare per la tua scrittura.

Se doveste scattare tre istantanee di Genova, in quali luoghi nascono le tue ispirazioni?

Krifal: Una sicuramente Sampierdarena, Largo Gozzano, dove ci sono le scuole e ho fatto le elementari insieme a Takiri Kidd. Ti direi poi la Fiumara, dove ho trascorso molto tempo con gli amici. Sicuramente poi il Belvedere di Sampierdarena, un altro ambiente a cui sono molto legato per la scrittura e mi dà molta pace.

Vago: Sicuramente Certosa. Sicuramente i vicoli. Sicuramente la mia casa. “Casa” intesa come il contesto di casa propria: sia quando abitavo con i miei, sia adesso che vivo da solo. Questi sono i tre luoghi in cui mi sento sempre alla ricerca di qualcosa. Succede sempre qualcosa in questi tre contesti per me. Chi vive in costa comunque dialoga costantemente con il mare e respirare quell’aria sulla spiaggia mi piace, ma non è un ambiente che adoro. Quindi, in definitiva: casa per il rapporto con la famiglia, che ha ispirato tanto la mia scrittura. I vicoli per le serate, per le persone che conosci lì dentro. Certosa perché ci sono cresciuto.

Bruno Catalano ha esposto qui a Genova “I Viaggiatori”, un’opera che raffigura i soggetti senza la presenza del busto, in modo tale da far vedere cosa c’è dietro. In ogni viaggio c’è un partenza e, si spera, un arrivo. Cosa portate con voi nella vostra valigia e cosa lasciate a casa?

Krifal: Non c’è una parte che vorrei lasciare indietro. Questo per me è un punto di partenza. Non c’è qualcosa che voglio lasciare indietro. Anche perché ho sempre fatto musica, però i risultati non erano mai arrivati. La fanbase non era solida. Ora gli ascoltatori stanno iniziando a comprendere il mio viaggio, quello che voglio portare con la mia musica. Indietro non voglio lasciare niente e sono trasparente nel raccontare tutto quello che ho dentro.

Vago: Potrei rispondere le stesse cose. Penso che nel viaggio di ognuno, quello che lasci indietro è perché o fa troppo male o perché è poco rilevante nella tua vita. Non c’è nulla che vorrei omettere di quello che ho fatto. A quasi 27 anni, a livello di rap potrei essere al capolinea. Il rap è molto giovane, personale e troppo legato oggi al mondo giovanile affinché io arrivi a 37 anni e faccia ancora il rapper. Sicuramente switcherò su un altro tipo di musica. O magari scriverò delle poesie. Mi sento di essere entrato a “Nuova Scena” con la paranoia che potesse essere l’ultimo treno, e ne sono uscito con la stessa paranoia. Sono più consapevole, però, di quello che voglio fare e dove voglio arrivare. Penso che il ricordo sia una delle sensazioni più importanti. La malinconia di casa è ciò che davvero smuove il viaggio dell’artista. L’artista vuole sempre, in fondo, tornare da dove è partito.

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