STEM e gender gap: ecco perché in Italia le donne ingegnere sono ancora una rarità

Ma dove si perdono le ragazze? Non è all’università che “scompaiono” le ragazze presenti nelle facoltà scientifiche: il tubo si restringe già prima della scelta della scuola superiore e si cristallizza all’ingresso dei percorsi tecnico-scientifici. I perché sono tanti: I risultati e gli indicatori che raccontanto come di crea il gap tra STEM e donne […] The post STEM e gender gap: ecco perché in Italia le donne ingegnere sono ancora una rarità appeared first on The Wom.

Mag 13, 2025 - 06:00
 0
STEM e gender gap: ecco perché in Italia le donne ingegnere sono ancora una rarità
Un paio di settimane fa l’Università di Padova mi ha consegnato il Premio Elvira Poli – dedicato alla prima donna laureata in ingegneria in Ateneo e fondatrice di AIDIA, Associazione Italiana Donne Ingegnere e Architetti. Perché vi interessa? Perché parla di role-model, diversità e perché, nel 2025, le ingegnere sono ancora un panda gigante. Allargando il panorama anche ad altri titoli comparabili, in Italia solo il 17 % delle donne ha una laurea STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematic), nello specifico 1 donna su 6 versus un uomo su 3 nella fascia di età 25-34

Ma dove si perdono le ragazze? Non è all’università che “scompaiono” le ragazze presenti nelle facoltà scientifiche: il tubo si restringe già prima della scelta della scuola superiore e si cristallizza all’ingresso dei percorsi tecnico-scientifici. I perché sono tanti:

  • Auto-efficacia e stereotipi precoci
    Già a 7-8 anni le bambine riportano minor fiducia nelle proprie capacità numeriche. Il voto reale spesso non è peggiore, ma la percezione sì; questo è sufficiente a condizionare l’autoselezione alle medie e, di riflesso, la scelta del liceo/tecnico.
  • Orientamento scolastico «di genere»
    Alle scuole medie l’orientamento professionale è ancora molto legato a modelli tradizionali: le ragazze vengono incoraggiate verso licei “generalisti” o percorsi socio-umanistici, i ragazzi verso quelli tecnologici.
  • Math-anxiety & clima di classe
    Le indagini PISA (Programme for International Student Assessment) indicano che le adolescenti italiane provano un’ansia da matematica decisamente più alta dei coetanei; è un prodotto di aspettative familiari, media e talvolta degli stessi insegnanti (pregiudizio di «bravi in matematica = maschi»).
  • Assenza di role-model
    Nel triennio 2022-24 meno di 1 docente universitario su 4 nei corsi di ingegneria è donna (dati CINECA). La carenza di figure di riferimento incoraggia lo “stereotype threat” (“non vedo nessuna come me, forse non è il mio posto”).

I risultati e gli indicatori che raccontanto come di crea il gap tra STEM e donne

PISA è l’indagine triennale che testa competenze (matematica, lettura, scienze + moduli extra) e raccoglie un ampio questionario su vissuti, atteggiamenti e aspirazioni di circa 700 000 quindicenni per ciclo. Nell’ultima edizione (PISA 2022) in Italia hanno partecipato 10.552 studenti di 345 scuole – campione rappresentativo di ~496.000 quindicenni. È ritenuto il miglior “early warning” per il divario STEM. Secondo questa indagine, alle prove di matematica le ragazze ottengono in media 461 punti, ventuno in meno dei loro coetanei maschi che si fermano a 482. Se poi guardiamo alla fascia d’eccellenza – il livello 5-6, dove si collocano i veri talenti – troviamo solo il 4 % di studentesse contro un 10 % di studenti. Ancora più netto è il divario nelle aspirazioni: fra i quindicenni che immaginano un futuro nell’ICT, le ragazze sono praticamente assenti, mentre i ragazzi rappresentano il 7 % del totale.

Come leggere questi numeri

Purtroppo già nell’età dell’infanzia rischia di crearsi un differenziale di competenza derivante dall’esercizio e dall’abitudine ad essersi misurati con le discipline come la matematica: Il gap di 21 punti sopra citato corrisponde a circa mezzo anno scolastico. Ma è anche un tema di autostima e atteggiamento verso le difficoltà: alle prove di domanda aperta (risoluzione di problemi) la differenza cresce, segno che la fiducia nell’usare la matematica conta tanto quanto le nozioni.

Si viene poi a creare una distribuzione “a clessidra”: più ragazze fra i bassi livelli, molte meno fra i livelli di eccellenza: la tubatura STEM si stringe sia in ingresso (debolezze di base) sia in alto (poche role-model interne)

Le ragazze italiane riportano poi uno degli indici più bassi rispetto alle coetanee di altri Paesi (circa –0,4 σ sotto la media, contro –0,1 σ dei ragazzi) in termini di math anxiety: La quota di “mi sento in ansia di fronte a un problema di matematica” è superiore di 12 punti alle coetanee di altri Paesi.

Infine, secondo quanto anche riportato sul rapporto tematico “Gender, Education & Skills”, 2023, già in giovanissima età le aspirazioni risultano polarizzate. Davanti alla domanda prevista dall’indagine PISA “Che lavoro pensi di fare a 30 anni?”, quasi nessuna quindicenne cita professioni ICT/ingegneria; negli stessi anni, circa ¼ delle studentesse ad alte prestazioni dichiara di voler lavorare nella sanità (medicina, farmacia, psicologia).Queste attese spiegano una parte consistente (≈ 40 %) del successivo squilibrio di iscrizioni universitarie, anche a parità di voto in matematica. Di conseguenza solo 47 % delle ragazze pensa che la matematica “sarà utile per la mia carriera” (56 % i ragazzi).

Donne e STEM: che cosa succede all’università?

Se entrano, le ragazze restano e performano bene. AlmaLaurea (Focus Gender Gap 2025) mostra che le studentesse STEM si laureano più in corso (64 % vs 58 %) e con voto un medio 104,8/110, mentre gli uomini con voto 102,9. Chi scrive si ricorda di quell’aula del primo anno dove su 360 iscritti al primo anno le quote rosa non superavano il 15%, ma si ricorda anche che il giorno della Laurea, un freddo giovedi di Dicembre del 2002, a ricevere la corona d’alloro, su 10 laurendi, il 50% era donna e il 100% dei laureati nella prima sessione utile rispetto agli iscritti del 1998 erano donne.

Le donne restano una minoranza strutturale

La pipeline ridotta in ingresso (meno diplomate scientifiche) genera basse percentuali finali, come citato all’inizio: 1 laureata STEM ogni 6 donne vs 1 ogni 3 uomini nell’intera coorte 25-34 anni. Un ulteriore gap si registra in corrispondenza dell’entrata nel mondo del lavoro: anche a parità di laurea, gli uomini STEM guadagnano in media il 12-13 % in più e hanno un tasso di occupazione di 3-4 punti più alto a 5 anni dal titolo. Questo differenziale riduce l’“expected payoff” percepito dalle ragazze che stanno per scegliere un corso tecnico: se so che guadagnerò meno del mio collega, perché dovrei intraprendere un percorso più impegnativo?

In sintesi, ecco come si alimenta il gap:

  • Infanzia → medie: meno autostima scientifica. Prime scelte curricolari; già qui il divario di competenze si amplia.
  • Scuola superiore: le ragazze “mancano” all’ingresso degli indirizzi tecnico-scientifici; chi non entra adesso difficilmente le recupererà poi.
  • Università: le poche che arrivano dimostrano capacità pari (o superiori) ma restano isolate; l’ambiente, i ritorni economici e un’offerta di role-model limitata le spingono fuori dai percorsi accademici e manageriali high-tech.

Cosa funziona e cosa invece servirebbe di più?

Vi sono prove evidenti che inserire percorsi di Coding già nella scuola primaria allena le giovani generazioni alle discipline STEM. Secondo i dati ICILS-INVALSI 2023, si ottengono +18 punti di competenze digitali in più nelle 13/14 enni esposte a laboratori strutturati.

Può essere utile allenare la self-efficacy con problem-solving a squadre. Abituare al feedback costruttivo sin dall’età giovane funziona meglio dei voti secchi

Un valore aggiunto è espresso da progetti di mentoring e role-model live: le province che hanno introdotto mentor esterni (es. progetto Girls Code It Better) mostrano 4 punti in più di iscrizioni femminili ai tecnici informatici nell’a.s. 2024/25 (fonte Fondazione Agnelli, 2025), allo stesso modo funzionano progetti di Network & tutoring all’università,  come Inspiring Girls@PoliMi perché  contribuiscono a ridurre il tasso di abbandono.

A proposito di role model, Francesca Gabrielli, Chief Executive Officer della società Assist Digital, tra le Top 50 Women in Tech in Italia nel 2018 con una carriera all’insegna della trasformazione digitale nelle aziende, ci racconta: «Sono approdata ad una carriera in ambito STEM combinando percorsi formativi di tipo differente: ho scelto Scienze della Comunicazione a Siena proprio perché era una facoltà non puramente umanistica, ma un terreno di incontro tra economia, semiotica, informatica, linguistica computazionale, diritto, disegno industriale e interazione uomo-macchina. A seguire ho completato gli studi con un Dottorato sull’Human-Computer Interaction, dove ho trovato la mia direzione: mettere la tecnologia al servizio delle persone. Da questa esperienza è nata anche la spinta a creare un mio percorso imprenditoriale nel mondo del digitale, che porto avanti ancora oggi».  

Francesca Gabrielli
Francesca Gabrielli

Finché diremo “sei brava in italiano, lascia stare i circuiti”, la pipeline STEM sembrerà un imbuto rotto. Ecco in definitiva cosa serve:

  • Matematica senza ansia dai 7 anni.
  • Orientamento neutro (niente “ma sei sicura?”).
  • Poster di scienziate e ingegnere vere in aula, non solo di Einstein.
  • Stipendi che non chiedono il genere in calce.

Così, la prossima Elvira Poli non dovrà cercarsi da sola un poster da appendere: troverà già il suo posto nella gallery dell’aula magna, e noi una professionista STEM in più nei team che cambieranno il mondo.

The post STEM e gender gap: ecco perché in Italia le donne ingegnere sono ancora una rarità appeared first on The Wom.